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La prima piazza di opposizione. La prima piazza di una nuova era, quella della “traversata del deserto”. Il Pd riparte da una piazza storica per il centrosinistra, quella piazza Santissimi Apostoli che per anni ha ospitato la sede dell’Ulivo. Piazza, per quanto piccolina, piena di gente e di bandiere: dei democratici, dell’Italia e dell’Europa.

Ovviamente si respira un aria un po’ diversa dagli ultimi appuntamenti Dem. Soprattutto perché si rivedono insieme visi che negli ultimi anni si sono combattuti, anche con toni aspri. Ci sono Matteo Orfini, presidente del Pd e Nico Stumpo di LeU, Laura Boldrini e Benedetto della Vedova, l’ormai ex ministro Andrea Orlando e Bruno Tabacci, Francesco Bonifazi e il segretario reggente Maurizio Martina, l’assessore della giunta di Nicola Zingaretti, Lorenza Bonaccorsi e Beatrice Lorenzin. Ma anche Carlo Calenda e Roberto Morassut, Anna Ascani e Lorenzo Guerini.

È sicuramente un momento simbolico. Mentre a piazza Ss Apostoli si torna in piazza in una sorta di prova generale dell’opposizione che attende il centrosinistra, a poche centinaia di metri il nuovo governo di Salvini e Di Maio giura al Quirinale e si insedia a Palazzo Chigi.

In piazza c’è anche Gianni Cuperlo, da tempo critico con la gestione renziana del partito: “Siamo qui in piazza perché abbiamo promosso un appuntamento per rafforzare i principi della democrazia repubblicana e della Costituzione. Ma non è una piazza che risolve i nostri problemi, quelli che abbiamo ereditato dalla sconfitta del 4 marzo. Dobbiamo avere il coraggio, l’ambizione e la radicalità di resettare molto”. E da cosa dovrebbe ricominciare, chiediamo a Cuperlo, il centro-sinistra?: “Mettendo al centro la libertà, che significa autonomia e dignità, la libertà materiale delle persone. Quando ci sono 5 milioni di persone che vivono sotto la soglia di povertà, quando hai il picco assoluto di lavoro, ma con una quota significativa di lavoro precario che non garantisce una vita dignitosa a chi questo lavori fa, se sei la sinistra devi ripartire da questo; da una drammatica crisi sociale che deve prevedere da parte nostra ricette diverse da quelle del passato. Un esempio? Non possiamo dire che il reddito di base è assistenzialismo. Quando una famiglia non riesce a riempire il carrello della spesa, le categorie non sono quelle dell’assistenzialismo, ma si parla di dignità. Ripartiamo da questo e ricostruiamo piano piano”.

L’ex ministro Calenda, anche lui in piazza, analizza le responsabilità del Pd per la situazione in cui si trova il centrosinistra, ad iniziare dal non avere dato il giusto peso alle paure dei cittadini. Ma solo dal Pd può partire una risposta al fronte sovranista dice l’ex ministro: “Il Pd deve essere il perno di una grande rifondazione della politica con la rappresentatività della politica non sovranista, con l’obiettivo di allargarsi, di aprirsi. Bisogna tornare nella società e prendere mondi di rappresentanza. Una lezione che ci arriva dal 4 marzo è quella di tenere più in considerazione la rappresentanza, e un po’ meno la competenza”. Calenda poi commenta la piazza: “Il primo passo di un fronte repubblicano? Io penso sia il primo passo di una mobilitazione che è il senso del fronte repubblicano. Una mobilitazione del popolo e delle persone che rappresentano alcuni mondi importanti dell’Italia, altrimenti non si rifonda nulla”.

Suggerisce calma l’ex ministro Lorenzin, rispetto alla piazza di oggi ” È una manifestazione che è un embrione di qualcosa che ancora deve prendere forma. È ancora troppo presto, gli italiani ancora devono conoscere questo governo e giudicarlo. Dall’altra parte dobbiamo uscire dal solito schema, e immaginare un modo diverso di metterci in contatto con i cittadini”. Ha ancora senso parlare di una divisione – chiediamo alla Lorenzin – lungo l’asse destra-sinistra o lo schema è cambiato? “L’asse è tra forze di sistema e antisistema, tra chi è per l’Euro e chi vuole uscirne, tra chi è per rimanere dentro il patto atlantico e chi è invece su un altro fronte fuori dalla Nato. Sono queste le nuove divisioni, dentro le quali si giocano tante pulsioni diverse, spesso non razionali. Abbiamo un fronte dell’emotività. Da solo, purtroppo, il fronte della razionalità non basta. Dobbiamo ricostruire la capacità di arrivare alla gente con il ragionamento, coinvolgendole e cambiando il modo di fare politica. Per fare questo ci vuole tempo”.

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