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Il vice oresidente del Consiglio e ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, ha ripetutamente annunciato che entro il 15 luglio scorso la Commissione Lavoro della Camera dei Deputati avrebbe presentato una proposta di legge sul ricalcolo delle “pensioni d’oro” ed un calendario per la sua discussione. Il provvedimento, di chiaro sapore populista, avrebbe dovuto riequilibrare la visibilità del M5S rispetto a quella acquisita dalla Lega con quella mediatica ed internazionale in materia d’immigrazioni.

La scadenza è passata e nulla è avvenuto. Perché? Da un lato, sono intervenuti altri elementi in certa misura inattesi che hanno interessato il dibattito politico: i dissapori sulle nomine all’interno dello stesso governo, le tensioni con il presidente dell’Inps, le posizioni prese su molti temi dal ministro dell’Economia e delle Finanze che gli azionisti di maggioranza della coalizione gialloverde consideravano essersi docilmente posto al loro servizio. Da un altro, sono emersi problemi sostanziali che hanno dimostrato come la materia fosse più complessa di quanto lui stesso avesse pensato.

In primo luogo, il loro alleato, la Lega, ha fatto notare come il “contratto di governo” prevede che l’asticella per il ricalcolo venga posto a 5000 euro non a 4000 euro come dichiara da un paio di settimane il vice presidente del Consiglio e ministro del Lavoro Luigi Di Maio.

In secondo luogo, un autorevole esponente della Lega, candidato alla successione di Tito Boeri all’Inps e considerato, in Italia e all’estero, come uno dei maggiori esperti di previdenza del nostro Paese, Alberto Brambilla (presidente del Centro Studi “Itinerari Previdenziali”) ha sollevato il problema delle “pensioni di diamante”. Ossia di tutti coloro che fruiscono da numerosi lustri – 1,7 milioni da più di quarant’anni- di trattamenti anticipati (pensioni baby, pensioni agevolate d’anzianità, pre-pensionamenti in seguito a difficoltà aziendali, Legge Mosca e via discorrendo). Risiedono prevalentemente del Sud e sono considerati parte del “bacino elettorale” del M5S. Di Maio non ne ha parlato, nonostante, ad un calcolo attuariale, abbiano in gran misura ottenuto dall’Inps 600.000 euro sulla base di contributi di meno di 100.000 euro. Anche maggiore il differenziale tra contributi e trattamenti per categorie quali i ferrovieri, i telefonici e certi comparti dell’aviazione civile.

Se vengono toccati, c’è il rischio che parte del bacino elettorale del M5S si squagli perché anche le famiglie dei pensionati seguiranno i congiunti nella cabina elettorale. Se non vengono toccati e ci si accanisce contro i pensionati il cui trattamento mensile supera i 4.000 euro, Di Maio rischia di essere accusato non solo di particolarismi veri o propri nelle scelte di assunzioni al ministero ma – e ciò è più grave – di particolarismi in politica previdenziale. Alcuni membri della Consulta hanno mostrato grande interesse ai calcoli relativi ai confronti tra i “pensionati di diamante” ed i “pensionati d’oro”.

In terzo luogo, coloro che avvertono una minaccia dalle parole di Di Maio, si stanno organizzando. Nel solo Nord-Est (terra della Lega) è attiva, ad esempio, l’associazione APS Leonida che ha annunciato cento mila ricorsi in caso di provvedimenti che danneggiano i loro trattamenti. Un loro recente documento afferma che sono pronti ad andare anche alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo in quanto una legge retroattiva minerebbe i principi di base della democrazia ed i valori stessi dell’Unione europea. Come prima misura alle prossime elezioni europee volterebbero le spalle alla Lega ed ai suoi candidati. Forza Italia e Fratelli d’Italia già gongolano. La perdita elettorale sarebbe doppia: al Sud verrebbe danneggiato il M5S, se si toccano i “pensionati di diamante”, al Nord la Lega.

In quarto luogo, ci si è messo il ministero dell’Economia e delle Finanze, il cui titolare mostra di non essere al servizio di nessuno. Innanzitutto, si nota che dopo l’ultimo pronunciamento della Corte Costituzionale in materia di “contributi di solidarietà” un provvedimento su “pensioni d’oro e di diamante” equivarrebbe a dire che l’Italia versa in serissime difficoltà finanziarie (come ai tempi del Governo Monti) e si avrebbero immediate ripercussioni sullo spread. Senza toccare le “pensioni di diamante” si ricaverebbe poco: il gioco non varrebbe la candela. Ove ciò non bastasse, da Via Ciro Il Grande (sede dell’Inps) giunge il sussurro che un eventuale ricalcolo porterebbe ad un aumento non ad una riduzione dei trattamenti per alcune categorie (particolarmente di alti funzionari dello Stato, gruppo per il quale Di Maio ha poca simpatia).

Calma, Pace, Tranquillità, intona un madrigale mattutino con cui i collaboratori al ministro del Lavoro e Vice Presidente del Consiglio.

inps, Boeri, pensioni

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