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“Se vediamo ancora una volta, proprio come in altre occasioni, che le sanzioni vengono imposte in alcuni settori e creano rischi per la nostra economia, anche nei settori più sensibili, allora sì. Non vogliamo essere isolati dalla vita internazionale, ma dovremmo essere preparati a questo”. Il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha detto durante un’intervista che non esclude la possibilità di tagliare del tutto i ponti con l’Ue, se dall’Ue dovesse uscire come decisione quella di sanzionare Mosca per le violazioni di diritti collegate al caso Navalny.

C’è una data potenziale da osservare: l’incontro dei ministri degli Esteri europei del 22 febbraio, dal quale si potrebbe rispondere con severità sia alle violazioni dei diritti contro l’attivista, sia agli arresti di diversi manifestanti, sia alla decisione di Mosca di espellere tre diplomatici di Germania, Svezia e Polonia accusati di collusioni con le proteste.

Il commento di Lavrov è stato duro, ha mandato un messaggio forte, tanto che il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, è dovuto in parte correre ai ripari spiegando che le parole del ministro erano “estrapolate” e dunque sostanzialmente fraintese: Lavrov voleva dire che sebbene la Russia vuole migliorare le relazioni con l’Ue si sta comunque preparando al peggio – questa la linea definitiva del governo russo, che ha accusato i media internazionali di aver ripreso la dichiarazione solo per fare “titoli clamorosi”.

Sulla situazione pesa anche il viaggio a Mosca dell’Alto rappresentante Ue Josep Borrel, che qualche giorno fa ha provato un tentativo estremo di apertura – secondo il punto di vista di Nona Mikhelidze (Iai), e non solo, mal riuscito – ma ha trovato un muro. Lo stesso alto funzionario europeo al rientro ha pesantemente criticato il comportamento russo: è stato messo in imbarazzo e gli è stata dimostrata – parole sue – “la fine delle illusioni” sulla Russia.

Ossia Mosca ha fatto capire che nonostante la buona volontà degli europei (anche legata agli interessi mutui), la Mosca di Vladimir Putin non è pronta – o non vuole – il dialogo con Bruxelles. La posizione presa da Lavrov durante la riunione con l’europeo, così come le dichiarazioni sulle sanzioni, è parte di una tattica retorica: Peskov che cerca di riequilibrare le cose è un altro elemento delle stessa tattica. Postura più che sostanza, anche e soprattutto a uso interno: e forse le stesse dinamiche sono in atto anche a Bruxelles.

“Il governo russo sta percorrendo una preoccupante rotta autoritaria”, ha detto Borrell in un discorso molto severo davanti al Parlamento europeo: “Sembra che non ci sia quasi spazio per lo sviluppo di alternative democratiche […] sono spietati nel soffocare tali tentativi”, e in effetti in questi giorni centinaia di attivisti pro-Navalny, o meglio dire anti-Putin, sono stati arrestati – formalmente per aver violato regole per evitare gli assembramenti connesse al Covid, sfruttate in Russia come altrove anche da pretesto per inasprire il controllo delle opposizioni, che per altro si sta via vai sempre più concretizzando in leggi.

Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, fatto eco alle considerazioni di Borrell annunciando che, dopo anni di apertura, è ora che l’Ue rafforzi la sua posizione nei confronti di Mosca. Quello che viene ritenuto più probabile è che alla prossima riunione dei leader europei siano emesse nuove sanzioni individuali contro persone collegate a Putin, su cui Francia e Germania hanno già espresso parere favorevole. Il tema è complesso però, perché non c’è una visione univoca in Ue, e per esempio Parigi e Berlino, tengono con Mosca un atteggiamento ambiguo.

I francesi cercano da tempo un riallaccio; i tedeschi sanno che la retorica può essere utile per coprire interessi particolari come quello sul Nord Stream 2, opera che Berlino non sembra intenzionata a mettere in discussione pressando sul differenziare il business dalle questioni politiche (come il rispetto dei diritti). Sull’opera però si snoda un’attività politica anche americana, come recentemente reso chiaro (qualora ce ne fosse ulteriore bisogno) sull’EU Observer un funzionario del dipartimento di Stato che ha avvisato dei rischi per qualsiasi azienda che rilasci certificati di sicurezza per il gasdotto.

La questione Europa-Russia assume a maggiore peso adesso che alla Casa Bianca c’è Joe Biden, che ragià chiarito direttamente a Putin di non essere per niente intenzionato ad accettare le violazioni democratiche di Mosca, tornata in cima alla lista dei cattivi per Washington. Ma quanto può fare di più l’Unione europea?

“Le sanzioni da quando sono state inventate non hanno mai avuto una grande efficacia, perché rischiano di danneggiare le fasce deboli e non alterano gli equilibri di potere interni agli stati sanzionati”, risponde a Formiche.net Antonello Folco Biagini, storico, accademico italiano esperto nelle Relazioni internazionali, rettore dell’Unitelma Sapienza.

“È vero però – continua il docente – che sul piano simbolico le sanzioni sono un messaggio, perché è uno dei pochi strumenti duri della politica estera attuale. Uno di quelli utilizzabili e per questo l’Ue lo utilizza. Spesso però si decidono sanzioni più che altro per dare un segnale alle opinioni pubbliche di chi le attua, perché poi i grandi affari sembrano comunque rimanere attivi”.

Per Biagini il cosa fare con Mosca trova risposta nel dialogo, sebbene ammette che tutto è complicato e attualmente su una sfera ideale visto anche i risultati della visita di Borrell.

Altrimenti la strada dovrebbe essere diversa secondo il professore della Sapienza, e dovrebbe andare a interrompere realmente quelle relazioni di valore tra Ue e Russia. Una di queste è appunto l’approvvigionamento di gas, che invece con il raddoppiamento della pipeline Nord Stream vedrà un incremento.

Il progetto Nord Stream 2 da 11 miliardi di dollari, guidato dalla compagnia energetica statale russa Gazprom, raddoppierebbe la capacità di un gasdotto sottomarino esistente che bypassa l’Ucraina e priva Kiev delle tasse di transito.

“Piuttosto che sanzionare a quel punto bisognerebbe avere il coraggio di dare dei tagli netti che possano realmente influire su Mosca e sul potere accentrato del Cremlino. Ma quello che c’è da chiedersi è: può l’Unione europea mettersi in questa situazione? Si può passare alla fase successiva della sanzioni, ossia alla guerra commerciale? Dobbiamo chiedercelo anche dal punto vista tecnico e pratico: l’Europa è dipendente dagli approvvigionamenti energetici e di materie prime dalla Russia, come farebbe se tagliasse i ponti?”.

Val la pena ricordare quindi che la Russia controlla un terzo del mercato europeo del gas.

Sergey Lavrov

L'Ue pensa a nuove sanzioni alla Russia ma i vecchi affari (Nord Stream) restano in piedi

La Russia minaccia una reazione dura se l’Europa dovesse decidere ulteriori sanzioni, ma Mosca sa che le sanzioni spesso sono usate per mandare un segnale alle opinioni pubbliche di chi le applica, spiega Biagini (Unitelma/Sapienza) perché poi grandi affari restano in piedi. Vedere il Nord Stream

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