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Sin dall’inizio del conflitto in Ucraina il bacino del Mar Baltico è stato interessato da particolari fenomeni di interferenza nei segnali radio, inficiando le capacità di comunicazione di velivoli e vascelli operanti nella zona al punto tale da spingere, in alcune occasioni, a delle sospensioni nei servizi di trasporto e comunicazione. Fin da subito si è intuito che la causa (diretta o indiretta) di questi malfunzionamenti fosse individuabile nell’attività di Mosca, tanto che lo scorso marzo otto Paesi europei hanno presentato un reclamo alle Nazioni Unite in merito a questa vicenda, con diverse agenzie dell’Onu che si sono occupate della questione; tuttavia, non c’erano ulteriori prove che confermassero l’origine russa dei suddetti disturbi. Almeno fino ad oggi.

Un team di ricercatori internazionali, guidati dal professore aggiunto presso l’Università Marittima di Gdynia Jaroslaw Cydejko, sarebbe infatti riuscito ad individuare i luoghi d’origine delle interferenze. Secondo Cydejko la Russia avrebbe impiegato sia tecniche di jamming che di spoofing, notando però che nel 2025 l’interferenza si è spostata più marcatamente dal blocco dei segnali (quindi dalle attività di jamming) alla loro falsificazione (raggiunta attraverso tecniche di spoofing), sulla base delle osservazioni del suo gruppo di ricerca.

Alcuni punti specifici emergono dallo studio condotto dal team di ricercatori. Due fonti di origine sono state individuate nelle aree di Baltyisk e Okunevo, site all’interno dell’exclave russa di Kaliningrad e note per la presenza di unità di guerra elettronica e siti di antenne militari; altre fonti sono state invece rintracciate nell’area di San Pietroburgo, dove è risaputo siano schierate unità specializzate in guerra elettronica e radio.

La Russia è stata accusata da alcuni governi occidentali di condurre volontariamente queste attività come parte di un più ampio sforzo di hybrid warfare. Ma potrebbe non essere questa la spiegazione. L’interferenza intorno alle strutture militari è una prassi comune, soprattutto per i Paesi in guerra, ha sottolineato Cydejko, secondo cui l’interferenza sul Mar Baltico e negli Stati Nato confinanti è in gran parte collaterale, e non è lo scopo effettivo dell’operazione russa, che invece mirerebbe a impedire attacchi con sistemi che sfruttano la navigazione satellitare, come ad esempio gli Unmanned Aerial Systems.

A causa di questi disturbi alcuni Paesi stanno riscoprendo tecnologie di navigazione terrestri alternative ai satelliti. Tra queste vi è ad esempio l’R-Mode Baltic, sviluppata da Germania, Polonia, Svezia, Norvegia, Finlandia ed Estonia (con la Danimarca come partner associato), che basa il suo funzionamento su segnali provenienti da stazioni terrestri per fornire una posizione accurata alle navi. Il progetto, guidato dal centro aerospaziale tedesco Dlr, punta a diventare operativo entro il 2026. Anche altri Paesi, come Regno Unito (con il sistema eLoran), Corea del Sud, Russia, Cina, India, Arabia Saudita e Stati Uniti, stanno investendo in sistemi terrestri simili per rafforzare la resilienza della navigazione. Difficile, in un mondo dove le tecnologie dual-use stanno divenendo sempre più centrali, non pensare a possibili applicazioni militari di queste capacità.

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