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Chi pensava che la Difesa tedesca avrebbe rallentato la sua corsa verso la modernizzazione dopo l’arrivo di Ursula von der Leyen alla Commissione europea sarà rimasto deluso. Nel suo insediamento, il nuovo ministro Annegret Kramp-Karrenbauer ha ribadito tutte le ambizioni di Berlino, a partire da un impulso al budget militare fino a rispettare l’obiettivo del 2% definito in ambito Nato, lo stesso che sta mettendo da tempo in difficoltà il nostro Paese. Su questo, l’Italia ha già elaborato una strategia. Parte dalla conferma della fedeltà all’Alleanza e arriva alla richiesta di una maggiore attenzione al fianco sud. A confermarlo, nella giornata di apertura della XIII Conferenza degli ambasciatori organizzata dalla Farnesina, sono stati il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi, con una sottolineatura non scontata che segue le indicazioni già arrivate a più riprese dal Quirinale, soprattutto quando, agli albori del governo gialloverde, preoccupavano i tentennamenti verso est.

LE PAROLE DI MATTARELLA…

“Nato e Unione europea hanno rappresentato le leve solide ed efficaci grazie alle quali l’Italia ha potuto contribuire attivamente ai passaggi fondamentali che hanno caratterizzato la storia recente del nostro continente, proiettando in un quadro più ampio i nostri interessi nazionali”, ha spiegato il presidente Mattarella. Le due organizzazioni, ha aggiunto, hanno testimoniato “i valori della nostra cultura” e sostenuto “le nostre priorità, dalla libertà e dai diritti alla pace, dall’apertura dei mercati alla valorizzazione del contributo del nostro sistema produttivo, dal Mediterraneo alla stabilizzazione dei Balcani, alla partecipazione a grandi progetti in campo energetico e infrastrutturale”. Tale assetto, ha rimarcato il capo dello Stato con un messaggio che è sembrato rivolto ai detrattori dell’Alleanza Atlantica, “ha sostenuto il consolidamento del nostro assetto democratico e che ha garantito, nel tempo, pace, libertà, sicurezza, opportunità e crescente benessere per i nostri cittadini”.

…E DI MOAVERO

Un aspetto sottolineato anche dal capo della Farnesina Enzo Moavero Milanesi già nell’intervista al Sole 24 Ore. “La diplomazia italiana – ha spiegato – si sta adeguando alle sfide della globalizzazione per difendere l’interesse nazionale e promuovere il soft power italiano e migliorare la presenza dei nostri prodotti in Estremo Oriente, Africa e America Latina”. Eppure, il punto di partenza è la fedeltà a “tre grandi pilastri: Nazioni Unite, Nato e Ue”, pur “senza rompere la solidarietà europea nei rapporti con Cina e Russia”. Per quanto riguarda l’Alleanza Atlantica, ha notato il ministro, si tratta di “un’alleanza tra Paesi per la libertà e la democrazia”.

LE RICHIESTE ITALIANE

Eppure, oltre i valori ci sono gli impegni. L’Italia è un membro importante della Nato, ma si trova in una posizione scomoda sul fronte del budget, soprattutto dopo il forte accento posto da Donald Trump all’impegno a spendere per la difesa il 2% del Pil sottoscritto da tutti durante il summit in Galles. Su questo, le parole di Mattarella esplicitano la linea italiana già presentata agli alleati: “Il dibattito all’interno dell’Alleanza Atlantica non può ridursi al tema delle asimmetrie nella contribuzione finanziaria (si pensi, ad esempio, al rilevante contributo delle Forze armate italiane alle missioni di pace) o incentrarsi in maniera pressoché esclusiva sulla questione dell’equilibrio dei rapporti di un riemerso contenzioso est-ovest, trascurando altri versanti”. Una linea chiara che esplicita due richieste italiane: maggiore considerazione della parte contribution (oltre al cash) e più attenzione al fronte sud.

LA QUESTIONE MISSILISTICA

Ciò non toglie però la centralità della Nato. Il tentativo di orientarla su interessi a noi vicini non deve mai mettere in discussione la partecipazione italiana. Ne è un esempio il tema missilistico, tornato sotto i riflettori dopo l’uscita di Stati Uniti e Russia dal Trattato Inf sui missili nucleari a raggio intermedio. “La perdurante centralità del Patto atlantico – ha spiegato Mattarella – emerge con evidenza soprattutto a fronte del progressivo abbandono degli strumenti di non proliferazione e di controllo degli armamenti; su questo non sono possibili tentennamenti o ambiguità e occorre, anzi, una parola di chiarezza da parte, anzitutto, dei principali attori”.

L’INSEDIAMENTO DEL MINISTRO TEDESCO

Il focus della diplomazia italiana sulla Nato è arrivato nel giorno dell’insediamento a Berlino del nuovo ministro della Difesa tedesco. La casella lasciata vuota da Ursula von der Leyen è stata assegnata da Angela Merkel ad Annegret Kramp-Karrenbaue, la presidente dell’Unione cristiano-democratica (Cdu) che in passato aveva escluso un suo ruolo di governo per dedicarsi totalmente al partito. Chi si aspettava un profilo più basso rispetto alla von der Leyen è stato smentito. Il primo discorso da ministro di Kramp-Karrenbaue è stato deciso, soprattutto nel confermare le ambizioni di modernizzazione dello strumento militare tedesco. La numero uno della Difesa ha ribadito l’impegno al 2%, ripresentando una tabella di marcia sfidante su cui Berlino si è impegnata con Washington: salire almeno all’1,5% entro il 2024.

I PIANI DI BERLINO PER LA DIFESA

Oltre i numeri, quelle tedesche sono ambizioni serie. Dalla pubblicazione del Libro Bianco del 2016 la Germania ha riscoperto una politica di difesa intesa come strumento di politica estera. Ciò si è tradotto in un maggior impegno nelle missioni internazionali e in una spinta al budget per il settore, a fronte soprattutto dei problemi di efficienza e di prontezza riscontrati più volte. Secondo i dati Nato, la Germania spende attualmente per la Difesa 54 miliardi di euro, pari all’1,2% del suo Pil. È una cifra enorme se paragonata a quella italiana (21 miliardi), ma comunque destinata a salire. Un piano presentato al Bundestag lo scorso novembre prevede un aumento di altri 5,7 miliardi di euro dopo il 2020. Redatto dal ministero delle Finanze, guidato da Olaf Scholz, il piano è frutto dell’impulso determinante di Ursula von der Leyen, la quale aveva rifiutato la precedente proposta perché considerata troppo risicata. Con il suo arrivato alla Commissione europea, l’impressione è che la Difesa tedesca non arresterà la sua corsa.

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