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Bene ha fatto, a nostro avviso, il presidente del Consiglio Conte a specificare, intervenendo oggi su una testata locale, che un nuovo piano per il Sud – di cui ha parlato ieri con la presidente della Commissione europea – dovrà raccordarsi al rilancio dello sviluppo dell’intero Paese, per evitare che soprattutto nella business community del Nord passi l’idea di un mezzogiorno ancora e sempre assistito e che non sarebbe capace di puntare sulle proprie forze non solo per la sua crescita, ma anche per offrire un nuovo quadro di convenienze all’intera economia nazionale.

Sì, bisogna dirlo ad alta voce: l’Italia meridionale non ha bisogno di assistenza, i ceti che in determinate aree l’attendono perché in condizioni di reale disagio sociale dovranno riceverla, certo, come del resto nel Centro e nel Nord; ma il Mezzogiorno – che è già per tanti settori industriali, energetici ed estrattivi una grande risorsa per l’Italia – dovrà rafforzare tali comparti, i loro stabilimenti, le loro filiere, e i loro trasporti sulle vie di comunicazione con i grandi corridoi europei.

Insomma, il grande sistema produttivo del Sud – perché grande è questo sistema produttivo, lo ribadiamo alla luce degli studi che stiamo conducendo da anni e che proprio in questi giorni abbiamo arricchito con una ricognizione aggiornata sulle grandi industrie presenti nelle regioni meridionali, sulle loro dinamiche produttive e sui loro investimenti – questo sistema, dicevamo, deve sempre di più rapportarsi alle necessità competitive dell’intero Paese.

Del resto ben oltre cento grandi gruppi industriali esteri sono presenti nelle aree industriali meridionali accanto a big player del Sud e settentrionali che in molti comparti realizzano primati nazionali: senza tali produzioni settori strategici del made in Italy sarebbero molto deboli, dall’automotive all’aerospazio, dalla petrolchimica all’ict, dalla navalmeccanica all’agroalimentare, dall’industria petrolifera al tessile-abbigliamento calzaturiero.

È bene pertanto che le istituzioni, gli stakeholder e il mondo della ricerca presenti nell’Italia del sud partecipino attivamente alla elaborazione di un nuovo Master Plan per il meridione, ma solo nell’ottica di partecipare alla definizione di un nuovo programma di sviluppo dell’intera economia nazionale.

Era questa, non dimentichiamolo, l’ispirazione dei grandi meridionalisti del passato da Pasquale Saraceno a Giulio Pastore.

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