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La tradizione dice che la manovra si scrive tra la fine di settembre e i primi di ottobre, si esamina in Parlamento a novembre e la si approva prima del 31 dicembre, pena lo scatto dell’esercizio provvisorio. Ma Matteo Salvini, alle prese in questi giorni con l’affaire russo, sembra avere una certa fretta nel presentare il prima possibile una legge di Bilancio a sua immagine e somiglianza, il cui baricentro è, nemmeno a dirlo, la flat tax al 15%. C’è chi non ha gradito l’accelerazione, ma tant’è. Le prove generali sono andate in scena questa mattina al Viminale, dove il vice premier e responsabile dell’Interno, ha incontrato, dopo ampi annunci, le principali parti sociali (43 tra sindacati e associazioni, da Federmanager agli industriali) per esporre i provvedimenti cardine della prossima manovra, la seconda colorata di gialloverde. Tutto molto bello se non fosse che gli azionisti di governo sono due e che il Movimento Cinque Stelle ha anch’esso la sua porzione di carne da mettere al fuoco, a cominciare da quel salario minimo che piace poco, per esempio, a Confindustria (qui l’intervista di due giorni fa al dg Marcella Panucci).

LA FRETTA DI SALVINI

Il primo messaggio alla metà pentastellata dell’esecutivo, arrivato dalle stanze del Viminale è questo: la manovra va fatta subito, per agosto bisogna avere bene in mente che cosa andrà e cosa no nella ex Finanziaria e questo per un motivo molto semplice. Portare la manovra in Parlamento entro settembre, due mesi in anticipo sulla normale tabella di marcia. Forzare i tempi, insomma, per costringere l’alleato di governo a scoprire le sue carte in tempi rapidi e bruciare le tappe. “Vogliamo che la manovra economica sia molto anticipata, vogliamo definirne i punti tra luglio e agosto e vogliamo raccogliere i vostri suggerimenti“, ha detto Salvini aprendo il tavolo con le parti sociali al Viminale. Non sembrano essere state parole a vanvera, dal momento che lo stesso capo della Lega ha anticipato alle parti una nuova convocazione tra una quindicina di giorni: “È l’inizio di un percorso, ma non vogliamo sostituirci al presidente del Consiglio”.

L’ANNO DELLA FLAT TAX

Naturalmente il perno della manovra targata Lega è la tassa forfettaria su famiglie e imprese. Anche qui il vice premier ha messo le mani avanti nonostante, è bene ricordarlo, l’ultima parola spetti al ministro dell’Economia, Giovanni Tria, che dovrà verificare la sussistenza o meno delle coperture.  “Il nostro obiettivo è la flat tax con un’unica deduzione fiscale che assorbirà tutte le detrazioni. Vogliamo portare al 15% l’aliquota fino a 55mila euro di reddito familiare. Ci saranno benefici per 20 milioni di famiglie e 40 milioni di contribuenti e ci sarà un grande impulso ai consumi e risparmi per 3.500 euro per una famiglia monoreddito con un figlio. C’è l’intenzione di portare nelle tasche 12-13 miliardi di euro”, ha spiegato Salvini. Ipotesi che però i sindacati hanno già criticato nelle settimane scorse ritenendola peggiorativa per le fasce più basse. Fino a 28mila euro l’aliquota è infatti del 14,4% e interessa oltre la metà dei contribuenti. Proprio per questo la Lega ha studiato un meccanismo che punta a trasformare in detrazione il bonus Renzi da 80 euro che vale circa 960 euro l’anno, incrementandolo progressivamente fino a 150-200 euro, garantendo così anche a questa fascia di poter beneficiare di una riduzione del carico fiscale complessivo.

MESSAGGIO AL M5S

Attenzione però, perché l’incontro al Viminale ha partorito anche un messaggio, politico, al Movimento Cinque Stelle. Salvini non si è fatto mancare l’occasione di sparare una salva di cannone verso il proprio alleato: le proposte della Lega dovranno incontrare il massimo consenso tra i grillini, o ci potrebbero essere delle conseguenze anche per la tenuta del governo. “Vogliamo una manovra economica fondata sui sì. Qualsiasi tipo di blocco non è più accettabile e non sarà più accettato”, ha spiegato il leader della Lega. “In molti lamentano lungaggini e ritardi”. Un avvertimento in piena regola, che giunge dopo una primavera non certo facile e priva di scontri tra le due compagini, tra la campagna elettorale per le europee e il caso Siri (presente peraltro al Viminale in veste di responsabile economico della Lega e padre della flat tax), che ha visto Salvini “accettare” suo malgrado le dimissioni imposte da Conte (su pressing del M5S) all’allora sottosegretario alle Infrastrutture.

BUCCE DI BANANA

Il cammino della Lega verso la manovra è però non privo di insidie. Come detto, la riuscita dell’operazione con cui spostare il baricentro della manovra verso la zona verde, comporta delle accortezze. Tra queste, concedere terreno al M5S, onde evitare che si metta di traverso per rappresaglia. Salvini sembra non tenerne troppo conto, dimenticandosi che una delle battaglie grilline è quel salario minimo cui sta lavorando il sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon (qui l’intervista a Formiche.net). “Sul salario minimo occorre prima ridurre la pressione fiscale e burocratica a chi i salari li paga”, ha avvertito il vice premier. Non proprio musica per le orecchie di grillini, è lecito pensare. Non è forse un caso se Laura Castelli, vice ministro all’Economia in un’intervista al Mattino, ha bollato la flat tax come qualcosa di superato, proprio nel giorno in cui Salvini l’ha invece eletta a pietra angolare della manovra. “Non siamo contro la flat tax, ma la flat tax che racconta la Lega sta diventando quasi una leggenda, lo schema è superato. Con il ministro Tria siamo più propensi alla rimodulazione delle aliquote. L’abbassamento delle tasse è previsto nel contratto di governo, ma siamo più propensi alla rimodulazione delle aliquote, perché più rispondente ai principi della Costituzione, secondo la quale deve pagare chi ha di più e ricevere chi ha meno”.

LA RABBIA DI CONTE

Qualcuno però non ha gradito la sortita di Salvini al Viminale. Qualcuno come il premier Giuseppe Conte, piuttosto irritato (anche per la presenza di Siri) dal vertice con le rappresentanza. “Se oggi qualcuno pensa che non solo si raccolgono istanze da parte delle parti sociali ma anticipa dettagli di quella che ritiene che debba essere la manovra economica, si entra sul terreno della scorrettezza istituzionale. La manovra economica viene fatta qui, con il ministro dell’Economia e tutti i ministri interessati. Non si fa altrove, non si fa oggi e tengo a precisare che i tempi li decide il presidente del Consiglio. I tempi non li decidono altri”. Uomo avvisato…

 

 

 

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