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Che cosa si muove all’interno del costone balcanico alla voce dossier energetico? È davvero già strutturato quell’asse Belgrado-Mosca come frutto dell’evoluzione della geografia dei gasdotti nel Mediterraneo?

Mosca è pronta a far passare il Turkish Stream dalla Serbia, in un intreccio di mosse e contromosse legate alle operazioni strategiche di Gazprom e con il fiorire di leve politiche filo sovietiche, accanto alla concomitante attività turca al largo di Cipro dove Exxon avvia le perforazioni, mentre oggi Putin visita i cantieri turchi.

TURKISH

Il Turkish Stream potrebbe transitare dalla Serbia. Non sono una sorpresa le parole del ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, sulle possibili opzioni relative alle due linee del gasdotto che investirebbero l’Europa. L’infrastruttura, pronta nel 2020, si poggerà su due canali: il primo attraverso il Mar Nero fino in Turchia, il secondo dalla Turchia del sud fino all’Europa, ciascuno in grado di assicurare 15,7 miliardi di metri cubi di gas all’anno.

Il tratto marino è già completo, mentre per i due canali al momento sono stati posati 1.700 chilometri di tubi che partono dalla località russa di Anapa e giungono a quella turca di Kıyıköy.

QUI SERBIA

Al momento, ha sottolineato Lavrov, “sono in fase di sviluppo varie opzioni dell’estensione del gasdotto tra cui quelle che contemplano il passaggio dalla Bulgaria, dalla Serbia e dall’Ungheria verso l’hub austriaco di Baumgarten” (operativo grazie ad una una joint venture russo-italiana).

E ancora: “Teniamo in considerazione la triste esperienza del South Stream e non vogliamo che la situazione si ripeta. Saremo pronti a iniziare i lavori solo dopo aver ricevuto garanzie positive dalle strutture collegate dell’Unione Europea”.

Un passaggio la cui fase preparatoria è iniziata da tempo, con un fil rouge che connette le aziende russe con quelle serbe, sotto la regia di Gazprom, anche in virtù di uno strumento amministrativo molto attivo come il comitato intergovernativo russo-serbo per la cooperazione commerciale.

PASSAGGIO

La questione del “passaggio balcanico” del Turkish è aperta da un biennio, complice la riflessione avviata sul panorama complessivo dei gasdotti: un ragionamento geopolitico e commerciale che abbraccia tanto il Nord Stream II quanto il Tap.

Sofia e Belgrado hanno manifestato il proprio interesse direttamente a Mosca. La scorsa primavera lo mise nero su bianco il premier bulgaro Boyko Borisov (“Putin ci ha comunicato che nessuno sarebbe contrario a un possibile prolungamento del gasdotto Turkish Stream verso la Bulgaria”), in precedenza era stato il primo ministro ungherese Viktor Orban a chiedere identico spazio, con il ministro degli esteri Péter Szijjártó che ha recentemente sottolineato il diritto di Budapest a dialogare sul tema con la Russia (“Chiediamo all’Europa occidentale e a Bruxelles di non metterci i bastoni tra le ruote. L’Europa occidentale vuole un nuovo gasdotto a nord, noi lo vogliamo a sud”).

ALT

Alle aperture ungheresi ha replicato il Segretario Usa all’Energia Rick Perry: “La Russia sta usando un progetto del gasdotto Nord Stream II e un flusso turco multilinea per cercare di consolidare il controllo sulla sicurezza e la stabilità dell’Europa centrale e orientale”, ha detto pochi giorni fa da Budapest, mettendo l’accento sul fatto che “Mosca usa l’approvvigionamento energetico come arma di politica estera”.

E ancora: “Gli Stati Uniti si oppongono fermamente a questi progetti e sollecitiamo l’Ungheria e i suoi vicini a unirsi a noi nel loro rifiuto”. In questo senso l’obiettivo dell’amministrazione Trump è quello di incoraggiare l’acquisto di gas dagli Stati Uniti o da altri fornitori piuttosto che aumentare quelli dalla Russia.

MEDITERRANEO

Una compartecipazione, quella che investe il futuro del Turskish Stream, che recentemente ha toccato anche il possibile ruolo italiano, come emerso in occasione della conferenza stampa Putin-Conte a Mosca dello scorso 25 ottobre. “La partecipazione dell’Italia al gasdotto Turkish Stream è possibile, e sono in fase di studio tutte le possibilità” disse il Presidente russo, toccando il tasto del fabbisogno europeo di idrocarburi, a cui la Russia potrebbe contribuire con 200 miliardi di metri cubi di gas naturale.

Un fabbisogno che abbraccia la nuova geografia dei gasdotti che in questi giorni vede il Mediterraneo orientale nuovamente in cima all’agenda delle cencallerie di mezzo mondo.

EXXON

Nella Zona economica esclusiva di Cipro infatti l’americana Exxon ha iniziato le perforazioni, dopo essersi aggiudicata regolarmente i blocchi contenuti nell’accordo siglato con il governo di Nicosia. Una contingenza che ha trovato la reazione scomposta della Turchia, intenzionata a rivendicare il fazzoletto di acque di pertinenza della parte nord di Cipro, occupata militarmente dal 1974 e per questo non risconosciutta dall’Onu né dalla comunità internazionale.

Contro Exxon si scaglia il ministero degli Esteri turco secondo cui il lavoro di Exxon “non contribuisce alla stabilità della regione e può modificare gli equilibri in relazione alla risoluzione della riunifivazione di Cipro”. E ribadisce che presto la Turchia avvierà le proprie indagini con la compagnia statale turca Traoh.

twitter@FDepalo

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