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“Decisamente ci serve un Di Maio Due”. A metterlo nero su bianco sulle colonne del Corriere della Sera era stato l’editorialista Franco Venturini. Secondo l’esperto di politica estera di via Solferino, “per lui e per il suo Movimento si tratta di una grande occasione, da verificare senza pregiudizi”. La scelta del nuovo ministro degli Esteri ha sollevato preventivamente numerose polemiche ed ancora maggiori ironie (verificare alla voce #DiMaioAgliEsteri).

La sua guida della Farnesina arriva in un momento delicatissimo delle relazioni internazionali. Il Conte 1, quello gialloverde, aveva visto una forte sbandata a favore di Cina, Russia, Iran e regimi come quello di Maduro. Europa e Stati Uniti sembravano essere stati retrocessi. Un vero e proprio capovolgimento della consolidata politica estera dell’Italia. “Di Maio – le parole sono ancora quelle di Venturini sul Corriere – dovrà comprendere velocemente che il dialogo (a cominciare da Mosca e Pechino, s’intende) non può rinunciare alla fondamentale differenza tra alleati e cordiali interlocutori”. Gli alleati sono anzitutto quelli di Oltreoceano. E a spiegare in modo ancora più esplicita la posta in palio è il direttore de La Stampa. Maurizio Molinari scrive: “poiché il capo della Farnesina è Di Maio, leader dei Cinquestelle portatori di ben note istanze terzomondiste, il test per lui è ancora più evidente: ha l’occasione di dimostrare in fretta quale valore assegna alla Nato”. La partita decisiva passa ancora dalla relazione con Washington.

Il Conte 2, va detto, come suo primo atto ha immediatamente reso operativo l’esercizio dei poteri speciali a salvaguardia della sicurezza nazionale delle reti 5G e per la difesa degli interessi economici, scientifici e industriali del Paese. In altri termini ha avviato uno stop ai colossi cinesi Huawei e Zte, provocando reazioni e proteste da Pechino, per quanto solo parzialmente rese esplicite. Sul fronte russo ad impensierire la Farnesina si aggiunge il caso dell’arresto del presunto 007 di Mosca, Alexander Korshunov, bloccato a Napoli su richiesta dell’intelligence Usa.

Una ennesima spy story fra Roma e Mosca che ha provocato l’intervento diretto del Presidente Putin. E che è la conferma che sul piano diplomatico il Cremlino, forse piccato per l’estromissione dal governo della Lega, vede il rischio di un’Italia meno amica. In realtà, quella che sarà la “linea” del neo ministro degli Esteri non è ancora chiaro. E proprio la gestione della richiesta di estradizione del cittadino russo negli Usa sarà un banco di prova importante e delicato, insieme alla gestione del dossier 5G che resta fonte di notevoli preoccupazioni.

Rispetto al rapporto con l’Europa, è il Pd a guidare le danze della riappacificazione. Sono dem il presidente del Parlamento Ue, David Sassoli, il commissario, Paolo Gentiloni, ed il ministro per le politiche comunitario, Enzo Amendola. Questo naturalmente non toglie lo spazio di manovra della Farnesina. Per Di Maio cruciale appare la necessità di ristabilire un dialogo virtuoso con un Paese con cui nei mesi passati non erano mancate le polemiche, Gilet gialli, attacchi personali, polemiche sul franco Cfa, i flussi migratori, la Tav e il dossier libico.

I fronti dello scontro fra il Movimento 5 Stelle e lo stesso Di Maio con Macron sono stati molteplici e di discreta violenza. Ora però è il momento della diplomazia. Sarà perché la Francia è considerata una sorta di sponsor – neppure troppo occulto – del nuovo governo, il ministro degli Esteri di Parigi, Jean-Yves Le Drian, ha subito auspicato “rapporti più costruttivi” con il nuovo governo italiano. “Questo governo appare più determinato ad avere relazioni positive con la Francia, più aperte anche a mettere in atto politiche migratorie condivise. Siamo pronti a parlarne”, ha assicurato il titolare del Quai d’Orsay.

Il clima è cambiato e lo dimostra anche la pronta risposta fatta filtrare dal ministro degli Esteri: fonti della Farnesina hanno riferito che è pronto a un incontro “al più presto, per discutere in modo positivo e costruttivo delle comuni sfide a livello europeo ed internazionale”. Sembra passata un’era geologica ma ero solo febbraio scorso quanto Di Maio si incontrò con l’ala radicale del movimento dei Gilet Gialli. L’Eliseo di tutta risposta aveva richiamato l’ambasciatore a Roma, Christian Masset. E’ stato quello il punto più basso nel rapporto bilaterale fra Roma e Parigi. Oggi, protagonista sempre Di Maio, si apre una fase nuova che certamente vede sullo sfondo, e non troppo, i numerosi business che vedono la Francia molto interessata all’Italia, dal petrolio alla difesa, dall’auto alla grande distribuzione.

Made in Italy e commercio estero sono d’altra parte nel mirino di Luigi Di Maio. Stando alle indiscrezioni di stampa, non smentite, il neo inquilino della Farnesina vorrebbe portarsi un pezzo del Mise proprio per rafforzare quel legame fra diplomazia ed affari di cui era stato per primo grande testimonial Silvio Berlusconi. Se la diplomazia economica è molto cresciuta anche in Italia, l’idea di affidare il commercio estero alla Farnesina non è nuova in verità ma non ci sono precedenti di successo (e anche all’estero le strutture restano distinte per quanto non troppo distanti).

Questa ipotesi non poteva non suscitare la reazione del predecessore di Di Maio a via Veneto. Carlo Calenda è intervenuto tempestivamente cinguettando su Twitter e parlando di “un errore madornale” la eventualità di strappare dal Mise le competenze su Made in Italy e Commercio estero. “Invece di lavorare sugli accordi con la grande distribuzione e altre iniziative operative, si moltiplicheranno gli eventi ‘singing and dancing’.

“Trovo immorale – conclude l’ex dem – che Di Maio modifichi ogni volta l’assetto del governo a seconda delle sue voglie del momento”. Le parole di Calenda sono sempre taglienti, almeno da quando ha scelto di essere impegnato al 100% in politica, ma al di là dei toni c’è da scommettere che interpretano il pensiero della gran parte dei burocrati, di entrambi i ministeri. Vedremo quindi se queste indiscrezioni saranno confermate. Nel frattempo non si sono placate le polemiche sulla scelta del ministro degli Esteri di convocare le riunioni politiche del Movimento presso la Farnesina. Ed è davvero troppo presto però per avventurarsi in valutazioni degne di nota. Per ora si può notare che la politica estera si fa avanti nella politica interna, il che potrebbe avere effetti persino positivi. Maneggiare con cure, verrebbe da dire. “Decisamente ci serve un Di Maio Due”, scriveva Venturini. Appunto.

Pace con la Francia, test Nato e idea commercio estero. Arriva il Di Maio 2?

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