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Tra i dossier che dividono l’Atlantico in questo momento c’è, in primo piano, l’Iran. Se l’amministrazione Trump è impegnata nel delineare una strategia di contrasto delle manovre di Teheran in Medio Oriente, al punto di minacciare di stracciare l’accordo sul nucleare (Jcpoa), l’Europa si distingue per un approccio più morbido nei confronti della Repubblica islamica e per la difesa strenua del Jcpoa. Ora, secondo una rivelazione di Reuters, le due sponde potrebbero avvicinarsi di nuovo, perché si starebbe abbozzando un’intesa tra Usa ed Europa per nuove sanzioni contro Teheran che ne puniscano le attività destabilizzanti nella regione ma non mettano a repentaglio il Jcpoa, anzi lo salvino da possibili incursioni di The Donald.

Sin dalla campagna elettorale, Trump ha criticato il Jcpoa definendolo “l’accordo peggiore di sempre”. A maggio, il presidente dovrà decidere se rinnovare la “sospensione” (waiver) delle sanzioni contro l’Iran o se introdurnre di nuove o addirittura, extrema ratio, rottamare definitivamente il Jcpoa. Le deficenze del Jcpoa per Trump sono troppe. Scade troppo presto (quindici anni), permettendo così all’Iran allo scadere dell’intesa di riattivare il processo di realizzazione dell’arma atomica in pochi mesi. Non dice nulla sul programma balistico di Teheran e sulla proliferazione di vettori presso i suoi alleati. E tace sull’aspetto più delicato di tutti, ossia il tentativo iraniano di egemonizzare il Medio Oriente attraverso una politica estera e di difesa particolarmente aggressiva. Tutti aspetti che l’amministrazione Trump vorrebbe riportare sotto controllo con una revisione del Jcpoa che introduca nuove clausole con cui domare Teheran.

L’Europa fino a questo momento ha reagito stizzita ai proclami trumpiani. Per bocca dei suoi principali leader, da Lady Pesc Federica Mogherini al primo ministro britannico Theresa May, il Vecchio continente si è trincerato in una linea di strenua difesa del Jcpoa, considerato un successo diplomatico irrinunciabile. Solo Emmanuel Macron si è dimostrato disponibile, già all’inizio del suo mandato, a prestare orecchio alle recriminazioni americane e ha proposto di avviare un processo di revisione del Jcpoa che tenga conto dei dubbi di Washington. Ma nelle altre capitali europee un simile passo è stato considerato pressoché impensabile, così come è considerato inconcepibile riprendere in mano un accordo che tanto entusiasmo aveva suscitato al momento della sua sigla nel 2015.

Adesso, secondo Reuters, in Europa si starebbe affacciando la disponibilità a tenere in debito conto le preoccupazioni americane. Reuters ha potuto visionare un documento attribuito a Gran Bretagna, Francia e Germania che sarebbe circolato ieri tra le capitali europee, in vista di una discussione da tenere questo lunedì in una riunione a porte chiuse dei ministri degli esteri dell’Ue. Il documento sarebbe il frutto di un intenso scambio avvenuto in queste ultime settimane tra le tre cancellerie e il Dipartimento di Stato.

Nel documento, si afferma che sono in corso “intensi colloqui con l’amministrazione Trump” per “ottenere una chiara e duratura riaffermazione dell’appoggio degli Usa all’accordo sul nucleare”. Ma per ribadire la bontà del Jcpoa è necessario che Teheran presti ascolto alle lamentele dell’Occidente, cosa che finora non ha fatto. “Ci stiamo irritando”, sottolinea infatti il paper. “Stiamo parlando con” gli iraniani “da 18 mesi e non abbiamo registrato alcun progresso su questi temi”.

Il documento cerca di mostrare come, da un punto di vista legale, le potenze europee possano evitare di violare i termini dell’accordo nucleare con l’approvazione di nuove sanzioni. In esso si dice che gli europei potrebbero “adottare sanzioni aggiuntive nei confronti dell’Iran” a patto che non riguardino i termini del Jcpoa, che Teheran effettivamente sta rispettando. Le nuove sanzioni sarebbero giustificate perché l’Iran sta portando avanti altre “attività destabilizzanti” come il programma di missili balistici. Si contesta in particolare il “trasferimento di missili iraniani e di tecnologia missilistica” alla Siria e ad altri alleati di Teheran come i ribelli houthi dello Yemen. “Una simile proliferazione di capacità missilistiche iraniane in giro per la regione”, conclude il paper, “è una fonte aggiuntiva e seria di preoccupazione”.

Oltre ai missili, il motivo dietro alle nuove ipotetiche sanzioni europee contro l’Iran risiederebbe nel comportamento inaccettabile di Teheran nella guerra in Siria, dove i Guardiani della rivoluzione, Hezbollah e varie milizie sciite inquadrate dall’Iran combattono al fianco del presidente siriano Bashar al-Assad. Per affrontare questo nodo il documento propone di allargare le sanzioni già esistenti relative alla Siria, che includono divieti di ingresso in Europa, il congelamento di beni di determinati individui o la proibizione di fare affari con aziende pubbliche e private.

Man mano che la rivelazione di Reuters è divenuta di dominio pubblico, è arrivata puntuale la replica di Teheran. Che per bocca del viceministro degli Esteri Araqchi fa sapere che “nuove sanzioni Ue avrebbero impatto diretto su accordo nucleare”. Questo fa capire il lavoro che attende chi, come Washington e ora anche le tre capitali europee, dovrà negoziare con Teheran un cambiamento dello status quo.

Gran Bretagna, Francia e Germania sembrano dunque aver ceduto alle pressioni di Washington. Bisogna vedere ora che fine farà il loro paper, una volta che si aprirà la discussione lunedì. La decisione deve essere presa infatti da tutti e 28 membri dell’Unione, e non è difficile immaginare qualche presa di distanza (interessante sarà conoscere la posizione italiana). Intanto, però, oggi le due coste dell’Atlantico sembrano più vicine.

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