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Il quadro dello scontro ai confini tra Israele, Libano e Siria è attualmente ben più complicato di quanto non sembri. Recentemente, ovvero alla metà del mese scorso, un alto grado delle forze di difesa di Israele ha annunciato pubblicamente che l’Iran sta organizzando un comando periferico in Libano, appunto, nell’area meridionale di quel Paese, zona tradizionalmente controllata da Hezb’ollah e da gran parte, ormai, dell’esercito regolare libanese, che è finanziato tradizionalmente dagli Usa e dall’Arabia Saudita.

Da Washington le FF.AA. di Beirut sono sostenute per oltre 1,5 miliardi di dollari, ma anche dai sauditi, per altri 3,5 miliardi di Usd, e Riyadh opera anche con finanziamenti per la sicurezza, l’intelligence e la polizia territoriale. L’Iran concederà ulteriori finanziamenti alle forze di Beirut al fine di creare un collegamento stabile tra Teheran e la costa mediterranea, peraltro uno degli obiettivi di grand strategy della dirigenza sciita nella guerra in Siria. E questo, certamente, modificherà l’atteggiamento dei sauditi e degli stessi Stati Uniti nei confronti delle forze armate libanesi.

Quindi, lo scontro aereo avvenuto in Siria e poi sul territorio israeliano, il 10 Febbraio scorso, ha comportato la perdita di un F-16C di Gerusalemme, decollato dalla base di Ramat David, che apparteneva al 110° Squadrone, di un F-15I che è stato colpito ma non distrutto dalla difesa aerea di Bashar el Assad, oltre al danneggiamento di alcuni aviogetti colpiti dalla contraerea siriana, di un elicottero di Israele colpito sui cieli delle fattorie di Sheba, infine di un drone di attacco, di fabbricazione iraniana, del tutto abbattuto.
E quindi hanno deciso, o magari accettato la decisione altrui, di colpire gli apparecchi dello Stato ebraico.

Gerusalemme ha, sulla base di una prima valutazione dei fatti perso la superiorità aerea nella regione libanese-siriana proprio nel momento in cui la Federazione Russa ha venduto, o ceduto, alla Siria di Bashar el Assad un sistema di missili terra-aria S-400, alla fine del novembre 2015. La Russia, quindi, dato il suo controllo pieno e incontrollato dello spazio aereo siriano e nel vasto contorno strategico della Siria, ha evidentemente avallato, de facto, i raid israeliani su obiettivi posti sia nelle aree siriane che in Libano. I raid di Gerusalemme sono già significativi.

Che cosa voleva e vuole mostrare dunque Israele con questi raid, l’ultimo dei quali risultato sfortunato per la “fionda di Davide”? In primo luogo, si vuol far capire a tutti i players regionali che la “red line” tra il territorio dello Stato ebraico e quello siriano-libanese è ancora pienamente vigente. In secondo luogo, ma questa questione è strategicamente primaria, Gerusalemme vuole mostrare quanto sia pericoloso, per l’Iran, cercare di costruire le sue nuove basi avanzate nell’area di confine tra il Golan e il fiume Litani in Libano e, infine, Israele vuole perfezionare sempre di più gli attacchi dall’aria per evitare, o posticipare, un intervento da terra.

Certamente, è molto probabile che esista una nuova base iraniana a sud di Damasco.
Una postazione soprattutto fornita di aviazione, ma interamente gestita e controllata dalla Forza Al Quds delle Guardie della Rivoluzione iraniana, con l’alta probabilità di aggiungere dei sottomarini nelle aree costiere controllate da Hezb’ollah in Libano.

Netanyahu ha poi chiesto ufficialmente a Vladimir Putin, durante la visita di Stato israeliana a Mosca del 29 Gennaio 2018, di contenere, da parte russa, le operazioni anti-israeliane dell’Iran in Siria. È poi molto probabile che il leader israeliano abbia fornito a Vladimir Putin anche una buona quantità di dati di intelligence sulla minaccia iraniana verso lo stato ebraico a partire dall’interno della Siria.

Una soluzione possibile è che, dopo la distruzione delle ultime sacche di resistenza dell’Isis-Daesh, la Russia stia davvero terminando le sue operazioni in Siria. E questo implicherà presto l’uscita anche degli iraniani e di Hezb’ollah, oltre che delle altre milizie sciite. Un ritorno in patria che sarà controllato, secondo le nostre fonti, dalla Federazione Russa e da altri attori regionali e globali, nessuno particolarmente interessato a favorire Teheran.

Se quindi Israele convincerà la Federazione Russa ad una parallela uscita dalla Siria, credibile e geograficamente verificabile, anche delle forze iraniane e filo-iraniane, allora la tensione sui confini, ma anche la linea di collegamento diretta tra Teheran e Beirut potrebbe essere interrotta o danneggiata.

Ma, certamente, lo stato ebraico non potrà non mantenere una sorveglianza attenta sui suoi confini, e verificherà con altre azioni, ma non necessariamente con l’aviazione, la volontà di Mosca di difendere ad oltranza le postazioni iraniane.

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