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Si fa presto a dire amici. Dichiarazioni a mezzo stampa e strette di mano non bastano a fare un’alleanza. Succede così tra Cina e Russia, ai tempi della guerra scatenata dal Cremlino contro l’Ucraina. L’ex Urss è tecnicamente insolvente verso i creditori esteri, e dunque sarebbe in default. Nella realtà, non lo è, ma certamente qualcuno a Mosca dovrebbe cominciare a guardarsi le spalle proprio da quella Cina quasi amica.

Il perché lo spiega un report del Peterson Institute, che mette ben in evidenza un fatto: non è vero che la Cina sta aiutando la Russia a tutti i costi, le sanzioni imposte dall’Occidente hanno notevolmente ridotto le esportazioni cinesi nella Federazione, di quasi il 40%. E sono diminuite anche le importazioni di beni russi nel Dragone.

Insomma, la Cina compra e vende beni con la Russia in misura molto minore rispetto al passato, proprio invece quando servirebbe uno sforzo. Tutto questo ha una ragione ben precisa, spiegata dallo stesso ente di Washington. Non conviene a Pechino aiutare un Paese sotto sanzioni, anche perché queste ultime, come più volte fatto capire dagli stessi Stati Uniti (qui l’intervista a Carlo Pelanda), potrebbero estendersi alla medesima Cina.

“Dopo l’Unione Europea, la Cina è oggi il secondo maggior contributore al calo delle importazioni russe dall’invasione”, afferma l’autore del rapporto, il ricercatore senior Martin Chorzempa. “Uno dei successi cruciali delle sanzioni occidentali è che la Cina e altri Paesi che vorrebbero salvare la Russia hanno trovato difficile farlo e per loro non è prudente provarci”.

Secondo Chorzempa è importante “osservare ciò che fa la Cina, non solo ciò che dice”. Ricordando due casi eclatanti, di cui uno raccontato proprio da questa testata: China UnionPay che ha rifiutato di lavorare con le banche russe per fornire carte di pagamento dotate di chip e Huawei, il gigante tecnologico pesantemente sanzionato dagli Stati Uniti a causa di problemi di sicurezza nazionale, che ha ridotto le sue operazioni nell’ex Urss.

Attenzione, c’è un altro dato che dà la cifra circa l’efficacia delle sanzioni. Quello diffuso dallo stesso governo russo, nel quale viene indicato l’impatto sui singoli comparti industriali della Federazione, in termini di produttività, tra maggio del 2022 e quello dello scorso anno. Ebbene, auto -96,7%, camion -39,3%, motori a scoppio -57%, vagoni ferroviari -59,8 %, vagoni merci -51,8 %, cavi in ​​fibra di vetro: -80,8 % frigoriferi -58,1 % lavatrici -59,2 % motori elettrici -49,9 ascensori -34,7 escavatori-60 %. Insomma, se i numeri non mentono…

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