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AAA 1 miliardo di euro cercasi. Questo l’obiettivo di Banca Carige, che entro la fine dell’anno, come da indicazioni delle Bce, dovrà reperire risorse per questa cifra. Mentre nel nuovo piano industriale al 2020, presentato dall’ad Paolo Fiorentino (nella foto), l’istituto di credito prevede l’uscita di mille lavoratori, ovvero il 20% dell’attuale forza lavoro.

IL RAFFORZAMENTO PATRIMONIALE

Il rafforzamento patrimoniale da 1 miliardo totale appena annunciato in occasione della presentazione del piano a Milano è maggiore rispetto ai 700 milioni tra aumento di capitale (500) e cessioni (200) che erano già stati comunicati quest’estate. Ora la novità è che la banca punta a ottenere almeno 400 milioni dalle vendite di asset e dall’Lme, ossia la conversione volontaria delle obbligazioni subordinate in obbligazioni senior a un valore sotto quello nominale (da qui arriverà l’incasso). Inoltre, si stima che arrivino benefici per 80 milioni dai modelli di rwa (asset ponderati per il rischio) e si prevedono 60 milioni di azioni in più da emettere per consentire a qualcuno degli obbligazionisti senior di convertire i propri titoli in equity, cosa che porterà l’aumento di capitale di fatto a 560 milioni. Il rafforzamento patrimoniale servirà principalmente per ripulire la banca dai crediti deteriorati che dovrebbero così scendere dagli attuali oltre 7 miliardi a 3,4 miliardi nel 2018. Il piano prevede inoltre la chiusura di 120 filiali.

I TAGLI DEL PERSONALE

Si tratta di un piano, ha spiegato Fiorentino, che prevede misure “anche dolorose” ma con il quale “vogliamo girare pagina e toglierci di dosso la zavorra degli npl”. I dolori arriveranno soprattutto per i lavoratori, visto che si prevede di aumentare le uscite dalle 500 che erano state previste a febbraio dall’ex ad Guido Bastianini fino a quota mille, ossia un quinto della forza lavoro (circa 5mila persone). “Tutte queste azioni sono fondamentali, non ce n’è una che possiamo mancare” ha messo in guardia Fiorentino con riferimento all’aumento, all’Lme e ai tagli dei costi. Del resto, la Bce ha imposto tempi stretti: bisognerà fare tutto entro fine anno. L’autorità di vigilanza europea dovrebbe dare l’ok all’aumento e all’Lme prima dell’assemblea degli azionisti del 28 settembre.

LA CONVERSIONE

“Auspichiamo che anche i bondholder si facciano carico della responsabilità” del rafforzamento patrimoniale, ha aggiunto il direttore finanziario, Andrea Soro, alludendo al fatto che con ogni probabilità la proposta di conversione non sarà particolarmente vantaggiosa per gli investitori. L’operazione di Lme dovrebbe partire già a ottobre e perfezionarsi prima dell’aumento di capitale, che dovrebbe invece partire a novembre. I vertici della banca non vogliono nemmeno prendere in considerazione la possibilità che l’Lme possa saltare. Tuttavia, Fiorentino, rispondendo a una domanda precisa, ha ammesso che in quel caso bisognerebbe rimettere mano al piano. “Ma si tratta di un’ipotesi fortemente residuale”, ha specificato, prima di ribadire di essere “confidente” sulla riuscita dell’operazione nel suo complesso.

IL SOCIO DI MAGGIORANZA

L’azionista di maggioranza e vicepresidente della banca, Vittorio Malacalza, presente all’evento milanese, ha apprezzato il piano ma non si è sbilanciato sulla sottoscrizione dell’aumento (“questo è un altro discorso”, ha detto). Alla famiglia, l’investimento in Carige sta costando circa 230 milioni di perdite potenziali, ma “non me ne importa niente – ha affermato Vittorio Malacalza – bisogna recuperare Carige”. Eppure la proposta della famiglia Malacalza di salvaguardare il diritto di opzione in occasione dell’aumento di capitale (mentre il cda ha previsto anche l’alternativa con esclusione del diritto) fa pensare che sia intenzionata a seguire la ricapitalizzazione, almeno per i circa 90 milioni di sua spettanza. Tale proposta, di fatto alternativa rispetto a quella del cda guidato da Fiorentino, non ha creato tuttavia alcuno shock, ha garantito l’ad di Carige.

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