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Dopo due giorni di resistenza attiva, riguadagnando aree perse nelle primissime fasi dell’invasione, l’Ucraina dimostra di avere capacità operative a livello degli standard Nato, e sebbene un ingresso come membro nell’alleanza sia una questione improbabile e di valore politico (tra quelle che hanno portato all’attacco Vladimir Putin), sarà difficile negare che per valore e modelli di combattimento non ne sia all’altezza.

Nella capitale ucraina si combatte, Kiev si difende, “siamo qui” come ha detto il presidente Volodymyr Zelensky in due video che hanno fatto milioni di visualizzazioni girati ieri sera, venerdì 25 febbraio, e questa mattina dalle strade davanti ai palazzi dell’amministrazione, nel centro cittadino. Zelensky ha voluto dare coraggio alle truppe e contemporaneamente smentire la disinformatia russa che aveva fatto uscire notizie su una sua fuga dal Paese. Associated Press racconta dettagli tramite un fonte statunitense informata: Washington ha chiesto a Zelensky di lasciare il Paese per ragioni di sicurezza politica (il presidente ucciso o arrestato sarebbe stato un ulteriore problema), ma lui ha risposto: “La lotta è qui; ho bisogno di munizioni, non di un passaggio”.

Se Putin è ossessionato come è dal lasciare un segno eroico nella storia russa, forse l’attacco a Kiev non solo gli costerà il peso di un possibile tribunale di guerra e un complicato lavoro di riqualificazione internazionale, ma permetterà piuttosto anche di lasciare quel segno al suo attuale nemico. Un presidente ucraino che continua a chiedere un faccia a faccia al leader del Cremlino; che attacca l’Occidente indeciso nella sua difesa e domanda aiuto di mediazione a Israele (considerato l’unico intermediario affidabile in grado di parlare con il Cremlino, fa sapere Kiev, mentre Mosca accetta un ruolo di Pechino); che usa le sue qualità di showman televisivo e politico populista per raccontare la resilienza del suo popolo e le capacità del suo esercito.

È ormai credibile che il piano di Mosca preveda di raggiungere rapidamente una condizione di assedio a Kiev insostenibile per Zelensky e fargli chiedere pubblicamente la resa sua e di tutte le truppe nel Paese. Ogni ora che passa senza il raggiungimento dell’obiettivo per la Russia si complicano i piani e si moltiplicano i costi, economici, politici e diplomatici. L’ucraino lo sa e tara su questo la sua contro-offensiva.

Forse una parte di quelle munizioni che chiede arriveranno dalla Nato, che con un vertice straordinario ha deciso ieri di inviare equipaggiamenti in Ucraina e di rafforzare il fianco orientale di contatto con la Russia. L’alleanza movimenterà le Rapidly Response Force, unità terrestri, navali, aeree e forze speciali fornite annualmente a rotazione dai membri, attive h24 per 365 giorni all’anno. Create nel summit di Praga del 2002, dopo il primo attacco ibrido russo contro l’Ucraina nel 2014, sono state implementate con le “Spearhead”, forze a prontezza d’azione “molto alta”: sono pensate per la risposta a una crisi. Saranno attivate a protezione delle zone sensibili del Baltico, Romania, Polonia.

Anche in questo caso l’effetto dell’invasione di Putin non si è portato dietro granché, anzi. Il rafforzamento del fronte Nato ha coinciso con annunci per Mosca preoccupanti delle volontà di Svezia e Finlandia di entrare nell’alleanza. Il Cremlino ha annunciato “ritorsioni di carattere politico e militare”, una minaccia pazzesca contro Helsinki e Stoccolma — due membri Ue — che arriva mentre è in corso un’invasione militare russa. Come a dire “sarete i prossimi”. Un contesto che ha portato in strada migliaia di persone in Georgia, che con la Moldavia sente il peso dei “conflitti congelati” russi e teme uno scenario simil-ucraino.

Sul campo, mentre Internet è sotto attacco cyber, procede l’invasione dal fronte sud, sud-est (dove si trova la foce del Dniepr e lungo la linea costiera del Mar d’Azov). Questa è l’unica zona del Paese in i russi hanno ottenuto buoni risultati: hanno preso Kherson, l’hanno superata e procedono sdoppiati lungo l’asta del fiume Dniepr. Una parte per muoversi su Mykolaiv, un’altra si muove verso est in direzione della città di Melitopol.

A nord-est pare che i russi siano stati obbligati a cambiare tattica per conquistare Kharkiv, città che già ai tempi del conflitto del Donbas era stata oggetto della difesa ucraina: ora vorrebbero aggirarla, rinunciando a uno sfondamento frontale. In piccolo, quanto sta accadendo qui racconta il procedere dell’intera operazione. Nelle zone orientali le forze del Cremlino non sono riuscite a sfondare le linee di difesa ucraine, ma potrebbero non aver forzato troppo la mano, per concentrarsi altrove, per tenere impegnati lì i nemici.

A Kiev l’accerchiamento a tenaglia procede a due velocità: quello occidentale scende da Chernobyl (dove la disinformazione gioca con la guerra e i resti tombati del tristemente noto reattore) ed è nell’hinterland di Obolon, dove ormai ci sono combattimenti urbani; quello dalla fascia orientale è più lento e si è bloccato a Chernihiv (a est del fiume Dniepr) da due giorni. Va sottolineato che le unità attorno alla capitale sono forze speciali con mezzi leggeri: brigate meccanizzate più pesanti sono in arrivo e quello potrebbe rendere la tenuta Ucraina più difficile. Da aggiungere anche che la Russia non vuole ancora spingere al massimo l’acceleratore per evitare tante vittime civili che sarebbe difficile giustificare davanti ai propri cittadini — i quali già manifestano contro l’invasione.

Nella notte, una fonte della Difesa statunitense ha confermato l’abbattimento di due IL-76 russi a sud di Kiev. Si tratta di grandi aerei cargo usati per il trasporto di truppe e mezzi. Un doppio colpo durissimo per la Russia, che aspetta quei rinforzi su Kiev e soprattutto ha puntato molto sull’assalto su più punti tramite truppe aviotrasportate. I sistemi antiaerei dell’Ucraina si stanno invece dimostrando ragionevolmente validi nonostante l’incessante campagna per neutralizzarli — hanno abbattuto otto aerei in 48 ore. Questo è uno dei fattori tattici più notevoli. È certamente presto per certe considerazioni, ma al momento non si è vista prevalere l’innegabile superiorità aerea e tecnologica della Russia.

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