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Con l’avvicinarsi delle elezioni in Moldavia, le attività di influenza esercitate dalla Federazione Russa nei confronti del Paese ex-sovietico sono naturalmente cresciute di intensità. Tra i vari canali attraverso cui viene esercitata questa influenza vi è quello religioso, che si appoggia alla profonda fede della popolazione moldava (circa due terzi della popolazione si dichiara credente) e alla vicinanza del suo apparato ecclesiastico all’architettura religiosa dell’ortodossia russa.

Un’inchiesta di Reuters ha rivelato come tra giugno e ottobre 2024 centinaia di sacerdoti e laici legati alla Chiesa moldava abbiano partecipato a “pellegrinaggi” interamente spesati in territorio russo, incentrati su visite a santuari e lezioni di teologia e storia atte a sottolineare la profonda unione di fede (e non solo) tra Russia e Moldavia, oltre che il bisogno di unire le forze per resistere a un Occidente “moralmente corrotto”; inoltre, in occasione delle visite ai luoghi di culto sono stati consegnati ai partecipanti voucher per acquistare icone e oggetti sacri, o addirittura carte di debito emesse da enti bancari russi, intestate e pronte all’uso, con la promessa di un bonifico al rientro in territorio moldavo. In cambio, ai partecipanti è stato chiesto di sfruttare la propria influenza per contrastare la narrativa dell’integrazione europea e sostenere i partiti vicini a Mosca.

Tra l’estate 2024 e la primavera 2025 sono nati quasi 90 nuovi canali Telegram “ufficiali” di parrocchie ortodosse, che rilanciano a ritmo quotidiano gli stessi contenuti. Il principale hub è un canale nazionale, Sare şi Lumiña (Sale e Luce), che tra maggio e agosto ha pubblicato oltre 600 messaggi, quasi il triplo dei quattro mesi precedenti, raggiungendo decine di migliaia di utenti. In tutti questi contenuti si contrappone una Moldavia “di fede” a una Moldavia che sta “con l’Europa”, si stressa come quest’ultima promuova l’imposizione di identità Lgbt, la “distruzione della libertà di culto”, la perdita delle radici.

Le posizioni dei vertici ecclesiastici filo-Mosca sono note. L’arcivescovo Marchel, figura di spicco della Chiesa moldava, parla spesso “dei pericoli dell’Europa” e del dovere di difendere i valori tradizionali. Durante una messa di settembre nella villaggio di Slobozia-Măgura, ha ribadito la sua contrarietà a un’Europa “che porta i gay”, parole che mostrano l’intreccio tra predicazione morale e indirizzo politico. Ai reporter, Marchel ha definito “pellegrinaggi” le visite in Russia e “strumenti per acquistare oggetti religiosi” le carte di pagamento, negando qualsiasi regia politica.

Ma a spingere questi canali religiosi sembra che ci siano esponenti dell’apparato politico russo. L’analisi di video su YouTube condotto da Reuters e testimonianze di sacerdoti che hanno partecipato alle visite ha permesso di identificare tra gli accompagnatori tre figure legate al partito del presidente russo Vladimir Putin, “Russia Unita”, o al movimento gemello Fronte del Popolo: Artyom Starostin (ex capo del comitato esecutivo regionale di Russia Unita a Vladimir, oggi dirigente locale del Fronte del Popolo), Alexander Ralnikov (già portavoce di un governatore filo-Cremlino) e Sergei Lazarev (ex pubblicitario e consigliere municipale di Russia Unita).

“L’aspetto più immorale dell’ingerenza russa nelle elezioni moldave è l’uso dell’istituzione più rispettata: la Chiesa” è il commento rilasciato a Reuters da Stanislav Secrieru, consigliere per la sicurezza nazionale della leader moldava Maia Sandu. Ma a prescindere dalla moralità, è difficile credere che il Cremlino non cerchi di trarre vantaggio da uno strumento di influenza così importante in delle elezioni con un significato che va ben oltre i confini del Paese.

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