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La Lega ha due problemi, dice a Formiche.net il senatore Gaetano Quagliariello, presidente della Fondazione Magna Carta: il suo tentativo di nazionalizzazione è in crisi, mentre la via del ritorno ad una formazione concentrata solo sulla questione settentrionale non c’è. “Per cui occorre inventarsi un nuovo cambiamento genetico. E Giorgetti lo ha capito”. L’ex ministro delle riforme costituzionali offre anche un consiglio strategico ai candidati per Campidoglio e Palazzo Marino, mentre sulla leadership di Matteo Salvini dice che…

Cosa ne pensa della svolta-Giorgetti per la Lega? La possibile nuova postura avrà effetti sulle relazioni europee?

Che la Lega sia dinanzi ad un problema mi sembra evidente: fondamentalmente ho l’impressione che sia però un po’ più radicale. Il grande elemento di novità di Salvini rispetto a Bossi è stato il respiro nazionale, rendendola un partito che non ha parlato più solo di questione settentrionale, passaggio sul quale è di fatto nata la Seconda Repubblica. Ciò ha significato un’espansione nei territori del centro e del meridione: ma lo sfondamento leghista al centro non ha funzionato, come dimostrano le sconfitte alle regionali in Emilia e Toscana. Il bacino di prova resta il sud, il vero ventre molle del Paese, laddove si giocano i destini dell’Italia dall’inizio della stagione unitaria, da quando è stato sempre governativo.

Alle ultime elezioni politiche al sud il M5S ha preso percentuali bulgare…

Come nemmeno Depretis e Fanfani riuscirono a fare. Si tratta della base parlamentare più ampia di tutti i tempi. Su questa scia si era incastrata la grande vittoria leghista alle amministrative: a me sembra che quella stagione sia stata un fuoco fatuo. Ci sono molti segnali che ci inducono a pensare che quel traino si sia esaurito.

E come potrebbe Salvini invertire la tendenza? Compiendo magari alcuni passi verso il Ppe?

Vedo due nodi. Il processo di nazionalizzazione della Lega come minimo è in crisi, mentre la via del ritorno ad una formazione concentrata sulla questione settentrionale non c’è: per cui occorre inventarsi un nuovo cambiamento genetico. Credo che Giorgetti lo abbia ben chiaro. Ma non è tutto, perché il caso Lega si intreccia con la contingenza del pianeta.

Ovvero?

Il mondo post Covid non è più lo stesso: due elementi ci riguardano. In questa crisi le elites hanno ripreso una funzione e il vento a loro contrario si è arrestato, perché evidentemente la gestione dell’emergenza è nelle loro mani. In secondo luogo è mutata l’Europa che, piaccia o meno, ha messo in comune risorse come mai fino ad oggi. È anche cambiata la situazione dei debiti pubblici dei singoli Paesi: oggi un Paese nazionale di medie dimensioni contro l’Europa non puoi aspirare a governarlo. Tutto ciò per la Lega è problematico.

Giorgetti, che lo ha compreso, può essere il nuovo Miglio nel Carroccio?

Sembra che a quel ruolo vogliano candidarsi in molti, compreso Marcello Pera.

Salvini ascolterà?

È uno dei problemi sul tavolo. L’altro è che nessuna leadership è buona per tutte le stagioni: vi sono delle caratteristiche antropologiche che bisogna rispettare. Cercare di cambiare le persone oltre una certa età non solo è inutile, ma addirittura crudele. Quando ad esempio Salvini fa il liberale non a caso si sceglie Gobetti, la figura più rivoluzionaria all’interno del liberalismo, ma così tanto rivoluzionaria da finire per essere poco liberale.

Berlusconi candidato a Palazzo Marino è un coup de theatre o può essere un jolly vincente?

Dipenderà da molte variabili, anche personali, che non conosco. Ma è chiaro che senza un colpo di coda, che in quell’ambito potrebbe dare solo lui, avremmo un’altra storia di decadenza. La decrescita per me è sempre infelice, intendiamoci: osservo però che l’esperienza grillina ha provocato nella politica una crisi di rigetto che potrebbe essere salutare, innestando un elemento di perplessità verso ciò che è nuovo. Non è automatico sostenere che il nuovo sia buono. Chi si affiderebbe alle mani di un chirurgo che non è mai entrato in sala operatoria? Ma l’unico ambito dell’attività umana in cui la competenza era un disvalore è stato la politica. Le leadership restano fondamentali, ma accanto adesso si valorizza la squadra che ha competenze. Per cui credo che il mondo liberal-conservatore del centrodestra dovrebbe lavorare di più attorno a queste categorie, piuttosto che cercare colpi di teatro.

Porro, Sangiuliano e Giletti sono i nomi che circolano per Roma. Una sorta di modello-Toti applicato al Campidoglio?

Il governatore ligure Toti non è solo un uomo dei media, ma una persona che non si è improvvisata e che ha fatto molta gavetta. La sua abilità è stata quella di riuscire a dimostrare che è possibile autonomizzarsi dalla casa del padre e vincere un’elezione: a nessun altro era riuscito prima. Riuscire a costruire un contenitore che parli al futuro e non raschi il barile del passato significare rivolgersi all’elettorato moderato e vincere. Per cui guardando al Campidoglio e a Palazzo Marino mi sento di dire che sarà vincente per il centrodestra solo un candidato espansivo, che sarà capace di parlare oltre la coalizione.

twitter@FDepalo

Così la Lega prova a cambiare ancora (anche il leader?). Quagliariello legge Giorgetti

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