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Aveva promesso la “nuda verità” sul caso Khashoggi, ma quello che si è sentito oggi dal parlamento di Ankara è stato un Erdogan a metà fra l’ispettore Poirot e il consueto “vorrei ma non posso” quando si tratta di grandi questioni internazionale.

Già il fatto che Erdogan abbia parlato dell’omicidio del giornalista saudita, vicino ai Fratelli Musulmani e al vecchio establishment e avverso al principe ereditario Mohammad Bin Salman, all’interno del consueto discorso del martedì al suo gruppo parlamentare, doveva fare presupporre che si sarebbe trattato di tutto, tranne che di una dichiarazione esplosiva.

Dopo aver ricostruito nei dettagli le ultime ore di vita di Khashoggi, che era fuggito da Riad per volare negli Stati Uniti un anno fa, Erdogan ha annunciato che oggi chiamerà re Salman dell’Arabia Saudita per chiedergli di consegnare alla giustizia turca i 18 membri del team che quel tragico 2 ottobre arrivarono apposta dal regno saudita per uccidere e fare a pezzi il cadavere di Khashoggi.

Si tratta davvero dell’unica notizia di rilievo dei 20 minuti di discorso. Il resto Erdogan lo ha passato a ricostruire quel giorno e a sottolineare, cosa già scritta a più riprese dalla stampa allineata, ma che lui ha voluto ribadire, che si è trattato di un’azione premeditata, visto che Khashoggi si era già recato al consolato la settimana prima per richiedere dei documenti che gli avrebbero permesso di risposarsi. Il presidente ha poi fatto appello alla comunità internazionale e paventato anche di chiedere la modifica della convenzione di Vienna del 1961, che disciplina le relazioni diplomatiche per togliere le immunità ai rappresentanti degli altri Paesi.

Diciamo che nel discorso di Erdogan, più che le notizie, si contano due importanti mancanze. La prima è il non aver mai nominato il principe ereditario Mohammad Bin Salman e di aver fatto sempre e solo riferimento al padre di cui Erdogan ha detto di non avere motivi per metterne in dubbio la sincerità. Il secondo, ben più importante, è che nella sua ricostruzione dettagliata dell’omicidio non ha fatto alcun riferimento ai video e audio di cui, secondo la stampa locale, la Turchia sarebbe in possesso e che inchioderebbero il nuovo establishment di Riad una volta per tutte.

La palla adesso passa a Riad, che potrebbe aver ricevuto dal presidente turco l’ultima possibilità per risolvere il caso in modo che la Turchia non ne esca proprio a pezzi. Come ha sottolineato Erdogan nel suo discorso, Khashoggi è stato ucciso a Istanbul e se si conta che, come lui, anche Erdogan è strettamente legato ai Fratelli Musulmani. Posto che Mohammad bin Salman è inamovibile e troppo potente, deve assolutamente portare a casa un compromesso che se non somiglia a una vittoria, non faccia passare la Turchia per quel Paese sul cui territorio nazionale si può fare di tutto, perché nell’arena internazionale, nonostante tutta l’esuberanza diplomatica, conta ancora troppo poco.

Un contentino, praticamente, che può arrivare anche con calma. Erdogan a marzo 2019 sarà impegnato in elezioni amministrative molto insidiose e che hanno lo stesso valore di un voto politico. Mantenere alta l’attenzione sul caso Khashoggi gli serve per alimentare il consenso attorno a sé e soprattutto per fare pensare meno all’economia, che certo di questi tempi non rientra fra le buone notizie per la Mezzaluna. Per questo, non mi sorprenderei se nei prossimi giorni non uscissero altre anticipazioni dei famosi video e audio che però non ha ancora visto e ascoltato nessuno.

Erdogan

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