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La Corea del Nord ha lanciato due “projectiles”, termine discreto usato al posto di missili, dalla provincia meridionale di Pyeong-an verso le coste orientali, il Mar del Giappone. Il primo a diffondere la notizia è stato il Joint Chiefs of Staff (JCS) della Corea del Sud, che ha dichiarato di aver ricevuto avvisi sui lanci gemelli alle 6:53 e alle 7:12 in Corea: avrebbero volato circa 330 chilometri.

Il test è avvenuto poche ore dopo che un alto diplomatico nordcoreano che lavorava ai negoziati nucleari con gli Stati Uniti aveva dichiarato che Pyongyang sarebbe stato aperto a riprendere i colloqui con Washington. La Corea del Nord, ha detto, è disposta a “sedersi con la parte americana per discussioni approfondite sulle questioni che finora abbiamo affrontato”. Tempo e luogo sarebbero stati da stabilire, ma si parla da giorni della possibilità che i colloqui per la denuclearizzione — su cui Trump ha investito diverso capitale politico al fine di chiudere un accordo con un grande nemico dell’America —  sarebbero potuti riprendere già a settembre.

Dopo più di un anno di astensione dai test missilistici, il regime del satrapo Kim Jong Un ha condotto 10 lanci da maggio. Quelli sparati oggi sono missili a corto raggio su cui gli esperti dicono che Pyongyang ha mostrato notevoli progressi tecnologici. Si tratta di una prova di forza controllata: Kim fa vedere i muscoli, ma senza violare un’intesa raggiunta verbalmente in uno dei tre incontri avuti con Trump, che riguardava lo stop dei missili balistici a lunga gittata.

Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha minimizzato i test parlando della Corea del Nord pubblicamente. Una volta li ha definiti “very standard“, ed è sembrato giustificare Kim, sostenendo che il satrapo aveva accettato soltanto lo stop di quelli a raggio intercontinentale. Il segretario di Stato americano, Mike Pompeo, domenica in televisione ha preso una posizione intermedia, dicendo che effettivamente Kim non ha ancora violato il suo impegno con Trump, ma gli Stati Uniti sono “delusi dal fatto che continui a condurre questi test a corto raggio. Vogliamo che si fermi”.

Le analisi parlano di due aspetti che rendono questi lanci un argomento delicato: primo, di fatto minacciano i due principali alleati americani nel Pacifico, la Corea del Sud e il Giappone, nonché le basi come Guam schierate come deterrenza strategica nella regione; secondo, i test rappresentano prove tecniche e dirette per lo sviluppo di motori ed elementi che potrebbero successivamente essere usati per armi a lungo raggio.

Questi test missilistici arrivano anche in un momento di crescente attrito tra Giappone e Corea del Sud, e rendono ancora più caotico il contesto. Seul ha annunciato il mese scorso che avrebbe abbandonato un accordo di condivisione dell’intelligence militare con Tokyo, un cambiamento che secondo ex funzionari militari e della difesa sentiti dalla CNN rallenterà il processo decisionale e renderebbe meno efficiente il circolare delle informazioni.

Vorrà la pace, ma intanto Kim gioca ancora con i missili. E siamo al decimo test

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