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La lira turca ha prolungato il suo crollo per il terzo giorno, mentre la manovra della banca centrale sui limiti di indebitamento non è riuscita a rafforzare la fiducia degli investitori. E’la ragione per cui il governo tedesco sta valutando la possibilità di fornire assistenza finanziaria di emergenza alla Turchia.

Il motivo? I timori non più velati che che la crisi della lira turca possa avere un effetto a cascata sull’intera macro regione. I pro, i contro e le variabili.

QUI BERLINO

La cancelliera tedesca Angela Merkel, secondo alcune ricostruzioni di stampa, ha incaricato diversi ministeri di presentare un ventaglio di proposte, analitiche e rigorose, su come poter effettuare un ponte finanziario con Ankara.

Ufficialmente il ministero delle finanze di Berlino non commenta. Ma un punto significativo riguarda la garanzia di esportazione per le aziende tedesche, che rappresentano una fetta importante dell’export tedesco in Turchia. Ne hanno parlato, tra gli altri, anche Bloomberg e il Wall Street Journal, dopo che alcuni giorni fa da queste colonne avevamo riportato l’idea della Spd, con la leader Andrea Nahles, di immaginare un piano Marshall per Erdogan.

Ma la replica dello speaker del governo Steffen Seibert era stata diplomatica (“la questione degli aiuti tedeschi alla Turchia non è attuale per il governo federale”) anche se non di chiusura completa.

In vista della visita di Stato di Erdogan in Germania prevista per il 21 settembre tutto lascia credere che ci saranno novità in questo senso.

PRUDENZA

In Germania fioccano le opinioni su come la Cancelliera dovrebbe intervenire nella questione. Dalle colonne della Faz l’editorialista Rainer Hermann predica prudenza e sostiene che una Turchia stabile è sì nell’interesse della Germania, ma Ankara dovrebbe agire da sola. Quindi senza influire negativamente sui conti tedeschi. Anche perché, al momento, è altamente improbabile che il paese sia in grado di raccogliere i 170 miliardi di dollari di cui necessita per crescere da solo nei prossimi dodici mesi.

E l’aiuto del Qatar? “Solo una goccia nell’oceano, perché la Turchia ha bisogno di una grande infusione di capitale per stabilizzare la lira. Inoltre, un singolo paese non dovrebbe aiutare la Turchia, perché la Turchia dovrebbe prima farlo da sé, come ad esempio con la propria banca centrale alzando i tassi di interesse, che il presidente Tayyip Erdogan non vuole”.

QUI ANKARA

I numeri sono complicati, ma il governo mostra ancora serenità e non vede grandi rischi per l’economia. Così ha parlato il ministro delle Finanze Berat Albayrak (e genero di Erdogan) al quotidiano Hürriyet sostenendo che il debito dello Stato e delle famiglie è basso e il sistema finanziario stabile.

Ma il dollaro è salito del 2% rispetto alla lira, il che ha portato a un calo delle valute dei mercati emergenti. La banca centrale turca ha annunciato una serie di misure nelle ultime settimane per cercare di contenere la scivolata del conio nazionale che è di oltre il 40% nel solo 2018. Tuttavia gli investitori non credono che tale approccio possa essere un modo sostenibile di affrontare un’inflazione a due cifre e un deficit crescente.

Secondo gli ultimissimi dati l’indice di fiducia nell’economia di Erdogan è calata ai livelli più bassi fatti registrare nel 2009. E la lira è stata, assieme al peso argentino, la valuta dei mercati emergenti peggiore dell’anno.

Ma, oltre al dato economico, svetta su altri elementi quello relativo alla geopolitica e alla geografia delle nuove alleanze. Le relazioni della Turchia con la Russia non sono un’alternativa agli Stati Uniti e all’Unione europea e il paese può perfettamente bilanciare la sua politica estera: lo ha dichiarato il ministro degli esteri turco Mevlut Cavusoglu, (impegnato in una visita a Vilnius con la controparte Linas Linkevicius) a proposito del conflitto diplomatico in corso tra gli alleati della Nato e dopo che la Turchia aveva annunciato di voler iniziare a cercare nuove alleanze.

Cavusoglu ha criticato gli Stati Ue per intrattenere rapporti non chiari né sinceri con Mosca, e anche per aver adottato due pesi e due misure nei confronti della Turchia.

Un altro appuntamento importante sarà il prossimo 7 settembre quando in Iran si incontreranno i leader di Russia, Turchia e Iran per discutere degli sviluppi in Siria e su come trattare con i gruppi radicali islamici. Con sullo sfondo il grande rebus su chi potrà (o vorrà) aiutare davvero le finanze di Ankara.

twitter@FDepalo

 

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