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Celebrati oggi a Genova i funerali, inizia la complessa partita del dopo, che inizia ad assumere tutti i contorni di uno scontro politico al calor bianco, innanzitutto dentro la maggioranza di governo.

“Di Maio corre un po’ troppo. La battaglia sulla revoca della concessione è politica e ha aspetti tecnico-giuridici. Ma va divisa dall’azione di governo immediata”. E ancora “Nessuno nega la responsabilità di Autostrade”, “Ma la revoca mi sembra un ginepraio giuridico complesso. Noi invece dobbiamo offrire risposte veloci”. Così oggi su Repubblica il sottosegretario ai Trasporti Armando Siri, genovese e tra i dirigenti della Lega più vicini a Matteo Salvini.

Il segretario e ministro dell’Interno invece dialoga con Huffington Post, rivolgendosi direttamente alla società concessionaria: “È doveroso a prescindere che Autostrade risarcisca tutti: i feriti, gli sfollati, i parenti delle vittime, la città e così via, senza dimenticare – ovviamente – la ricostruzione”. E poi, sul delicatissimo punto della revoca: “È un giusto segnale di cambiamento rispetto al passato”.

Dunque Siri guarda al dopo, mentre Salvini, pur senza sconfessare la linea ufficiale dell’asse ConteDi MaioToninelli, sceglie toni morbidi e ragionevoli, proprio lui che generalmente preferisce le maniere forti.

Perché sta accadendo tutto questo?

E, soprattutto, verso quale obiettivo puntano (e chi sono) i sostenitori di una linea radicalmente diversa da quella dello scontro frontale con Autostrade-Atlantia?

La risposta c’è e viene fuori parlando con protagonisti, politici e non, per ora prudenti ma non per questo poco determinati.

Ed è una risposta di segno opposto a quella contenuta nelle dichiarazioni del premier e dei ministri a cinque stelle per almeno tre ordini di motivi.

Al primo posto c’è una enorme emergenza legata al fattore tempo.

Bisogna correre per liberare l’area dalle macerie e c’è bisogno di dare una risposta rapida alla città, che senza quel ponte rischia di trasformarsi in un ingorgo di auto e camion nel giro di poche settimane, con effetti devastanti sulle attività portuali.

Lo stesso dicasi per i risarcimenti alle vittime e per il sostegno alle famiglie che quasi certamente perderanno la casa, poiché il nuovo ponte si potrà costruire solo abbattendo alcuni edifici.

Ebbene sotto il profilo del tempo non vi è alcun dubbio sul fatto che la soluzione migliore è lavorare insieme alla società concessionaria, cioè Autostrade per l’Italia, sedendosi al tavolo con i suoi dirigenti e spingendola a fare presto su tutti i fronti, mettendo in campo tutti le risorse che servono.

Così dovrebbe fare uno Stato serio e responsabile, anche perché, elemento da non sottovalutare, un conto è immaginare un piano condiviso adesso, con l’emozione ancora forte e l’attenzione al massimo livello dei media, ben altra storia sarà ragionarci fra qualche mese, quando altre notizie avranno conquistato le prime pagine.

Il secondo elemento dirimente è quello delle risorse.

Autostrade può (e deve) intervenire subito, in un regime di condivisione del percorso e degli obiettivi.

Ma in condizione di scontro entriamo in una “terra di nessuno” dove lo Stato può certamente fare la faccia feroce, ma rischia di vedere riconosciuti i suoi diritti molto in là nel tempo, dovendo nel frattempo provvedere a tutto, con evidenti difficoltà operative (non solo di carattere finanziario).

Per capirci ancora meglio pensiamo al ponte da rifare (e alle case sottostanti da abbattere e ricostruire, lì o altrove): un conto è farlo fare ad Autostrade, peraltro pienamente in grado sotto il profilo tecnico, ben altra storia è mettere mano all’impresa con il concessionario mezzo fuori e mezzo dentro.

E quand’anche fosse fuori (con una procedura di revoca dagli effetti immediati tutta da verificare nelle sedi competenti) voglio proprio vedere in quanto tempo lo Stato bandisce, aggiudica e porta ad esecuzione la gara d’appalto per il nuovo ponte con le opere connesse (a occhio non meno di cinque anni).

Al terzo posto c’è un tema di responsabilità, come ben spiegato oggi sul Corriere della Sera da Lorenzo Salvia.

La convenzione dice chiaramente che “il concedente (cioè il ministero delle Infrastrutture) vigila anche sui lavori di manutenzione ordinaria, straordinaria e sui ripristini”.

È quindi piuttosto evidente che siamo di fronte ad una complessa partita di accertamento delle responsabilità (ci sono più di 40 morti, dovremo ricordarlo per sempre), che solo il lavoro della magistratura potrà portare in luce con le procedure corrette di uno Stato di diritto.

Ecco perché lo schema a cinque stelle della revoca immediata e dello scontro frontale con Autostrade lascia perplessi molti, che alludono all’irresponsabilità di quella impostazione, osservando con malcelato disappunto il comportamento di un giurista come il premier Conte.

D’altronde in città si inizia già a fare conti per il dopo, con gigantesche preoccupazioni (anche politiche).

Giovanni Toti (il governatore) e Marco Bucci (il sindaco) vorrebbero subito l’apertura di una tavolo con tutti seduti, governo e Autostrade in primis.

Lo pensano ma, per ora, non lo dicono.

Quello che è certo è che non vogliono pagare loro il prezzo delle scelte di altri: al voto per la regione mancano meno di due anni, che passano svelti sotto il peso di una tragedia.

salvini, Mancino, magatti

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