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Affari, terrorismo e stabilità nella macro regione a cavallo tra il quadrante euromediterraneo e quello mediorientale. Sono i temi che hanno caratterizzato la visita del presidente egiziano Abdel Fattah Al Sisi alla Casa Bianca, in cerca da Donald Trump anche di una tacita benedizione prima di un referendum per cambiare la costituzione egiziana in modo che possa rimanere al potere fino al 2034. Ma tra i rispettivi staff si è discusso anche di commesse militari, energia e geopolitica.

QUI CASA BIANCA

Al Sisi era stato alla Casa Bianca nell’aprile 2017: un leader egiziano mancava in visita ufficiale dal 2010. Si spiegano così le parole di benvenuto del Presidente Usa. “Non abbiamo mai avuto un rapporto migliore di quello che abbiamo adesso”, ha esordito Trump nello Studio Ovale. Come a voler certificare il riconoscimento del Cairo nello scacchiere delicatissimo in cui il governo di Al Sisi si sta muovendo, tra il dossier energetico e quello legato ai soggetti che vi gravitano “attorno” come ad esempio Iran e Turchia. Partnership dimostrata anche dall’ok del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti alla vendita di 56mila carri armati nell’ambito di un accordo del valore di 99 milioni di dollari (lo scorso settembre).

Circa la possibilità di estendere il potere di Al Sisi fino al 2034, con un possibile emendamento alla costituzione dell’Egitto per il suo mandato, Trump si è trincerato dietro la diplomazia (“Penso che stia facendo un ottimo lavoro, non so dello sforzo, posso solo dirti che sta facendo un ottimo lavoro”, definendo Sisi una “grande persona”) ma è evidente che i passi nella direzione di un rapporto stabile e duraturo sull’asse Washington-Cairo sono stati fatti in maniera netta. Non va dimenticato inoltre che l’Egitto svolge un ruolo diplomatico primario nelle negoziazioni con Hamas.

Sta inoltre moltiplicando i suoi sforzi per convincere il movimento palestinese a evolversi, per distaccarsi completamente dall’identificazione generalizzata che lo definisce un’organizzazione di stampo terroristico.

QUI POMPEO

L’incontro con Trump è stato preceduto da un vertice tecnico con il segretario di Stato Mike Pompeo che ha messo l’accento sull’importanza delle relazioni bilaterali Usa-Egitto. Non solo declinate nella comune lotta al terrorismo (“contrastando l’influenza maligna del regime iraniano”) ma anche sui casi riguardanti i cittadini statunitensi in Egitto e sui rapporti commerciali.

Sul punto pochi giorni fa l’Egitto ha annunciato di voler acquistare venticinque caccia Su-35S dalla Russia per circa due miliardi di dollari, implementando la propria flotta che conta già 24 Rafales francesi, ben 240 F-16, oltre a MiG-29 e Mirages. Le consegne degli aerei, compresi i relativi sistemi d’arma, inizieranno già nel 2020. Una decisione che potrebbe avere forti ripercussioni di matrice geopolitica.

In primis l’Aeronautica egiziana vuole accaparrarsi un mezzo di superiorità aerea, considerato che il Su-35S dispone di un radar molto potente (Irbis-E Pesa). In secondo luogo va considerato che nel biennio 2016/2018 l’Egitto di Al Sisi ha già acquisitato un gran numero di apparecchiature russe, come gli elicotteri d’attacco e i missili terra-aria. Per cui la partita legata al Su-35S potrebbe rientrare nei precedenti accordi, ma sollevando alcune considerazioni tutte Usa in merito ai rapporti militari con Mosca e alla supremazia aerea di Israele in quel fazzoletto di cieli tanto cara a Washington.

SCENARI

È questa la traccia seguita da alcune dichiarazioni di funzionari del Pentagono che nei giorni scorsi hanno commentato la decisione egiziana in questi termini: “In termini di espansione dell’influenza russa nella regione, questo è ovviamente qualcosa di cui siamo piuttosto preoccupati. Non vediamo molti benefici materiali per gli impegni con i russi. Vorremmo solo incoraggiare gli egiziani a rivolgerci di più verso l’Occidente, verso gli Stati Uniti”. La stessa fonte avrebbe inoltre ricordato che l’amministrazione a stelle e strisce ha il potere di azionare misure di rappresaglia contro qualsiasi Paese che intrattiene affari con Mosca. E ciò tramite l’Adversaries Through Sanctions Act di Countering America.

Ma i timori Usa forse sono dettati anche dalla partnership egiziana con Pechino. Lo scorso dicembre infatti l’Aeronautica egiziana ha firmato un accordo per l’acquisto di droni cinesi, i Wing Loong II, prodotti dalla National Aero-Technology Import Export Corporation (Catic). L’accordo venne siglato dal Comandante delle forze aeree egiziane, Mohamed Abbas e dal ceo di Catic a margine della mostra Edex 2018 tenutasi a Il Cairo.

twitter@FDepalo

 

Commesse, energia e terrorismo. Il menù del vertice Trump-Al Sisi

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