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Complice l’incertezza politica che avvolge il previsto rafforzamento del Golden Power, esteso qualche mese fa anche al 5G, Huawei prosegue senza troppi problemi la sua attività di lobbying sul tema delle nuove reti.

LE PRESSIONI DI HUAWEI

Parlando con la stampa a Milano, il presidente del colosso di Shenzhen in Italia, Luigi De Vecchis (nella foto), ha ribadito la posizione critica dell’azienda (già espressa in commissione Trasporti alla Camera e persino dal fondatore Ren Zhengfei) nei confronti del decreto legge che modifica misure di controllo, poteri di veto, obblighi di notifica e di istruttoria per l’esercizio dei poteri speciali, condendola stavolta anche di valutazioni geopolitiche: sul tema del Golden power, ha detto il manager, c’è stata “una risposta d’emotività legata ai rapporti (di Huawei, ndr) con gli Usa”. Poi De Vecchis ha aggiunto: “Il governo italiano non può dipendere da pressioni di questo tipo perché è in gioco lo sviluppo del Paese”.

IL CONFRONTO NEL GOVERNO

Le pressioni della società – posta da Washington in una lista nera del Dipartimento del Commercio perché sospettata di poter essere un potenziale veicolo di spionaggio per conto di Pechino (soprattutto per effetto di una legge nazionale sull’intelligence che la costringe a collaborare con la madrepatria – provano a sfruttare lo scontro tutto interno alla maggioranza che si sta consumando da qualche tempo su questo argomento e che Formiche.net ha già raccontato.
Durante la prima seduta in Senato per la conversione del decreto che interviene modificando alcuni aspetti tecnici del Golden Power per il 5G (ma non solo), il pentastellato sottosegretario alla presidenza del Consiglio Vincenzo Santangelo aveva detto che il provvedimento sarebbe stato fatto decadere alla scadenza dei 60 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, ovvero nella prima decade di settembre.
I cambiamenti introdotti dal decreto – che modifica misure di controllo, poteri di veto, obblighi di notifica e di istruttoria – sono infatti considerati cruciali. Ad esempio il testo eleva da 15 a 45 giorni il periodo durante il quale, ai fini dei poteri speciali, il governo può esercitare un eventuale veto o l’imposizione di specifiche prescrizioni o condizioni anche su determinata componentistica. Quindici giorni sono considerati troppo pochi per analizzare qualsivoglia apparato, tanto più in assenza di una struttura nazionale come il Centro di Valutazione e Certificazione Nazionale, il Cvcn, non ancora operativa. E se la conversione del decreto saltasse, è questa la situazione che si dovrebbe fronteggiare.
Qualche giorno dopo è arrivata una serie di secchi ‘alt’ leghisti, il primo dei quali proprio dal vice presidente del Consiglio Matteo Salvini, che si pone come argine rispetto a un possibile ruolo di aziende della Repubblica Popolare nell’implementazione delle nuove reti mobili ultraveloci, in sintonia con quanto auspicato dagli Stati Uniti.
Intervenendo davanti ai massimi responsabili della sicurezza nazionale in un convegno organizzato a Roma dall’associazione Fino a prova contraria, il leader del Carroccio aveva spiegato che il decreto che rafforza il Golden power anche per le reti sarà convertito e diventerà legge. Alle sue parole sono poi seguite quelle di due deputati: Massimiliano Capitanio (su queste colonne) e del responsabile telecomunicazioni della Lega Alessandro Morelli, che in una intervista alla Stampa aveva anche lanciato sul tema una stoccata al titolare del Mise (e del dossier), il vicepremier 5s Luigi Di Maio.

FARE PRESTO

In pratica la Lega dice no alla possibilità che il Movimento 5 Stelle, fautore di una ‘special relationship’ tra Roma e Pechino, e sempre molto sensibile alle istanze di un colosso cinese come Huawei, possa in qualche modo ostacolare l’approvazione del provvedimento. Parole che saranno giunte sicuramente in casa pentastellata e anche oltreoceano, dove la posizione leghista su questo dossier è certamente molto apprezzata, ma che non risolvono il problema. Ed è in questa zona grigia di incertezza che si insinuano le parole dei responsabili di Huawei.
Raccogliendo l’opinione di diversi esperti del settore, Formiche.net ha riportato come negli ambienti di chi si occupa di sicurezza informatica circoli da tempo l’invito a mettere da parte le divisioni politiche e fare presto nelle conversione del decreto legge sul Golden Power rafforzato. Il rischio, spiegano, è che – complici il clima politico, le tante materie in discussione e la pausa estiva – si vanifichi il lavoro fatto, qualora il provvedimento non godesse di una ‘corsia preferenziale’ che possa portare a una sua rapida approvazione. E che, cosa peggiore, un vuoto normativo possa causare problemi per la sicurezza nazionale.

La Lega preme per il decreto golden power. E Huawei risponde...

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