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Tasse, tasse, tasse! Anche in questa legge di Bilancio sembra riecheggiare forte lo slogan di governo del Re fasullo d’Inghilterra, del Robin Hood di Disney, intenzionato a punire i sudditi irrispettosi di Nottingham. E l’Italia sembra sempre di più assomigliare alla Nottingham della Disney, con tanti sceriffi cattivi ma nessun Robin Hood a difendere cittadini e imprese dalle mani rapaci dello Stato.

Dopo polemiche, rinvii e modifiche sono passate anche la plastic tax e la sugar tax che dovrebbero portare un gettito complessivo di meno di 200 milioni di euro e hanno alimentato, sin dalla loro concezione, polemiche e dibattiti anche all’interno di questa sgangherata maggioranza di governo.

Si tratta di tasse che, da un punto di vista teorico, dovrebbero ridurre i consumi e la produzione dei beni in questione considerati dannosi per l’ambiente e per la salute. Questi provvedimenti appartengono alla categoria delle cosiddette tasse pigouviane, ideate dall’economista Arthur Cecil Pigou per risolvere uno dei fallimenti del mercato, quello delle esternalità di consumo e di produzione. Si tratta di casi in cui produttori e consumatori non considerano i costi che gravano sulla collettività in ragione delle loro azioni e producono o consumano quantità più elevate di quelle “ottimali”. La tassa pigouviana mira quindi a “internalizzare” questi costi sociali, aumentando quelli individuali di imprese e individui e riducendo così la quantità prodotta e consumata.

La teoria è affascinante per chi ama l’intervento dello Stato come “guida silenziosa del mercato” come l’ha recentemente definito il ministro Patuanelli. Per loro natura le tasse pigouviane, se funzionano e almeno nel lungo periodo, dovrebbero quasi azzerare il gettito prodotto in quanto le quantità consumate e prodotte dovrebbero ridursi lasciando il problema di continuare a coprire i buchi per i livelli di spesa inefficiente a cui non si pone rimedio. I nostri eroi al governo sembrano anche vittime della sindrome del “modello super fisso” che non considera che imprese e individui reagiscono e si adattano come nel caso di queste “tasse sui vizi”.

Alcune imprese del settore della produzione di soft drink hanno già annunciato che, in ragione dell’introduzione delle nuove tasse, delocalizzeranno i propri stabilimenti creando gravi disagi all’occupazione. Non so se, come sostengono i sindacati, si tratti solo di un pretesto ma, anche se così fosse, è grave che questo governo riesca a fornirne così tanti. Lo ha fatto con l’ex llva, cambiando le regole in corso e consentendo così a Mittal di provare a fuggire e lo sta facendo con produttori di plastica e venditori di bibite, dando la possibilità di scegliere di abbandonare un Paese sempre meno amico delle imprese, degli investimenti e dello sviluppo.

Ci troviamo di fronte a un governo che non ha una visione, non ha una idea di futuro e non sa immaginare alcuna strategia per lo sviluppo. Chi scrive detesta l’idea della politica economica di uno Stato che sceglie per i propri cittadini cosa è giusto produrre e cosa consumare, ma di certo odia ancora di più uno Stato “accattone” che non riesce a contenere la propria spesa mettendo mano a un serio taglio delle uscite e inventa nuovi balzelli, utili solo a fare cassa per comprare il consenso di piccoli gruppi di interesse legati a rendite di posizione.

Plastic e sugar tax? In Italia tanti sceriffi cattivi, ma nessun Robin Hood

Di Carlo Amenta

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