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Il caos c’è ancora. Le trivelle continuano ad agitare il governo gialloverde, il giorno dopo il polverone sul via libera del ministero dello Sviluppo Economico alle concessioni per la ricerca di idrocarburi nel mar Ionio. Tra le fila del Movimento Cinque Stelle è scoppiata la rivolta contro la decisione del Mise di concedere l’ok a tre nuovi permessi di ricerca petrolifera nel Mar Ionio tra Puglia, Basilicata e Calabria (qui l’intervista di ieri al presidente di Nomisma Energia, Davide Tabarelli). La posta in gioco per i grillini è alta perché in ballo ci sono 1,5 milioni di voti presi dai 5 Stelle nelle tre regioni alle ultime politiche e questo sta creando un certo imbarazzo al Movimento.

La domanda a questo punto è se ci sia una linea decisa all’interno del governo sulla questione delle trivelle. Non è ancora molto chiaro se lo schema sarà quello visto con il Tap o con la Tav, dove cioè una sponda dell’esecutivo (la Lega) era favorevole alle opere e un’altra (il M5S) era invece contraria. Ieri il ministro dello Sviluppo Luigi di Maio ha parlato di atto dovuto, perché queste ricerche di idrocarburi “erano state autorizzate dal governo precedente e in particolare dal ministero dell’Ambiente”. Salvo poi chiarire di “essere dalla parte delle associazioni che si oppongono alle trivellazioni”. Ma sul territorio, dove il M5s ha costruito gran parte del consenso su temi ambientalisti, ora è forte la contestazione. Sono in molti a pensare che dopo Ilva e Tap, le trivelle possano rappresentare la terza retromarcia grillina rispetto alle promesse di campagna elettorale.

Per sondare gli umori, Formiche.net ha interpellato Paolo Arrigoni, ingegnere e senatore in quota Lega. L’impressione è quella che si stia prendendo del tempo. Non è ancora l’ora di una posizione chiara da parte del Carroccio, che di certo non ha mai frenato iniziative con le quali favorire lo sviluppo del Paese. “La questione delle trivelle va approfondita al meglio, in tutte le sue angolature ed è esattamente quello per cui mi sto adoperando”, spiega Arrigoni. “La posizione della Lega è sempre stata chiara. Noi siamo per il no alle trivellazioni entro le 12 miglia. E infatti, quando si trattò di rilasciare le concessioni, demmo parere favorevole ma a una condizione: che non venissero rinnovate. Ora, se queste concessioni nel mar Ionio sono oltre le 12 miglia e portano vantaggi al Paese, allora per noi va bene”.

La linea della Lega è insomma un mix di elementi. Sì alle trivelle, ma a delle condizioni (oltre le 12 miglia) e “nel rispetto dell’ambiente. Questo è un Paese che ha bisogno di essere meno dipendente da un punto di vista energetico, questo la Lega lo sa. Ma bisogna trovare il giusto mix e per questo stiamo portando avanti degli approfondimenti”. Intanto sull’altra sponda dell’esecutivo si prova a far quadrato e a rassicurare gli elettori pentastellati.

“Non c’è stato alcun tradimento. Il Movimento 5 Stelle è sempre contro le trivelle ma i progetti di prospezione non potevano essere fermati perché già approvati dal governo precedente”, ha affermato la senatrice Patty L’Abbate, ribadendo “un secco no alla ricerca di petrolio sul nostro territorio. Sono in atto ben 7 iter di rigetto per i permessi di ricerca nell’Adriatico e nel canale di Sicilia e 3 per la terraferma: Carisio, Tozzona, Masseria la Rocca. Andremo avanti in questa direzione”.

Sì alle trivelle, ma a delle condizioni (oltre le 12 miglia). L'opinione di Arrigoni (Lega)

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