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Si è tenuto a margine del G20 di Bali l’incontro bilaterale tra il presidente degli Stati Uniti Joe Biden e il presidente cinese Xi Jinping. I comunicati pubblicati dalle due rispettive cancellerie (Usa, Cina) mostrano alcune lievi, ma significative differenze, che la dicono lunga sulle visioni delle due potenze. Su questo, e molto altro, abbiamo chiesto un commento al sinologo Francesco Sisci.

Cosa raccontano a un occhio attento i due comunicati ufficiali?

Partendo dalla lettura dei due comunicati si evincono alcune differenze importanti. Gli americani sottolineano l’elemento di competizione, anche se ricordano che non è una guerra fredda. Nella versione cinese questo elemento non c’è. Viene comunque riportato che la Repubblica Popolare vuole la pace ma, senza infingimenti, si sottolinea che continuerà a perseguire iniziative politiche globali conformi agli interessi cinesi.

Le differenze non sono banali e infatti entrambi concordano sul fatto che la discussione sia stata candida, franca. Io credo che questo sia il fattore più importante. Dirsi le cose francamente è il primo passo poi per risolvere le cose, o quantomeno per capire la posizione dell’altro. Per evitare errori e incomprensioni che possono avere conseguenze molto gravi se riguardano due grandi potenze.

Un altro elemento centrale è che la Cina condanna non solo l’uso ma la minaccia dell’uso di armi nucleari. Un messaggio molto forte a Vladimir Putin, che ne esce più isolato. Si nota che l’avere avuto un discorso “candido” con la Cina non l’ha spinta tra le braccia della Federazione Russa, ma anzi ha ulteriormente isolato Mosca.

Qual è il quadro geopolitico che questo incontro ha sancito?

Io credo che questo sia un contesto in cui Cina e Stati Uniti sono competitori, se non avversari. Non fanno più finta di essere amici, anche se i cinesi dicono sostanzialmente che dovrebbero tornare ad esserlo. Ma questo non mi sembra che ci sia nel comunicato americano.

A questo proposito osserviamo un ritorno alle dinamiche della Guerra Fredda. Esistevano diversi campi in cui Usa e Urss collaboravano. Ad esempio, erano entrambi nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu, oppure Mosca vendette petrolio a Washington durante la crisi petrolifera degli anni Settanta. Insomma, a fronte di vasti settori di non collaborazione, ve ne erano svariati in cui si cooperava.

E’ in questo senso che io vedo oggi un’atmosfera simile. Le due potenze non concordano su diversi elementi, ma si ritagliano spazi in cui possono stare insieme, come ad esempio l’ambiente. Siamo oggi di fronte a un nuovo stadio. Una cosa importante è che forse è finita la spirale incontrollata della degenerazione dei rapporti. Certo, rimane la competizione. Se vogliamo essere un po’ cattivi è una seconda guerra fredda, con caratteri leggermente diversi dalla prima.

Il presidente cinese come presenterà questo episodio in patria?

Xi Jinping riporta un successo. In patria può raccontare di avere incontrato Joe Biden come e quando voleva, ovvero dopo il Congresso del Pcc. In più, il discorso tra i due è stato “candido”, ovvero se le sono dette. Non vedo elementi che indeboliscano Xi, anzi.

La conoscenza personale tra i due ha giocato un ruolo?

Xi e Biden si conoscono da diversi anni, da quando erano entrambi vicepresidenti. La verità, però, è che Cina e Stati Uniti sono nazioni estremamente strutturate, nel senso che i rapporti tra i due Paesi non dipendono certo dagli umori di un singolo, ma esiste un processo dialettico in entrambe le direzioni, tra presidente al potere e apparati statali. Sia in Cina che negli Usa. Di certo vi è stato un allontanamento delle strutture dei due Paesi che non si parlano più, anche per il Covid. Il fatto che Biden e Xi si conoscessero forse ha facilitato i primi rapporti umani, ma non ha avuto alcun peso reale. Le dinamiche personali hanno un valore nei paesi meno strutturati, non altrettanto nelle grandi potenze.

Xi e Biden definiscono le regole delle nuova guerra fredda. Il punto di Sisci

L’incontro tra Joe Biden e Xi Jinping è stato caratterizzato da un dialogo franco e bollato come positivo da entrambe le cancellerie. Siamo entrati in un nuovo stadio delle relazioni Usa-Cina, molto simile alla Guerra Fredda, ovvero molta competizione e qualche area di cooperazione. Il commento del sinologo Francesco Sisci

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