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La proposta di attribuire ai sedicenni il diritto di voto ha ben altre implicazioni, che non mi pare abbiano avuto adeguata attenzione. Infatti, l’individuazione anagrafica dell’elettorato attivo per la Camera dei deputati non è codificata in Costituzione, a differenza del Senato dove sono espressamente previsti, all’articolo 58, i venticinque anni per votare ed eleggere i senatori. Invece l’articolo 48 della Costituzione afferma “Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età”.

Che fino al 1975 era di ventuno anni e poi, con legge, fu ridotta a diciotto anni.  È il codice civile, infatti, che prescrive la maggiore età e la fissa a 18 anni. Quindi, se si volesse estendere il diritto di voto ai sedicenni bisognerebbe cambiare l’art. 2 del codice civile, potendolo fare con una legge ordinaria da approvarsi a maggioranza in parlamento. Fin qui, tutto semplice e reso semplificato da una votazione parlamentare, che non comporta particolari e complesse procedure come quelle per cambiare le norme costituzionali.

Il problema, però, è che riducendo a sedici anni la maggiore età non si consente solo di votare ed eleggere i deputati ma soprattutto si abbassa l’età per la capacità di agire.  Cioè la capacità di compiere tutti gli atti per i quali non sia stabilita un’età diversa, come prescrive il codice civile (sempre all’art. 2). Altrimenti detto, si tratta dell’idoneità del soggetto a manifestare validamente e coscientemente la propria volontà nel compimento degli atti giuridici, nell’acquistare o esercitare diritti o assumere obblighi consapevolmente.

Quindi, ai sedicenni non verrebbe riconosciuto solo il voto ma piuttosto l’affermazione di uno nuovo status giuridico, che consiste, tra l’altro, nella capacità di porre in essere contratti e altri negozi giuridicamente validi. Si pensi a come verrebbe a cambiare anche la disciplina della famiglia e la tutela del minore. Insomma, con l’obiettivo di far votare i sedicenni si verrebbe però a determinare una piccola rivoluzione giuridica degli atti e fatti nei rapporti fra privati.

Vale la pena? I nuovi elettori sarebbero il 2% della popolazione, per i quali è lecito pensare non si sa quanta passione e affezione potranno manifestare per la politica, o meglio per il voto in favore della politica, specie se questo dovesse essere previsto con liste bloccate e altri marchingegni elettorali che non consentono all’elettore di esprimere davvero una sua scelta. Quel 2% della popolazione, però, potrebbe rappresentare un problema nei nuclei familiari e nei rapporti lavorativi, sparigliati dalla pretesa autonomia giuridica dei sedicenni.

In Europa solo l’Austria prevede il voto ai sedicenni, in tutti gli altri paesi a diciotto anni. Forse ci sarà un valido motivo. Peraltro, in diversi paesi, come la Germania, il diritto di voto ai diciottenni è codificato in costituzione, con tutto ciò che ne consegue qualora si volesse cambiarlo.

È pur vero che a livello territoriale in un paio di Länder è previsto il voto ai sedicenni per l’elezione dei parlamenti regionali. In Italia non sarebbe possibile prevederlo, con legge, a livello comunale e regionale, perché la costituzione afferma che “sono elettori”, e quindi color che possono esercitare il diritto di voto, “tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età”. Sulla base di questa norma costituzionale vennero bocciati quei tentativi di far votare, a livello locale, gli extracomunitari residenti nel paese in quanto non “cittadini”, ovvero privi della cittadinanza italiana.

Rivolgere massima attenzione e considerazione ai giovani minorenni è giustissimo. Non facendoli votare, ma piuttosto pensando e attuando una politica promozionale sulla scuola, sullo sport, sul tempo libero. E combattendo con fermezza la piaga della droga, che si sta espandendo proprio in quella fascia di età di coloro che non hanno ancora pienamente maturato il senno della ragione.

voto

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