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È sempre più faticoso celare la preoccupazione per una escalation militare che ricorda gli anni più bui della guerra fredda. Nel lungo elenco degli attriti fra Stati Uniti e Russia c’è da registrare l’abbattimento di un jet militare russo Su-25 nella provincia di Idlib, nel nord-ovest della Siria. Lo hanno riferito gli attivisti dell’Osservatorio siriano per i diritti umani, un gruppo vicino all’opposizione con sede in Gran Bretagna. Secondo gli attivisti, l’aereo sarebbe stato abbattuto su cieli di Saraqib, città non distante da Idlib in mano a formazioni jihadiste. Si tratterebbe di gruppi di ribelli che Mosca da tempo segnala come vicini a Washington. Quel che è certo è che quel fighter, insieme ad altri aerei russi, aveva eseguito numerosi raid su Idlib nei giorni scorsi in una guerra non esplicita ma non per questo meno preoccupante. Al momento non è arrivato alcun commento ufficiale dal Cremlino ma è evidente che alla vigilia delle elezioni russe il clima si fa sempre più teso anche perchè Putin ha costruito tutta la sua immagine pubblica come uomo forte che risponde a brutto muso alle provocazioni altrui manifestando tutta la retorica patriottica della grande Russia.

La notizia dell’abbattimento del jet in Siria non è l’unica a far impensierire lo stato maggiore di Mosca. la diffusione, da parte del Pentagono, delle linee guida di una nuova politica di rafforzamento dell’arsenale nucleare con l’introduzione di due nuovi tipi di armi non ha certo fatto piacere. “Il contenuto della nuova dottrina nucleare ci ha profondamente deluso. La natura conflittuale e l’orientamento anti-russo di questo documento sono impressionanti”. Così il ministero degli Esteri, senza troppo diplomazia, ha voluto replicare. Aggiungendo che, “ovviamente dovremo tenere in considerazione l’approccio illustrato da Washington e adottare le misure necessarie per garantire la nostra sicurezza”. Ad allarme, allarme e mezzo.

E siccome non c’è due senza tre, non poteva mancare una novità anche sul fronte dell’Ucraina. Secondo quanto riferisce il portale d’informazione “Ukrinform”, il ministro della Difesa di Kiev Stepan Poltorak ha infatti avuto un incontro con il segretario di Stato Usa alla Difesa, Jim Mattis. Nel corso di questo vertice sarebbe arrivata la conferma della fornitura di armi (“letali”) da Washington la cui consegna avverrà “in tempi rapidi”. Sebbene i ministri continuino a ribadire la necessità di attuare gli accordi di Minsk, Poltorak ha buon gioco nel rimarcare che l’impegno americano è “un grande segno per l’Ucraina che il paese non è lasciato solo contro l’aggressione russa”. Che siano solo provocazioni o meno, c’è da scommettere che al Cremlino non siano affatto ore facili.

mediterraneo daghestan, Russia, Putin

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