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“Monitorare il disagio sociale è fondamentale per l’intelligence e le forze di polizia, perché da questione di ordine pubblico potrebbe presto sfociare in problema di sicurezza nazionale”.

A crederlo è Mario Caligiuri, direttore del Master in Intelligence dell’Università della Calabria e autore di “Introduzione alla società della disinformazione. Per una pedagogia della comunicazione” (Rubbettino editore).

In una conversazione con Formiche.net alla vigilia delle elezioni europee, il docente e saggista (che l’American Herald Tribune ha recentemente definito “a world-class intelligence expert”) spiega perché, in questo quadro, la capacità di previsione dei fenomeni e le nuove tecnologie recitano un ruolo cruciale.

Professor Caligiuri, uno dei temi più dibattuti, soprattutto alla vigilia delle elezioni europee, sono le fake news e la propaganda. Pensa che influiranno sul voto?

No, i risultati delle elezioni europee non saranno determinati dalle fake news, in quanto gran parte dell’intero dibattito pubblico andrebbe catalogato come fake news. Piuttosto bisogna notare che sui social, ormai da tempo, prevale una polarizzazione dello scontro che stimola gli aspetti emotivi dell’elettore, ma raramente agevola un cultura del dialogo, dell’analisi complessa e la ricerca di soluzione ai problemi.
Questo genere di comunicazione politica incide maggiormente sugli elettori che hanno un basso livello di istruzione sostanziale e un alto tasso di analfabetismo funzionale, ma non determina di per sé un aumento della partecipazione democratica. Interessante sarà vedere domani quanti andranno effettivamente a votare, perché così si toccherà con mano il grado di consapevolezza.

Si parla spesso del ruolo di Russia e Cina nelle dinamiche di disinformazione sul Web. Come considera gli approcci di questi due attori statali?

Una nazione come la Cina è, a mio avviso, molto più interessata a fare investimenti strategici, piuttosto che tentare di influenzare le elezioni. Anche perché chiunque ci sia al governo i risultati potrebbero essere gli stessi, in quanto molte dinamiche sono sovranazionali e al di fuori delle istituzioni politiche, che nelle democrazie occidentali sembrano pericolosamente inadeguate, il che lascia spazi d’azione alla criminalità organizzata, alla corruzione e ai poteri finanziari fuori controllo. Semmai Pechino utilizza abilmente il cyber spazio per altri scopi, soprattutto bellici. Diverso il caso della Russia, che ha una agenda differente e potrebbe considerare la disinformazione come un mezzo di influenza, tuttavia anche qua si gioca a carte scoperte. Infatti, come ha dimostrato la relazione del Congresso americano sulle elezioni presidenziali del 2016, non si è in grado di stabilire se questi eventuali interventi abbiano effettivamente inciso sul risultato o meno. Mi preoccuperei di più di quanto emerge sui social network circa la crescita del disagio sociale, questo sì che può essere alimentato attraverso un sapiente e pericoloso utilizzo della Rete. E questo, oggi, rappresenta una sfida per i nostri servizi segreti e per la sicurezza nazionale.

Perché?

Monitorare il disagio sociale secondo me è fondamentale per l’intelligence e le forze di polizia, perché da questione di ordine pubblico potrebbe presto sfociare in problema di sicurezza nazionale. L’anno scorso un quinto dei nostri connazionali si è indebitato per acquistare le medicine, la stabilità economica viene conseguita in media a 44 anni, pletore di laureati si spostano in altri Paesi definitivamente, centinaia di migliaia di giovani non studiano e non lavorano, la distanza tra Nord e Sud si allarga, la presenza della criminalità nell’economia è alta, sopratutto in alcuni settori come l’edilizia e i lavori pubblici. A questo si aggiunga che il reddito di tante famiglie è integrato dalle pensioni dei nonni. E sullo sfondo, non tanto lontano, l’intelligenza artificiale ridurrà un numero imprecisato di posti di lavoro – sopratutto nella prima fase di transizione – e il potere di acquisto per i cittadini delle società occidentali sarà destinato a diminuire. Pertanto, nella mia opinione, il disagio sociale è inevitabilmente destinato ad aumentare, per cui sarebbe necessario adottare soluzioni strutturali e non a breve termine. Partire da questa consapevolezza significa porre le reali premesse per valorizzare le straordinarie risorse di un grande paese industriale che è anche la prima potenza culturale del pianeta.

Come affrontare queste sfide complesse?

Per rispondere al meglio a tali sfide, l’intelligence deve sviluppare le sue capacità di anticipazione dei fenomeni sociali. Secondo me, l’intelligence rappresenta una lente di ingrandimento dei segnali deboli, ai quali non si presta eccessiva attenzione, ma che determinano i futuri possibili. L’intelligence dovrebbe interessarsi in modo più marcato dei segnali deboli, per cercare di capire cosa succede nella società reale e virtuale, che diventano sempre più indistinguibili. Al momento ci stiamo concentrando sopratutto sui segnali forti, che sono quelli che vedono tutti. E questo spiega come mai le capacità predittive dei fenomeni sociali siano così approssimative, se non fuorvianti. In questo assumono una particolare rilevanza la dimensione digitale, in particolare i social network, e, in prospettiva, tecnologie come l’intelligenza artificiale.

In che modo il digitale incide sul disagio sociale?

Attenzione, non intendo dire che il digitale non apporti benefici, anzi. Ma, come ogni cosa, va utilizzato nel modo giusto. Esiste un enorme legame tra disagio sociale e uso delle nuove tecnologie. Queste ultime, infatti, amplificano esponenzialmente i messaggi, aumentando la complessità. Spesso creano l’illusione della comunicazione, mentre al contrario si materializza il fenomeno della “solitudine del cittadino globale”, come anticipato da Zygmunt Bauman. Un altro elemento rilevante è l’illusione di poter partecipare e cambiare le reali dinamiche sociali attraverso l’utilizzo dei social media: non è per nulla sufficiente se la partecipazione online non viene seguita da sviluppi nella vita reale.

Il disagio sociale è la vera sfida per l’intelligence italiana. Parla Caligiuri

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