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La classe operaia teme anche i robot. Eppure le imprese italiane crescono sempre di più nel settore della robotica fino ad imporsi come eccellenze anche nel settore spaziale. Due realtà in controtendenza che determinano un vero e proprio ossimoro in ambito industriale.

La percezione di paura percepita dai lavoratori l’ha identificata il Censis, nel terzo Rapporto sul welfare aziendale, presentato ieri e realizzato in collaborazione con Eudaimon grazie al contributo di Credem, Edison, Michelin e Snam. Ne hanno discusso al riguardo, presso la sala Zuccari del Senato della Repubblica, da Francesco Maietta, responsabile dell’Area Politiche sociali del Censis; Alberto Perfumo, amministratore delegato di Eudaimon, Carmelo Barbagallo, segretario Generale della Uil, Claudio Durigon, membro della XI Commissione Lavoro della Camera dei Deputati, Andrea Cuccello, segretario Confederale della Cisl, Ivana Galli, Segretaria Confederale della Cgil, Marco Leonardi, professore di Economia Politica dell’Università degli Studi di Milano, Giovanni Morleo, consulente di Confindustria; Massimiliano Valerii, Direttore Generale del Censis.

Secondo questo rapporto sono oltre 7 milioni di lavoratori italiani che hanno paura di perdere il proprio posto di lavoro a causa dell’arrivo di nuove tecnologie, dai robot all’intelligenza artificiale: quasi 1 operaio su 2 vede per questo il proprio lavoro a rischio. L’85% dei lavoratori infatti, il dato supera l’89% tra gli operai, esprime una “forte preoccupazione” per l’impatto atteso della rivoluzione tecnologica e digitale. I salari, d’altra parte, ricorda il Censis, sono tecno-polarizzati: fatto 100 lo stipendio medio italiano, nei settori tecnologici il valore sale a 184,1, mentre negli altri comparti scende a 93,5. “Sono i numeri di una disuguaglianza salariale in atto nelle aziende italiane che convive con le paure dei lavoratori e certifica l’esistenza di un gap tra chi oggi lavora con le nuove tecnologie e chi no”, scrive il Censis. Non più sereno il giudizio degli intervistati anche su altri fronti caldi: per il 50% infatti i ritmi di lavoro si faranno decisamente più intensi mentre per il 43% si dilateranno gli orari di lavoro. Nessun miglioramento nelle condizioni di lavoro per il 33% degli intervistati(il 43% tra gli operai) così come la sicurezza per il 28% dei lavoratori (il 33% tra gli operai), non farà passi avanti.

La fiducia nelle imprese che investono in robotica emerge, invece, nel rapporto presentato ieri da Enel e Fondazione Symbola e riguardante 100 storie italiane di eccellenza nella ricerca e nella tecnologia. I dati sono sorprendenti. A livello mondiale il mercato della robotica ha raggiunto il valore di 16,5 miliardi di dollari e solo nel 2018 sono state consegnate 422mila unità, con un aumento del 6% rispetto all’anno precedente. L’industria italiana è la sesta per il numero complessivo di robot industriali installati (69.142 unità nel 2018), preceduta da Cina, Giappone, Corea del Sud, Stati Uniti e Germania. Per numero di pubblicazioni scientifiche, oltre 10mila, l’Italia è inoltre sesta al mondo nella ricerca robotica davanti a Francia, Canada, Corea del Sud e Spagna.

Per quanto riguarda il comparto industriale, la filiera della robotica italiana conta ben 104 mila imprese, cresciute del 10% in cinque anni, con un totale di 429 mila addetti. Milano guida la classifica con circa 12 mila imprese e 110 mila addetti. Seguono Roma con 11 mila imprese e 63 mila addetti, Napoli con 5 mila imprese e 13 mila addetti, Torino con 5 mila imprese e 25 mila addetti e, con circa 2 mila imprese tra Brescia, Padova, Bari, Bologna, Firenze, Monza e Brianza, Bergamo e Salerno. La robotica italiana arriva anche nello spazio: sono Made in Italy diverse tecnologie utilizzate sulla sonda robotica della Nasa InSight, sbarcata su Marte nel 2018, e su quelle che nel 2020 saranno utilizzate nella missione ExoMars per lo studio del terreno marziano, come la semisfera catarifrangente Larri (Laser Retro-Reflector for InSight) che fornirà la posizione del lander sulla superficie di Marte, sviluppata dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare con il supporto dell’Agenzia Spaziale Italiana.

Ma come sarà la robotica del futuro? Ce lo spiega un articolo intitolato A vision for future bioinspired and biohybrid robots, pubblicato sulla rivista internazionale Science Robotics, a firma di Barbara Mazzolai, direttrice del Centro di Micro-Biorobotica dell’Istituto Italiano di Tecnologia, e Cecilia Laschi, professoressa dell’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Da quanto si legge la robotica del futuro dovrà essere bioispirata e sostenibile, con robot green costruiti con materiale riciclabile e biodegradabile, in grado di alimentarsi con fonti energetiche rinnovabili e che, una volta terminato il proprio ciclo operativo, possano decomporsi senza incidere negativamente sull’ambiente.

La svolta, in linea con gli obiettivi fissati dalle Nazioni Unite nell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, porterà a un drastico ripensamento dei robot, a partire dalle componenti e dall’interazione con gli esseri umani e l’ambiente. l punto di partenza della tesi proposta da Barbara Mazzolai e Cecilia Laschi, che da anni collaborano in progetti di robotica bio-ispirata finanziati dall’Unione Europea, come Octopus, ilpolpo robotico, e GrowBot, per lo sviluppo di robot ispirati alle piante rampicanti, è lo studio e l’osservazione del mondo naturale e del comportamento degli organismi viventi.

Così come il ciclo di vita di un organismo biologico comporta tre fasi ben distinte (crescita, rimodellamento e morfogenesi), anche i robot possono diventare macchine bioispirate in grado di crescere e di adattarsi ai vari contesti in cui svolgono le proprie funzioni. Ovviamente un approccio biospirato non può limitarsi a una copia degli organismi presenti in natura, ma deve basarsi sulla comprensione e sulla capacità di estrarre principi e regole. In linea con le recenti tendenze nella ricerca robotica,gli approcci futuri invertiranno la prospettiva sulla progettazione dei robot, andando oltre la soft robotics, con robot in grado di crescere, rigenerarsi, cambiare forma; oltre i materiali intelligenti,grazie a funzionalità bio-ibride che garantiranno la multifunzionalità e la biocompatibilità; oltre la robotica evolutiva, con sistemi che non solo si adatteranno al compito e all’ambiente in cui operano, ma che miglioreranno con la pratica. È questa la direzione della robotica del futuro, verso sistemi integrati perfettamente compatibili con l’uomo e con l’ambiente, e in grado di migliorare il benessere e la qualità della vita.

La robotica italiana cresce (ma fa paura agli operai)

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