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Tre diplomatici di stanza in Turchia esprimono preoccupazione per i toni e le parole del portavoce del ministro degli Esteri turco, che li ha esortati a non andare oltre i limiti delle loro competenze.

Il caso è ancora il gas cipriota che, se da un lato autorizza i players che si sono legittimanente aggiudicati i contratti di licenza nei blocchi della Zee, dall’altro ingrossa gli appetiti di Erdogan che, nonostante non abbia l’appoggio di leggi e trattati, a quei giacimenti non intende rinunciare. E minaccia ripetutamente Nicosia, membro dell’Ue.

DIPLOMAZIA

Ankara reagisce in modo scomposto alle posizioni espresse dagli ambasciatori in Turchia di Israele, Egitto e Usa impegnati a Nicosia in un vertice internazionale sugli idrocarburi. L’ambasciatore israeliano Aaamy Ravel ha manifestato l’auspicio che “Tel Aviv non sia costretta ad intervenire militarmente contro la Turchia”. Sulla stessa lunghezza d’onda l’egiziano Mai Taha Muhammad, che ha anche ammonito di intraprendere un’azione militare contro la Turchia “se necessario”. Ci mette il carico quello americano, Cathleen Doherty, secondo cui l’atteggiamento della Turchia è inaccettabile.

Erdogan replica stizzito ai diplomatici per tentare di colpire ancora la nuova alleanza del gas che ha visto la luce, da un anno a questa parte, nel Mediterraneo orientale. Lì, in quel fazzoletto di Mare Nostrum tornato centrale nello scacchiere euromediterraneo e in quello meriorientale, è nato un vero e proprio polo logistico e politico legato al gas tra Israele, Egitto, Cipro e Grecia.

Con la supervisione di Washington che ha in Exxon Mobile un giocatore di ruolo in questa partita, essendo impegnato sia nella ricerca del gas a Cipro che del petrolio in Grecia (in partnership con Total ed Eni).

ESCALATION

Non più reazione ma escalation. Di questo si tratta ormai ad Ankara, con gravissimi episodi che hanno interessato nei mesi scorsi la Grecia, rea di ospitare i mezzi militari degli Usa dopo il disimpegno dalla base turca di Incirlik, e che oggi proseguono con quel tenore sul caso siriano e sulla guerra non più fredda contro il predicatore Gulen.

Ma restando al gas ecco che il ministro degli Esteri turco ha nuovamente attaccato a Cipro con riferimento alle “indagini unilaterali” per il gas nel Mediterraneo. Ankara dimentica che quelle acque appartengono ad uno stato membro dell’Ue, mentre la parte nord di Cipro è occupata abusivamente da 50mila militari turchi e per questo riconosciuta solo dalla Turchia ma non dalle autorità internazionali.

Inoltre il portavoce del ministro degli Esteri turco, Hami Aksoy, ha definito inaccettabile il fatto che la “parte greco-cipriota insista per operare come se fosse l’unico proprietario dell’isola e continua le operazioni unilaterali sugli idrocarburi, nonostante l’assenza di una soluzione per l’isola”. Dichiarazioni considerate inaccettabili non solo da Nicosia ma anche dalla comunità internazionale che sventola il Trattato di Montego Bay come cartina di tornasole per definire proprietà e aspirazioni sulle acque antistanti.

Secondo Aksoy la Turchia è determinata a proteggere i diritti e gli interessi dei turco-ciprioti e continuerà a sostenerli anche in futuro. E il vice premier del governo autoproclamato di Cipro turca del nord ha aggiunto che i ciprioti greci non possono continuare le indagini senza raggiungere un accordo di minima con la parte turco-cipriota e, in maniera provocatoria, ha aggiunto che il fatto che fino ad oggi “le mosse unilaterali dei greco-ciprioti non hanno portato a un conflitto solo a causa dell’atteggiamento calmo della Turchia”.

QUI AFRODITE

Una situazione complessa che si inserisce nel solco delle mutazioni che si stanno verificando sul giacimento Afrodite dove i players impegnati nelle indagini (Total, Exxon ed Eni) stanno mettendo a fuoco strategia e alleanze in vista di una nuova stagione di negoziati.

In primis Israele rivendica il 5% della produzione di Afrodite. In secondo luogo i cambiamenti nelle formule di condivisione delle entrate andranno tarati secondo i soggetti partecipanti in relazione ai prezzi internazionali del petrolio (e quindi attualizzati per i prossimi 20 anni).

Inoltre in occasione di un vertice allargato andato in scena due giorni fa a Nicosia pare che sul tavolo ci sia anche la proposta che venga valutata la differenza di reddito incassato dallo Stato con il contratto esistente e le modifiche previste dal ministero dell’Energia.

Cipro potrebbe ricevere fino a 19 miliardi di euro in due decenni: se le modifiche proposte saranno accettate dal governo, le perdite sarebbero circa del 10% rispetto al primo piano, mentre il consorzio Noble-Delek-Shell stimola cambiamenti che consentano di ridurre le entrate dello stato di circa il 20%.

twitter@FDepalo

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