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La guerra in Ucraina, oltre a colpire masse di poveri già poveri, ha colpito anche le fortune di alcuni tra gli uomini più ricchi del Paese. Prima dell’invasione queste persone regolavano la vita economica e politica ucraina gestendo sostanzialmente qualunque settore produttivo. La guerra ha sparigliato le carte.

Chi possiede mezzi di traporto, miniere e impianti ha visto le bombe cadere sulle infrastrutture. Chi possiede banche e sistemi di telecomunicazione ha visto gli attacchi cibernetici e gli espropri russi. Chi possiede terreni agricoli fa i conti con le mine e il crollo delle esportazioni.

Secondo il quotidiano Politico, la presa degli oligarchi sulla vita del Paese ne ha risentito. Anche prima della guerra Volodymyr Zelensky aveva portato avanti degli sforzi per ridurne l’influenza politica e l’invasione avrebbe dato maggiore enfasi a questa spinta. Inoltre, la garanzia di misure anti-corruzione (endemica in Ucraina) è spesso una condizione per la concessione di aiuti a Kiev, anche per evitare che si disperdano o finiscano nelle mani sbagliate.

Per fare degli esempi, Rinat Akhmetov, l’uomo più ricco d’Ucraina, è il proprietario del colosso metallurgico Metinvest. Il gruppo ha perso due dei suoi principali impianti nel sud del Paese: Ilych Iron and Steel Works e l’acciaieria Azovstal. Quest’ultima tristemente celebre in Occidente nei primi mesi di guerra per essere divenuta l’epicentro di una lunga battaglia. Le altre attività di Akhmetov (impianti energetici, banche, fattorie e miniere) sono state danneggiate o sequestrate dai russi.

Secondo la rivista Forbes, le ricchezze di quest’uomo ammonterebbero oggi a “soli” $4.3 miliardi, una bella riduzione dai 14 pre-invasione. Anche se il suo portavoce ha affermato che le stime andranno accertate quando le ostilità saranno concluse, dato che con i missili che continuano a colpire è molto difficile ottenere dati precisi.

I rapporti tra Akhmetov e Zelensky non devono essere particolarmente cordiali. Da un lato l’oligarca ha contribuito alla difesa ucraina con materiale (come elmetti ad esempio) per $100 milioni, dall’altro il presidente ucraino non si sarà dimenticato del tentativo di colpo di Stato filo-russo che avrebbe coinvolto anche Akhmetov nel novembre 2021.

Un altro esempio interessante è quello dell’ex presidente Petro Poroshenko. Oltre a essere un politico di primo piano in Ucraina, Poroshenko è diventato famoso come il “re del cioccolato”. Nel 1995 ha riunito le sue varie aziende di confezionamento e lavorazione di cacao e altri dolci nel gruppo Roshen, un conglomerato che, prima della guerra, operava in 35 Paesi con un giro d’affari di circa un miliardo di dollari, secondo Forbes.

Prima dell’invasione aveva dovuto difendersi dalle accuse di alto tradimento e di promozione del terrorismo. Ovvero di aver favorito i rifornimenti di carbone a Kiev dai territori occupati del Donbas invece che da altri fornitori. Dopo il 24 febbraio 2022, le televisioni di Poroshenko hanno smesso di attaccare politicamente Zelensky per abbracciare un approccio più patriottico e unitario. Tuttavia, il suo sostegno alle forze ucraine non l’ha salvato dalle accuse del presidente in carica di cercare eccessivo consenso tra i soldati.

Non si è salvato nemmeno il “padrino” di Zelensky. Ihor Kolomoisky ha giocato un ruolo fondamentale nel promuovere l’ascesa dell’attuale presidente tramite il suo impero mediatico. Tuttavia, i legami con Zelensky non hanno impedito agli Stati Uniti di processare l’oligarca per aver riciclato miliardi negli Usa. La sua principale banca (Privatbank) è stata sequestrata dalle autorità dopo il rinvenimento di un buco da 5 miliardi e Kiev vorrebbe spogliarlo della cittadinanza ucraina visto che ha i passaporti di Israele e Cipro. Se non bastasse, a novembre il governo ucraino ha invocato la legge marziale per prendere il controllo di Ukrnafta, la società nazionale leader del settore energetico, in gran parte controllata da Kolomoisky.

Il popolo ucraino non vuole chinare il capo di fronte ai russi. Ci si augura che non voglia più inginocchiarsi nemmeno di fronte ai propri oligarchi. Il 31 dicembre il ministro della Difesa ucraino, Oleksii Rexnikov, ha lanciato un monito: la Federazione Russa vuole lanciare una nuova campagna di reclutamento nelle prossime settimane e cominciare una nuova offensiva in primavera.

Dopo la sconfitta nell’oblast’ di Kharkiv a settembre, il presidente russo Vladimir Putin aveva ordinato una prima ondata di mobilitazione in Russia, arruolando, secondo le stime ufficiali russe, più di 300.000 uomini. Il 31 ottobre, il Ministero della Difesa russo ha comunicato la fine della mobilitazione, ma Putin non ha mai pubblicato l’ordine di cessazione della leva. Il governo russo ha sempre insistito sull’inutilità di una nuova campagna di reclutamento, sostenendo che la prima sia stata sufficiente

Photo credit: NV.ua 

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