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Buona la seconda: gli Stati Uniti sono tornati autonomi nel lancio di astronauti verso lo Spazio. Puntuale, alle 21:22 italiane, è partita con successo dalla base di Cape Canaveral la capsula Crew Dragon di SpaceX, diretta verso la Stazione spaziale internazionale (Iss). Dopo il rinvio causa maltempo di mercoledì scorso, tutto è andato liscio, permettendo così alla Nasa di rilanciare astronauti dal territorio americano, su un veicolo americano. Non succedeva dal luglio 2011, con l’ultima missione dello Space Shuttle.

L’INDIPENDENZA RICONQUISTATA

Da allora, gli Stati Uniti sono stati costretti ad acquistare posti a bordo della capsula russa Soyuz, situazione scomoda in vista di obiettivi esplorativi molto ambiziosi per i prossimi anni, dal ritorno sulla Luna entro il 2024, fino al Pianeta rosso. È per questo che l’evento “Launch America” ha una portata storica, ulteriormente rafforzata dalla natura commerciale della capsula e del razzo che l’ha portata in orbita, il Falcon 9, entrambi realizzati da SpaceX. Una “storicità” dimostrata dal parterre d’eccezione al Kennedy Space Center, lo stesso di mercoledì scorso, quando il countdown si è fermato a 15 minuti dal lancio. Con il numero uno della Nasa Jim Bridenstine (apparso commosso dopo il lancio) e l’imprenditore miliardario Elon Musk, sono tornati in Florida il presidente Donald Trump e il suo vice Mike Pence, che guida il National Space Council.

LA PROCEDURA

Il copione è stato d’altra parte lo stesso. I due protagonisti della missione, gli astronauti Douglas Hurley e Robert Behnken, sono tornati sullo storico Launch Pad 39 (da dove partiva lo Space Shuttle) a bordo delle stesse Tesla Model X fornite da Musk. Hanno entrambi due esperienze di volo sullo Shuttle, compresa (per Hurley) l’ultima missione nel 2011. Con le nuove tute (rigorosamente a marchio SpaceX) e i caschi realizzati in stampa 3D, Hurley e Behnken sono tornati a bordo della Dragon un paio d’ore prima della partenza, ripetendo le varie procedure pre-lancio sugli innovativi schermi touch. A circa 45 minuti dal lancio, verificate le condizioni meteo favorevoli, è arrivato “go” per procedere.

IL LANCIO

Qualche minuti prima era stato attivato il “launch escape system”, per permettere alla capsula di sganciarsi dal razzo in caso di problemi. A meno 35 minuti, è iniziato il rifornimento del Falcon 9. Poi, il countdown finale, e tutti gli occhi puntati sul Launch Pad 39 della base spaziale John F. Kennedy. Il Falcon 9 ha accesso i motori, sollevandosi da terra e raggiungendo rapidamente i cento chilometri d’altezza, limite convenzionale dell’atmosfera. A tre minuti dal lancio si è staccato il primo stadio, diretto verso una piattaforma-drone nelle acque al largo della base spaziale, dove è arrivato puntuale in altri sei minuti così da poter essere poi riutilizzato. Il viaggio della Dragon verso la Iss durerà all’incirca 19 ore, quando Hurley e Behnken attraccheranno sull’avamposto spaziale.

VERSO LE PROSSIME MISSIONI

Il viaggio della Crew Dragon prende il nome di “Demo-2 mission”, missione di test che dovrà certificare la navicella per operazioni di lunga durata verso la stazione orbitante (oltre 200 giorni). Non ha una durata prestabilita. I tempi per il rientro (previsto nelle acque al largo della Florida) verranno decisi una volta che Behnken e Hurley raggiungeranno sulla piattaforma extra-atmosferica l’equipaggio della Expedition 63, arrivato il mese scorso. Conta il comandante Chris Cassidy, americano, e i due cosmonauti Anatoly Ivanishin e Ivan Vagner. La capsula partita da Cape Canaveral ha la possibilità di restare in orbita fino a 110 giorni. Una volta certificata, potrà arrivare oltre i 200 giorni.

LE PAROLE DI TRUMP

“The best is yet to come”, ha detto Donald Trump in conferenza stampa da Cape Canaveral, annunciando il raggiungimento della bassa orbita terrestre da parte della capsula. “L’America ha appena mostrato cosa sa fare”, ha aggiunto, elencando la tabella di marcia degli Usa per l’esplorazione dello Spazio. L’obiettivo più ambizioso (e su cui l’impronta di Trump è più evidente) è il ritorno sulla Luna entro il 2024. Fa parte del programma Artemis, che comprende una piattaforma orbitante (il Lunar Gateway) e una base permanente sul polo sud del nostro satellite naturale. Da lì già si immagina di poter partire verso Marte, sempre nell’ambito di una più forte collaborazione tra pubblico e privato. L’attenzione è per la prima missione del programma, prevista per il prossimo anno, con lo Space Launch System e la capsula Orion (mercoledì scorso Trump l’ha firmata al Kennedy Space Center) chiamati a girare intorno alla Luna senza equipaggio. Intanto, gli Usa si godono la partenza odierna.

IL COMMENTO DI SACCOCCIA…

“Una giornata storica per gli Stati Uniti che dopo nove anni tornano ad avere un accesso autonomo per gli astronauti verso la Stazione spaziale internazionale, grazie alla partnership pubblico-privato tra Nasa e SpaceX”, ha detto il presidente dell’Agenzia spaziale italiana (Asi) Giorgio Saccoccia. “Un passo significativo che segna l’inizio di una nuova era commerciale per i voli spaziali umani”, ha aggiunto, ricordando che “c’è anche il contributo dell’Italia a questo lancio, grazie al supporto fornito dalla base dell’Asi Broglio Space Center di Malindi in Kenya, che fa parte delle stazioni di tracking” che seguono il volo della capsula.

…DEGLI ESPERTI

Lo aveva notato anche il sottosegretario Riccardo Fraccaro, ribadendo le ambizioni italiane per essere a bordo delle nuove avventure d’esplorazione spaziale. L’astronauta Maurizio Cheli ci ha spiegato perché il lancio ha una portata storica, sia da un punto di vista tecnologico, sia per i caratteri emozionali e strategici. Secondo Marcello Spagnulo, ingegnere ed esperto aerospaziale, il lancio ha un elevato valore strategico in una nuova corsa allo Spazio (molto geopolitica) in cui il posto dell’Italia è a fianco degli Usa. Infine, l’astronauta e generale dell’Aeronautica Roberto Vittori ha notato che per la nuova era dell’esplorazione spaziale bisognerà forse attendere la StarShip, la navicella di SpaceX che riporta il viaggio extra-atmosferico sul binario dello spazio-plano.

L’ESPLOSIONE DELLA STARSHIP

Eppure, a macchiare il debutto della Crew Dragon c’è stata proprio l’esplosione, ieri, del quarto prototipo di StarShip, avvenuta nel corso dei test di static fire. Il violento scoppio è avvenuto alla quinta accensione di prova del motore Raptor, elemento che lascia trasparire comunque passi in avanti per la navicella di SpaceX. Gli altri tre prototipi, infatti, non avevano raggiunto un numero simile di accensioni. A settembre dello scorso anno, Elon Musk aveva svelato in grande stile il primo esemplare presso il sito di Boca Chica nel sud del Texas. Allora, annunciava il primo volo con equipaggio per quest’anno, confermando altresì l’ambizione di colonizzazione la Luna e, poi, Marte.

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