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La rinascita italiana, e non solo, del cattolicesimo politico risiede oggi nella ripresa del Codice di Camaldoli. Creato nel luglio 1943, quando l’Italia sperimentava il crollo immediato del regime fascista, il Codice non rappresentò solo la nascita della Democrazia Cristiana, ma la rinascita di tutta la democrazia italiana. Il gruppo che organizzò la riunione, dal 18 al 24 luglio 1943 nell’eremo di Camaldoli, ispirato direttamente da monsignor Montini, rappresentava il meglio di quella che anni dopo avremmo chiamato la “tecnocrazia” italiana.

C’erano Ezio Vanoni, futuro creatore del “Piano Vanoni” del 1954, per creare la piena occupazione, riequilibrare il sud con il nord del Paese e, contemporaneamente, risanare il bilancio dello Stato. Programmazione economica, certo, ma per Vanoni si trattava di qualcosa di diverso dal normale keynesismo. Keynes puntava all’aumento della spesa aggregata dello Stato, ma Ezio Vanoni dirigeva la spesa in surplus verso obiettivi strutturali e sociali, senza peraltro scassare il bilancio statale. Il Keynesismo è una cosa, il cattolicesimo sociale un’altra, anche se le due politiche economiche sembrano talvolta uguali.

Poi, sempre per dimostrare come la Dc fu un partito certamente popolare, ma profondamente radicato nelle élites, tra i camaldolesi del 1943 c’era Sergio Paronetto. Economista e filosofo, dirigente d’azienda, e che azienda, l’Iri, collaboratore strettissimo di Montini, fu, probabilmente, il vero iniziatore della Democrazia Cristiana. Appoggiò il fronte della resistenza democratica di Cordero di Montezemolo, che fu poi barbaramente ucciso alle Fosse Ardeatine. E c’è ancora chi dice che i cattolici non parteciparono alla Resistenza! A parte mio fratello, ci furono le Fiamme Verdi, le Brigate “di Dio”, quelle autonome come la Osoppo, i cui capi furono trucidati alla Malga Porzus dai partigiani comunisti, che volevano aggregarsi alle forze titine. Quante brigate partigiane furono fondate in una Chiesa! Poi c’era Pasquale Saraceno, creatore della Cassa del Mezzogiorno ed europeista convinto. E poi tanti altri giuristi, filosofi, scienziati politici.

Fu la Chiesa Cattolica a selezionare il meglio della intellettualità italiana per ricostruire lo Stato. Cosa che dobbiamo fare ancor oggi. Economia sociale di mercato: la formula è ormai vieta ma ha un significato preciso: le imprese private operano sui mercati liberi, certamente, ma le imprese pubbliche non fanno “carità”, come dicono i radical-liberali, ma operano per risolvere gli squilibri del mercato generati dalle imprese. Oligopolio, posizione dominante nel mercato, manipolazione dei prezzi, accesso privilegiato e irregolare al credito e, spesso, accesso privilegiato allo Stato. Ecco i danni di un capitalismo non corretto dalla economia sociale di mercato, un capitalismo che distrugge sé stesso. Per fare bene il liberalismo occorre una quota di imprese pubbliche, che rimettano in sesto i criteri della sana concorrenza.

Ecco, sarebbe estremamente necessario che il mondo cattolico, oggi, ricreasse un “Codice di Camaldoli” per i tempi nuovi, mettendo nel conto il mercato globale, la crisi fiscale dello Stato, il disastro sociale permanente della disoccupazione di massa e del salario insufficiente. E tutto questo lo si può fare solo con la giusta ispirazione, quella della dottrina sociale cattolica.

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Un Codice (di Camaldoli) per ricostruire la buona politica italiana

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