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“L’Unione europea non sarà mai un’alleanza militare”. Così Ursula von der Leyen ha stoppato la proposta di Emmanuel Macron per un esercito comune. Un messaggio conciso ma chiaro, “la Nato sarà sempre la nostra difesa collettiva”, per di più arrivato in un giorno simbolicamente rilevante, quello dell’anniversario dell’attacco dell’undici settembre per cui si attivò, per la prima volta e unica volta nella storia, il meccanismo previsto dall’articolo 5 del Trattato del nord atlantico.

LA PRECISAZIONE

Le parole della nuova presidente della Commissione non sono un passo indietro rispetto al progetto della Difesa europea. Da ministro della difesa della Germania, la von der Leyen è stata tra i promotori delle iniziative portate avanti dall’ormai ex Alto rappresentante Federica Mogherini, convinta sostenitrice della Pesco e delle negoziazioni che hanno condotto alla definizione del Fondo europeo per la Difesa, pronto a dotarsi di 13 miliardi. Il punto della tedesca è per lo più strategico. Il programma di Bruxelles punta all’integrazione industriale e alla messa a sistema degli sforzi nazionali (soprattutto di budget) per attività di ricerca e sviluppo in campo militare. L’obiettivo è consolidare l’Europa della Difesa, ma non la creazione di un’alleanza militare.

TRA DIFESA EUROPEA E NATO

D’altra parte, la complementarietà con la Nato (e la non sovrapposizione tra le due) è stata un prerequisito della Difesa europea sin dai suoi albori. Un elemento necessario anche per convincere tutti gli Stati membri ad aderire al progetto, soprattutto quelli del fianco orientale che hanno sempre visto nell’Alleanza Atlantica e nel rapporto con gli Stati Uniti la prima garanzia della propria sicurezza, per niente disposti a metterla a repentaglio. Anche l’Italia è stata chiara sul punto, senza contare le indicazioni che in tal senso sono arrivate da Washington.

I TENTATIVI DI MACRON

A esprimere una posizione diversa è stato il presidente francese Macron. A novembre dello scorso anno auspicava “un’Europa sovrana e potente”, che riuscisse a difendersi “attraverso un vero esercito europeo”. L’allungo fece alzare molte sopracciglia, soprattutto perché fu accompagnato dalla giustificazione secondo cui il Vecchio continente avrebbe la necessità di fronteggiare le minacce da “Russia e Stati Uniti”. L’equiparazione tra le due potenze, arrivata tra l’altro nel momento in cui i rapporto tra Macron e Donald Trump erano ai minimi storici, palesò per molti l’ambizione francese: una Difesa europea in grado di applicare la versione più radicale del concetto di “autonomia strategica”, cioè l’indipendenza dall’alleato d’oltreoceano. Tale approccio appariva in linea con la tradizionale postura francese, anche rispetto alla Nato, per cui si ricorderà lo strappo di De Gaulle e l’uscita dall’Alleanza nel 1966.

UN CASO PARTICOLARE

Un segnale era già arrivato con il lancio della European Intervention Initiative (Ei2), iniziativa macroniana esterna alla Nato e all’Unione europea per promuovere l’integrazione in campo militare. Per molti, fu la risposta al fallimento della linea francese sulla Pesco, la cooperazione strutturata permanente, interna ai meccanismi Ue, che i transalpini leggevano in senso esclusivista come gruppo di pochi Paesi. Ha prevalso poi la linea dell’apertura sponsorizzata da Italia e Germania (proprio con la von der Leyen), concretizzatasi in un’adesione ampia ai primi progetti Pesco.

LE NOVITÀ DI BRUXELLES

Con le precisazioni di ieri, la presidente della Commissione è tornata a fare chiarezza. Ciò non toglie che la Difesa europea sia ormai destinata a realizzarsi. I segnali da Bruxelles vanno tutti in questa direzione. Il nuovo esecutivo comunitario sarà dotato infatti di una nuova direzione generale specificatamente dedicata a Difesa e Spazio, la quale dovrà erogare i finanziamenti del prossimo Edf. La Francia non ha certo rinunciato alla partita. La Dg dipenderà infatti dal commissario al Mercato interno, una casella che Parigi si è aggiudicata con Sylvie Goulard.

Difesa europea. Ursula richiama la Nato (e frena Macron)

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