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Il giorno in cui Joe Biden ha costruito il perimetro dei suoi primi cento giorni e inquadrato la Cina come sfida cruciale nel suo primo discorso davanti al Congresso, il portavoce del ministero della Difesa cinese ha affermato che le operazioni di ricognizione delle Forze armate statunitensi nei pressi della “costa cinese” sono aumentate di oltre il 20 per quel che riguarda le navi da guerra e del 40 per cento per gli aerei.

Quando i funzionari del governo di Pechino parlano di “costa cinese” includono anche territori come quelli bagnati dal Mar Cinese, dove sono in corso rivendicazioni territoriali, o lo Stretto di Taiwan, che divide il mainland dall’Isola che il Partito/Stato considera una provincia ribelle da riannettere anche con la forza.

Il dato riguardava aprile ed era riferito allo stesso periodo dell’anno scorso, sotto l’amministrazione di Donald Trump. Le attività di contenimento sono effettivamente in corso, e la Casa Bianca sta coinvolgendo in queste anche i cosiddetti “like-minded states”, ossia coloro che hanno un modo di vedere il mondo simile alle democrazie liberali-occidentali.

Per Biden questo è l’elemento che deve fare da collante contro l’ascesa cinese, che secondo gli Stati Uniti pone due problemi strategici: da una parte l’ indebolimento delle capacità americane, dall’altra la fine del consensus, non solo economico, di cui gode Washington DC. In quest’ottica basta vedere l’allargamento della ministeriale G7 in corso in questi giorni a India, Australia e Corea del Sud.

Quello del portavoce non è un nome nuovo: si chiama Wu Qia, e spesso viene usato dal governo per lanciare messaggi forti. Questo lunedì ha fatto riferimento a un episodio in particolare. Un cacciatorpediniere americano ha affiancato la portaerei cinese “Liaoning” e la US Navy aveva diffuso le foto dell’incontro. “Ha interferito seriamente con le attività di training cinesi – ha detto Wu – e ha seriamente minacciato la sicurezza della navigazione e l’incolumità del personale di entrambe le parti”.

Il messaggio è chiaro: far in modo di far passare le attività americane come pericolose in modo da convincere gli alleati Usa a non prenderne parte (dato che lo stanno già facendo diverse marine regionali indo-pacifiche, ma anche Regno Unito, Francia e Germania, la missione è dura).

L’Indo-Pacifico è il quadrante geopolitico di cui più si dibatte a Washington DC, un enorme bacino dove prendono vita alleanze e traiettorie future. Non a caso Biden al Congresso ha promesso di “mantenere una forte presenza militare” nella regione indo-pacifica”non per iniziare il conflitto, ma per prevenirne uno”.

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