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Giuseppe Conte ha un pezzo di agenda economica per il 2021 pronta sul suo tavolo, a Palazzo Chigi. Quel Reviving and Restructuring the Corporate Sector Post-Covid redatto dal Gruppo dei 30 e che porta la firma in calce di Mario Draghi. Perché sì, proprio da lì si potrebbe costruire quel rilancio, alimentato dalle risorse del Recovery Fund, a prova di terza, quarta e magari quinta ondata. Basta solo fare tesoro delle oltre 80 pagine del documento firmato dall’ex governatore della Bce. Su questo l’economista e docente della Luiss, Marcello Messori, ha pochi dubbi in merito.

UN’AGENDA PER CONTE (VIA DRAGHI)

“Ho trovato molto interessante il documento redatto dal gruppo dei Trenta, perché coglie molto bene la necessità di passare da una fase di emergenza a una fase di sviluppo. Questo è il grande messaggio di fondo da cogliere”, spiega Messori. Per il quale, “questo documento può definire dei capisaldi per una politica economica, anche dell’Europa, perché individua tutto ciò che dovrebbe contraddistinguere un vero piano di rilancio: innovazione, protezione delle imprese e individuazione delle imprese sane. Senza dimenticare, e Draghi lo ha detto spesso, che c’è un’ampia parte dedicata alla protezione delle categorie sociali deboli, il che non è un dettaglio. Insomma, ci sono idee e presidi analitici validi, per pensare una vera e solida fase di rilancio”.

UNA GOVERNANCE STRAORDINARIA

Messori affronta anche il delicato tema della governance del Recovery Fund, di cui ancora non si vede traccia. “Se noi parliamo di una governance efficiente, andando oltre alle posizioni in campo, tutto sta nell’equilibrio tra dei fondi indubbiamente straordinari, 209 miliardi e la consapevolezza di uno sforzo straordinario. Voglio dire, qui non serve un’ordinaria amministrazione, serve qualcosa di più perché occasioni del genere non capitano più”, spiega Messori. “Per questo serve un organismo straordinario, una cabina di regia che sia in grado di definire strategia e priorità. Questa è la base, ma non basta”.

Secondo l’economista infatti, serve un secondo sforzo. “Non si può pensare di escludere la Pa dal Recovery Fund ma nemmeno caricare tutto il peso su di essa. La vera governance è un compromesso, tra le prerogative della Pa e quella struttura straordinaria sulle quale allestire i progetti da finanziare. Voglio essere chiaro, il tempo a disposizione è poco, una volta scavallate le vacanze di Natale, ci saranno tre mesi di tempo per preparare i progetti. Quello che abbiamo visto sino ad ora, il Recovery Plan, è solo uno scheletro, nulla più”.

MISSIONE BAD BANK

Ma non c’è rilancio che tenga senza un sistema bancario in salute, o presunto tale. Il 2021 porterà in dote con ogni probabilità un’ondata di insolvenze da parte di quelle famiglie o quelle imprese che non potranno rimborsare i prestiti. In questi giorni ha ripreso quota l’idea di una bad bank formato europeo. “Il problema ci sarà, ma non è pensabile una grande scatola comunitaria dove mettere i crediti deteriorati. Semmai, meglio creare delle bad bank nazionali e poi lavorare sulle cartolarizzazioni di Non performing loans. Trovando un compromesso tra queste due azioni, sarà possibile gestire l’intero stock di Npl che, inevitabilmente, ci sarà”.

 

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