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Vladimir Putin tende una mano spaziale a Donald Trump. In collegamento con la stazione orbitante Iss, il presidente russo loda la collaborazione sviluppata con gli Stati Uniti, allargando tale “contributo all’umanità” all’odierna lotta contro il Covid-19. Dietro i convenevoli sembra celarsi il tentativo di ammorbidire alcune fratture extra-atmosferiche degli ultimi tempi, esigenza che Mosca avverte alla luce del ritardo maturato sul campo, anche rispetto alla Cina e all’allungo dell’inquilino della Casa Bianca sul tema dello sfruttamento delle risorse spaziali.

LE PAROLE DI PUTIN

“La Russia ha grande esperienza nella cooperazione spaziale internazionale: siamo felici che i nostri specialisti possano lavorare insieme ai colleghi statunitensi nel quadro del programma della Stazione”, ha detto Putin all’equipaggio della Iss, con cui si è collegato in vista del giorno degli astronauti, domenica, in ricordo del primo volo spaziale realizzato dall’uomo. Era il 1961, e un giovane Jurij Gagarin superava l’atmosfera permettendo all’Unione sovietica di ottenere (dopo lo Sputnik nel 1957) un nuovo grande successo nella corsa allo Spazio contro gli Stati Uniti, che sarebbero rimasti indietro fino al 1969 con lo sbarco sulla Luna.

LA COLLABORAZIONE SULLA ISS

Apparentemente, i tempi della Guerra fredda sembrano superati, e la Stazione spaziale internazionale pare esserne l’esempio più evidente. Il progetto nacque nel 1992 con i primi accordi di collaborazione nell’esplorazione spaziale tra i presidenti George H. W. Bush e Boris Eltsin, dopo solo sei mesi dall’ammainata della bandiera rossa sul Cremlino. Da due decenni l’avamposto umano oltre l’atmosfera ospita insieme astronauti e cosmonauti, capaci di lavorare fianco a fianco (con i rispettivi team di supporto a terra) anche nei momenti in cui la tensione terrestre tra le due super potenze è tornata ad alti livelli. Lo stesso si può dire oggi. Putin si è collegato con la Stazione a poche ore dall’arrivo dei tre nuovi membri dell’equipaggio, il primo (non senza difficoltà) all’epoca del coronavirus.

EQUIPAGGI E NAVICELLE

L’americano Chris Cassidy e i due russi Anatoly Ivanishin e Ivan Vagner hanno raggiunto il comandante russo Oleg Skripochka e i due astronauti della Nasa Andrew Morgan e Jessica Meir. L’hanno fatto con la navicella Soyuz, l’unica a permettere l’accesso umano allo Spazio dalla dismissione dello Space Shuttle. Un punto che gli americani stanno cercando di risolvere in fretta per avere autonomia di accesso, fatto che dimostra comunque che la cooperazione sull’Iss va inserita in un contesto che rimane a tinte competitive. I nuovi inquilini dell’Iss saranno difatti chiamati ad accogliere a metà maggio (salvo ulteriori rinvii) i due astronauti della Nasa Bob Behnken e Doug Hurley che, per la prima volta, arriveranno a bordo della Crew Dragon di Space X (missione Demo-2), una delle navicelle su cui gli Stati Uniti hanno puntato per recuperare l’agognata autonomia di accesso allo Spazio.

L’ORDINE DI TRUMP…

Tra l’altro, le parole amorevoli di Putin arrivano dopo le critiche rivolte da Roscosmos alla più recente proposta spaziale di Trump: la possibilità di sfruttare commercialmente le risorse della Luna e degli altri corpi celesti. Domenica scorsa, l’inquilino della Casa Bianca ha siglato un ordine esecutivo che chiede supporto internazionale per riconoscere tale possibilità, affidandone la promozione al segretario Mike Pompeo. Il piano serve soprattutto alla Nasa, che per riportare l’uomo sulla superficie lunare entro il 2024 ha già avviato innovative formule di collaborazione con i privati, chiamando a raccolta tanti imprenditori dello Spazio desiderosi di partecipare a patto di poterne avere ritorni.

…E LA RISPOSTA RUSSA

A meno di dodici ore dall’ordine esecutivo, il vice direttore generale di Roscosmos Sergey Savelyev ha definito l’ordine esecutivo “un tentativo aggressivo di espropriazione”, criticando apertamente le misure degli Stati Uniti che si muovono in tal senso. L’intervento odierno di Putin serve probabilmente a rasserenare la situazione, abbassando i toni per evitare nuove crisi diplomatiche spaziali come quella occorsa all’inizio dello scorso anno. Allora, Jim Bridenstine, numero uno della Nasa, fu costretto a ritirare l’invito all’omologo russo Dmitry Rogozin. Fu pace fatta nel giro di pochi giorni, ma restavano i segni di qualche difficoltà.

IL TERZO INCOMODO

Difficoltà che derivano anche dal terzo incomodo: la Cina. Rispetto alla corsa spaziale della Guerra fredda, la nuova competizione ha visto il crescente attivismo di Pechino nel campo. I cinesi vantano un programma spaziale completo, comprensivo di una nuova stazione spaziale e persino di un progetto di esplorazione lunare, per molti versi simile a quello americano. Anche agli occhi di Washington, è la Cina il nuovo competitor spaziale. La Russia, un po’ indietro, sta cercando di recuperare terreno, oscillando tra l’uno e l’altro. Mentre prosegue (e ora rilancia) la cooperazione con gli Usa, procede sulla collaborazione con i cinesi, condita da un accordo dello scorso settembre che riguarda proprio l’esplorazione della Luna.

Spazio, ecco perché Putin rilancia la cooperazione con gli Stati Uniti

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