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La Turchia fa sul serio ed è più che determinata a lanciare una grande operazione al di là del confine in chiave chiaramente anti curda. Due giorni fa, il presidente della Repubblica, Recep Tayyip Erdogan, ha detto che i piani per un attacco nei territori all’est dell’Eufrate, nel nord della Siria, sono pronti e che ormai potrebbe essere questione di pochi giorni.

Intanto, però, senza preavviso, da ieri la Turchia ha iniziato a condurre attacchi aerei nelle regioni del nord Iraq, dove si trovano ancora dei campi di addestramento del Pkk, il Partito dei lavoratori del Kurdistan. Il ministero della Difesa, ha confermato che i bombardamenti hanno come obiettivo diverse sigle terroristiche di matrice curda, inclusi Pyd e Ypg, gruppi politici e armati di curdi siriani, che stanno impensierendo, e non poco, Ankara.

La Difesa turca ha sottolineato che i raid si stanno concentrando su bersagli come rifugi, cave, tunnel, magazzini. Tutto quello che possa contribuire a indebolire l’operatività dell’organizzazione, e che nelle operazioni non vengono coinvolti in alcun modo civili. La Turchia ha anche assicurato che andrà avanti fino a quando la minaccia terroristica non sarà stata completamente eliminata.

Se fino a ieri, l’annuncio dell’operazione militare in Siria poteva sembrare un avvertimento a Washington, che da anni viene accusata di finanziare e proteggere sia il Pkk sia lo Ypg, le incursioni nel nord dell’Iraq fanno pensare che la Turchia potrebbe entrare in azione in breve tempo anche a est dell’Eufrate.

Il presidente Erdogan, sul punto, è stato quanto mai chiaro. O gli Stati Uniti cacciano i curdi da Kobane e da altri territori vicini al confine, oppure ci penseranno le forze armate della Mezzaluna. Da giorni di quotidiani turchi riportano la notizia che lungo la frontiera siriana, dove Ankara ha eretto un muro lungo oltre 700 chilometri, si stanno posizionando carri armati e camion carichi di soldati.

Il presidente è tentato di sfruttare il momento per cercare di indebolire le milizie curde. L’alleato russo nel nord della Siria gli ha lasciato una grande libertà, forse anche per mettere in difficoltà gli Stati Uniti e tenere buona Ankara su altri capitoli riguardanti la stabilizzazione della crisi siriana, come la sorte del presidente Assad o i futuri assetti politici del Paese.

In più, a marzo si avvicinano le elezioni amministrative e il presidente Erdogan arriva a questo appuntamento elettorale con l’economia turca, da sempre il suo fiore all’occhiello, in recessione. Un’operazione contro i curdi fatta in questo momento, ha anche il compito di deviare l’attenzione dell’elettorato.

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