Skip to main content

Il parlamento israeliano ha eletto il politico di centro-sinistra Isaac Herzog presidente del Paese, un ruolo che è per buona parte di rappresentanza e di immagine, con il valore alto di promuovere l’unità tra i gruppi etnici e religiosi — aspetto non certamente secondario se si valuta il contraccolpo sulle diverse collettività interne allo stato ebraico che i recenti scontri a Gaza hanno prodotto. A lui il compito di raccontare al mondo il Paese dopo le ultime violenze a Gaza.

Herzog ha battuto la candidata rivale Miriam Peretz, educatrice e madre di due ufficiali di fanteria israeliani uccisi in battaglia, con un voto di 87 legislatori contro 26. Assumerà l’incarica il mese prossimo, sostituendo Reuven Rivlin, che terminerà il suo mandato di sette anni con una visita/saluto alla Casa Bianca. Invitato dal segretario di Stato al posto del premier Benjamin Netanyahu, che oggi, ultimo giorno utile, dovrebbe veder sciolto il nodo sul governo che lo sostituirà dopo 12 anni. Rivlin come ultimo atto per Israele dovrebbe affidare l’esecutivo a Naftali Bennett alla luce di un accordo con Jair Lapid.

Eletto per la prima volta in parlamento nel 2003, Herzog, ha guidato il partito laburista e ha ricoperto diversi incarichi in vari governi di coalizione. Il suo incarico pubblico più recente è stato quello di capo dell’Agenzia Ebraica per Israele, la più importante no profit del mondo ebraico, battendo il candidato preferito di Netanyahu grazie al sostegno dei leader delle organizzazioni ebraiche negli Stati Uniti.

Netanyahu lo sconfisse nel ballottaggio nazionale del 2015. Ora Herzog viene scelto anche alla luce delle dinamiche che si sono innescate, dove l’alleanza governativa che si sta coagulando ha un solo scopo: estromettere dal potere Bibi, che in quella dozzina di anni di potere s’è attirato tanti amici quanti nemici. Personaggio divisivo, non sfuggono anche le relazioni complicate con l’attuale presidente americano (in contrasto con quelle avute col predecessore), mentre Herzog diventa un interlocutore con cui Joe Biden condivide alcuni elementi della visione politica generale.

L’aspetto dei rapporti con gli Stati Uniti è un fattore importante per i meccanismi interni — basta pensare che mentre tra i giovani americani ebrei si sta creando un certo scollamento dalle sorti dello stato ebraico, Tel Aviv avanza una richiesta di un ulteriore miliardo di aiuti per la Difesa (da aggiungere ai quattro a cui già gli Usa provvedono ogni anno e su cui gli statunitensi iniziano a storcere un po’ il naso).

I combattimenti del mese scorso tra Israele e militanti palestinesi a Gaza hanno provocato reazioni internazionali aspre (in molti casi aumentate dall’antipatia che parti dell’opinione pubblica internazionale ha per Netanyahu). E soprattutto hanno prodotto rare violenze di massa tra la maggioranza ebraica e la minoranza araba all’interno delle città israeliane, mentre molti israeliani di sinistra hanno a lungo chiesto la rimozione di Netanyahu poiché è sotto processo con l’accusa di corruzione — accuse che lui nega.

“È essenziale, davvero essenziale, curare le ferite che si sono aperte di recente nella nostra società”, ha detto Herzog in parlamento, accettando la nomina. “Dobbiamo difendere la posizione internazionale di Israele e il suo buon nome nella famiglia delle nazioni, combattere l’antisemitismo e l’odio per Israele e preservare i pilastri della nostra democrazia”.

Herzog, un avvocato di sessant’anni, è figlio del defunto presidente israeliano Chaim Herzog, che è stato anche ambasciatore del suo Paese presso le Nazioni Unite. È popolarmente conosciuto con il soprannome d’infanzia “Bougie”, una combinazione della parola ebraica per bambola “buba” e una parola per giocattolo usata dai bambini francesi, “joujou”.

Israele sceglie Herzog come nuovo presidente. Parte il dopo Netanyahu?

Israele ha un nuovo presidente, l’ex laburista Isaac Herzog, figura antitetica al premier (ancora per poco) Netanyahu col compito anche di curare l’immagine internazionale dello stato ebraico (anche negli Usa)

Autonomi, insieme (a Biden). Darnis spiega i piani di Macron

A dispetto delle dichiarazioni roboanti e della prudenza tipica della diplomazia, i rapporti fra Stati Uniti e Francia vivono una fase di rilancio. Macron ha colto il cambio di fase con Biden alla Casa Bianca e al summit Nato vorrà giocarsi le sue carte. L’analisi di Jean-Pierre Darnis, consigliere scientifico Iai

Nessun timore, lo sblocco dei licenziamenti farà bene alle imprese (e al lavoro)

Di Gabriele Fava

Il mercato del lavoro si appresta a ripartire, dopo uno stop durato oltre un anno. La venuta meno del blocco non potrà che sortire effetti positivi in termini di ripartenza, favorendo l’aggiustamento fisiologico del mercato. Il commento di Gabriele Fava, avvocato giuslavorista e componente del Consiglio di presidenza della Corte dei Conti

Le nuove Autostrade, lo Stato minimo e gli investimenti privati. Il commento di Cianciotta

Dopo l’acquisizione di Autostrade sarebbe sbagliato demonizzare l’intervento privato, ma va chiarito invece il perimetro nel quale si muoverà lo Stato. Il commento di Stefano Cianciotta, presidente Osservatorio Infrastrutture Confassociazioni e Abruzzo Sviluppo SpA

Israele-Palestina, chi e perché volta le spalle a Netanyahu. Scrive Pennisi

Il New York times è stato una delle voci più forti a favore della creazione dello Stato di Israele dopo la seconda guerra mondiale e della difesa della sua esistenza successivamente. Tuttavia, le vicende delle ultime settimane lo hanno indotto a cambiare linea. L’analisi di Giuseppe Pennisi

Da Shakespeare a Draghi. Radiologia del potere (e dei suoi eccessi)

L’analisi del pensiero di Shakespeare, il potere come rappresentazione figurata e letteraria. Follini, Cassese e Fusini dialogano sui testi “Il potere o la vita” e “Voto Shakespeare” nell’ultimo incontro dei Dialoghi di Pandora Rivista in collaborazione con Formiche e Cultura Italiae

Fintech, la Cina corre (e l'Ue?). Una road map

La tecnofinanza è ormai una realtà, ma troppi tasselli mancano ancora, a cominciare da una regolamentazione uniforme e completa. Gli interventi di Giovanni Tria, Liu Xiaolei e Andreas Kern nell’ambito del ciclo di webinar A Strategic Nexus: the Euro-Mediterranean Region & China

 

Amministrative, chi vince nelle grandi città? Le stime YouTrend

Di Alessio Vernetti

La vera sfida delle prossime elezioni amministrative si gioca nelle grandi città. Roma, Torino, Milano. Alle politiche del 2018 e alle europee del 2019 le metropoli hanno portato acqua al mulino del centrosinistra. Il centrodestra riuscirà a invertire la tendenza? L’analisi di Alessio Vernetti (YouTrend)

Così siamo pronti a investire in Libia. Parla Pesce (Psc)

Umberto Pesce di Psc Group racconta a Formiche.net le buone sensazioni uscite dal Business Forum della Farnesina organizzato nell’ambito della visita del primo ministro libico in Italia

Geopolitica rock. Se l'Italia riparte (anche) coi Maneskin

Una dimostrazione di soft, anzi di rock power. La vittoria agli Eurovision e l’ascesa dei Maneskin nelle classifiche mondiali sono anch’essi un segno tangibile della ripartenza italiana all’estero. E il prossimo anno il Paese ha un’occasione imperdibile. Il commento del prof. Igor Pellicciari (Università di Urbino/Luiss)

×

Iscriviti alla newsletter