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Le preoccupazioni attorno ai problemi di privacy lasciano sullo sfondo gli interrogativi sulle procedure che hanno condotto alla selezione di “Immuni”, il progetto della Bending Spoons per il tracciamento dei contagi da coranavirus. Come è noto, il governo italiano ha ignorato l’iniziativa – una call urgente con scadenza 20 marzo – della Commissione Innovazione e ricerca dell’Unione europea, presieduta dalla bulgara Marija Gabriel. A questa Commissione sono pervenute “mille idee” che saranno valutate nelle prossime settimane. I tempi potevano o potrebbero essere accelerati, come riservatamente hanno fatto osservare autorevoli uffici del Parlamento europeo. Anche le autorità italiane avrebbero potuto sollecitare un espletamento più rapido degli atti necessari.

Nulla di tutto questo. Ministero dell’Innovazione e ministero della Salute, congiuntamente all’Istituto Superiore di Sanità, hanno preferito lanciare una call per così dire domestica, aperta il 24 e chiusa il 26 marzo, per “il tracciamento continuo, l’alerting e il controllo tempestivo del livello di esposizione al rischio”. Delle 319 proposte inviate, non si sa se anche da pubbliche amministrazioni, la più convincente a giudizio della commissione tecnico-scientifica è risultata quella della Bending Spoons (una spa partecipata, oltre che dagli italiani Luigi Berlusconi e Gianni Tamburi, dalla holding di investimenti della famiglia Psi/Chang di Hong Kong). Il 17 aprile il Commissario Arcuri ha firmato l’ordinanza con la quale si dispone “di procedere alla stipula del contratto di concessione gratuita della licenza d’uso sul software di contact tracing e di appalto di servizio gratuito” con la società prescelta.

Va rilevato che la Bending Spoons fa parte di un consorzio privato (PEPP-PT), con sede in Svizzera, nel quale spicca la presenza di varie università tedesche, ad esempio, ma non di analoghe istituzioni italiane; a suo supporto opera la svizzera Fondazione Botnar, aderente a una rete denominata SwissFondations, a sua volta vigilata dal Dipartimento degli Interni della Repubblica Elvetica; per altro la Botnar, proprio nelle ultime settimane, ha commissionato alla Scuola politecnica federale di Losanna (EPFL), con una donazione di 5 milioni di franchi svizzeri, il compito di mettere a punto un software per il contact tracing anti Covid; quindi la suddetta Scuola politecnica ha stabilito la collaborazione con il consorzio PEPP-PT valutando, secondo notizie di stampa di fine marzo, l’interesse di diverse nazioni, tra cui l’Italia, alla acquisizione dei risultati dell’attività di allestimento della tecnologia più adeguata; allestimento, infine, che nel giro di pochi giorni è stato avviato e concluso, con indubbio successo, benché nelle ultime ore un ricercatore della Scuola politecnica abbia rassegnato le dimissioni denunciando l’inaffidabilità del software per quanto attiene alla tutela della privacy.

Qui il cerchio si chiude, e si chiude con un dubbio importante. Chi c’è, in sostanza, all’origine di questa catena? Quale filo unisce le diverse parti e dove conduce? Può darsi, infatti, che gli eventi rispondano tutti a una casualità dettata dall’emergenza, senza un ordito più remoto e consistente. Resta però il senso di amarezza e disagio per una operazione che sembra ruotare interamente fuori dal perimetro del nostro Paese, come se non ci fossero aziende pubbliche e centri di ricerca italiani in grado di operare con efficacia, usando le risorse tecnologiche più opportune.

D’altronde, pur nella rincorsa innescata dagli atti di governo, ci sono passaggi che non possono essere elusi. Procedere con ordinanza, senza alcuna remora da parte del commissario Arcuri, è stato a dir poco avventato. Non solo. Se Google ed Apple mettono il freno all’apertura dei loro sistemi, rendendo praticamente impossibile l’utilizzo del bluetooth come veicolo di trasmissione dei dati secondo la procedura individuata da “Immuni”, vuol dire che possono materializzarsi timori e resistenze esorbitanti la sfera della pura definizione teorica. Nemmeno sappiamo, in conclusione, dove andranno a finire i dati del tracciamento, tanto che il Copasir si è convocato d’urgenza per vederci chiaro.

Fare luce su tutto, a fronte del disagio degli italiani, è quanto meno un atto di responsabilità.

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