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Pacifico di nome, non di fatto. La risposta di Joe Biden alla caduta dell’Afghanistan si chiama AUKUS. È la nuova alleanza militare lanciata da Stati Uniti, Australia e Regno Unito nell’Indo-Pacifico per contrastare l’aggressività di Pechino nel quadrante geopolitico più sensibile per l’Occidente.

Una video-conferenza stampa congiunta di Biden e dei primi ministri inglese e australiano, Boris Johnson e Scott Morrison, annuncia la svolta: l’Australia costruirà una flotta di sottomarini nucleari. A dispetto del nome, si affrettano a chiarire in coro i tre leader, saranno armati da “armi convenzionali”, ma alimentati a energia nucleare.

Non è un dettaglio da poco: finora solo una manciata di potenze presenti nel Pacifico hanno disposto di una simile arma. Gli Ssbn, i sottomarini nucleari che da decenni solcano gli oceani trasportando missili balistici, sono rimasti prerogativa di Stati Uniti, Russia, Regno Unito, Francia. Dotare l’Australia di una nuova flotta significa alzare drasticamente il livello della deterrenza cinese in quei mari, e dunque, potenzialmente, le probabilità di un confronto diretto.

“Faremo fronte comune contro le comuni minacce del ventunesimo secolo, esattamente come abbiamo fatto nel ventesimo, nella prima e nella seconda guerra mondiale, in Corea e nel Golfo Persico”, spiega Biden dal suo podio alla Casa Bianca. “Marinai, scienziati, industrie collaboreranno sulla cybersicurezza, le tecnologie critiche, il quantum computing”, aggiunge. Come a sottolineare: la costruzione della nuova flotta australiana sarà un grande laboratorio per un’alleanza nel campo tecnologico.

Poi la road map: “Ci sarà un periodo di consultazione di 18 mesi per valutare ogni elemento di questo programma, dalla forza lavoro agli impegni per rispettare in pieno la non proliferazione nucleare”. Sarà “il primo test” dell’alleanza, recita il comunicato congiunto, dunque ne seguiranno altri. E una grande occasione per mettere insieme i campioni nazionali nel settore tech, navale e dell’ingegneristica. Downing Street fa già due nomi: gli stabilimenti della Rolls Royce vicino Derby e quelli di BAE Systems a Barrow, sul Mare irlandese.

Nessuno dei tre capi di governo nomina la parola “Cina” durante l’annuncio. Ma Pechino è la convitata di pietra. Accanto alle alleanze già consolidate nella regione, il Quad nel campo militare, l’Asean in quello economico, i Five Eyes per l’intelligence, gli Stati Uniti aggiungono l’ultimo tassello. “Riflette la più ampia tendenza di alcuni Paesi chiave europei che ricoprono un ruolo importante in quel quadrante – dice Biden, facendo un solo nome, “la Francia in particolare ha una forte presenza”.

Mentre prosegue il ritiro strategico dall’Asia centrale, gli Stati Uniti di Biden danno forma a una promessa pronunciata tanti anni fa dall’amministrazione Obama e mai messa in pratica. Il piano del “Pivot to Asia” inizia a entrare in azione. La Cina aveva previsto il rischio. Non a caso, all’indomani della caduta di Kabul nelle mani dei talebani, i giornali del Partito comunista cinese hanno dato il via a una campagna di propaganda mettendo sullo stesso piano della capitale Afgana la “Kabul” del Pacifico, Taiwan, l’isola più militarizzata al mondo che ogni giorno vive sotto la minaccia di un’invasione militare cinese. Da Washington un mese dopo è arrivata una risposta eloquente.

Il riscatto da Kabul ha un nome: Aukus. Biden sfida la Cina nel Pacifico

Si chiamerà Aukus e sarà un’alleanza militare fra Stati Uniti, Australia e Regno Unito nell’Indo-Pacifico. Biden, Johnson e Morrison annunciano insieme il guanto di sfida a Xi: una flotta di sottomarini nucleari australiani. Ma l’intesa sarà anche sulle tecnologie emergenti. Dopo l’addio a Kabul, il Pivot to Asia prende forma

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