Skip to main content

Ma quale centrodestra? La domanda è più che legittima. Diffidenze e rancori, sospetti reciproci e strategie diverse, manifestazioni contrapposte dopo una stagione politica segnata da alleanze locali e distanze politiche. Come si fa a sostenere che quella che fu una coalizione abbastanza coesa può essere resuscitata o “ristrutturata”, come ama dire qualcuno, senza un confronto a tutto campo, una rivisitazione di ciò che è stato e la consapevolezza che o la si ripensa mettendo da parte sogni egemonici, “traini” velleitari e pulsioni personalistiche oppure è meglio archiviarla definitivamente?

Lo abbiamo scritto più volte che il centrodestra conosciuto, con i suoi alti e bassi, le sue contraddizioni ed i suoi conflitti latenti, le drammatiche rotture tuttavia sfociate in ricomposizioni comprensibili dell’elettorato, non esiste più e non può più esistere per lo scenario mutato e per i protagonisti che hanno altre prospettive coerentemente con un paesaggio politico che non è quello del 1994, né quello del 2008 anno dell’ultima grande esperienza che poteva essere decisiva per l’affermazione di un grande fronte nazional-conservatore e riformista, ma le cose andarono diversamente e la formula entrò definitivamente in crisi.

Immaginare oggi, con una piazza dove due dei protagonisti del centrodestra virtuale chiedono le elezioni anticipate sapendo di non poterle ottenere perché una maggioranza parlamentare esiste, come esisteva un mese fa (frutto entrambe di operazioni trasformiste) ed un altro che si cimenta con una discussione più o meno accademica (cioè inconcludente) sulla esistenza in vita dello schieramento del quale fu egemone, il rilancio della stessa formula è a dir poco demenziale.

Salvini e Meloni, non sappiamo quanto realmente in accordo, hanno scelto di premere sull’acceleratore del richiamo all’indignazione (giustificatissima); Berlusconi, con le sue scarse truppe, ha deciso di accettare lo stato di fatto e attendere sostanzialmente l’evoluzione degli eventi fidando sulla crisi del neo-governo giallorosso. Dove sta il centrodestra? In piazza o negli anfratti nei quali si contempla una decadenza annunciata, quella di Forza Italia, che in un anno ha perso più della metà dei consensi?

Nessuno, crediamo, dotato di buon senso potrebbe sostenere che nelle attuali condizioni il centrodestra ha ancora qualche possibilità di esercitare una opposizione unitaria nel mentre evita di progettare la sua rinascita sulla base di un programma condiviso. Come se tutto si esaurisse nella propaganda estemporanea.

È questo il punto. Niente tiene insieme gli attori su un palco consumato dalla storia venticinquennale che hanno rappresentato. Sono cambiati profondamente, è come se fossero lontani eredi di coloro che li hanno preceduti, ma con i quali poco o nulla hanno da spartire, forse neppure gli affetti. I loro linguaggi, le procedure secondo le quali agiscono, le ambizioni che nutrono non possono far parlare ancora di centrodestra che, oltretutto, è stato funzionale come formula elettorale per vincere tutte le amministrative dell’ultimo anno, ma che alla prova del governo si è sfasciato miseramente per il venir meno di una delle componenti, la Lega, che ha abbandonato con leggerezza e cinismo coloro con i quali aveva condiviso una dura campagna proprio contro il Movimento Cinque Stelle al quale si è stretto in un abbraccio che ha nuociuto all’Italia.

Forse allora, la Meloni e Berlusconi avrebbero dovuto mobilitare il loro elettorato e rivendicare la fine di un’alleanza con tutte le conseguenze del caso: non ricordiamo vibranti denunce di fronte al voltafaccia leghista, né l’invocazione di nuove elezioni davanti al patente tradimento dell’elettorato. Comunque sarebbe stato moralmente giustificato, ma politicamente sterile.

I fatti ci hanno raccontato di diversità crescenti, che certo non potevano ridursi ad una pantomima, sotto l’etichetta onnicomprensiva di “sovranismo”. E del resto le scelte tra i due soggetti che si richiamano a tale indefinita (e indefinibile per chi scrive) ideologia sono state diversissime anche alle elezioni europee: Salvini con un fronte che sembrava vincente sulla carta e si è rivelato ampiamente perdente; la Meloni, molto più accortamente, con i conservatori tra i quali potrà trovare, se lo vorrà, molte affinità. Quanto ai berlusconiani, tradizionalmente nel Ppe, nessuno può contestare la coerenza della loro collocazione.

Anche queste differenze, chiamiamole così, sottolineano la distanza tra i soggetti che dovrebbero far parte del nuovo Centrodestra. A tacere della visione programmatica d’insieme che semplicemente non esiste. E come potrebbe?

Nell’ultimo anno si sono divisi su tutto. La Lega al governo, gli altri due all’opposizione. La prima con il reddito di cittadinanza, i secondi contro l’assistenzialismo statalista. L’una funzionale al pauperismo e al giustizialismo grillino, gli altri non solo contro ma anche apertamente ostili alla “decrescita felice”. Il partito del Capitano spregiudicatamente all’assalto delle istituzioni europee, i suoi ex-alleati fedeli ad una linea che, per quanto innervata da sfumature euroscettiche specialmente tra i Fratelli d’Italia, non hanno mai contestato la necessità di un’unità continentale fondata sulle ragioni dei popoli e sulla sovranità degli Stati membri armonizzata da meccanismi meno burocratici e certamente non asserviti all’alta finanza.

Potremmo continuare, ma non ci sembra il caso in questa sede. Tuttavia qualcosa da queste note, come da analoghe riflessioni, si ricava. E non è piacevole. Vale a dire l’irrilevanza politica, programmatica, culturale, strutturale del centrodestra che come un fantasma s’aggira tra i movimenti che in esso si sono riconosciuti. Forse è venuto il momento di prendere atto della realtà. Ognuno faccia ciò che vuole. Il bipolarismo – del quale siamo stati sostenitori fino a vagheggiare un bipartitismo che, visto il contesto, esisteva soltanto nella nostra mente – è finito. La legge elettorale proporzionale metterà il sigillo sulla rottura di un’esperienza che avrebbe potuto cambiare l’ Italia promuovendo la democrazia dell’alternanza. Perciò i singoli soggetti hanno il diritto/dovere di ripensarsi e ristrutturarsi. Per poi singolarmente competere e, possibilmente, formare muove coalizione come ormai avviene da tempo in tutt’Europa.

Si sente la mancanza di una “destra diffusa” (quella parlamentare esiste, è ben rappresentata ed ha prospettive di sviluppi notevoli) soprattutto quando dall’altra parte si formano ircocervi di difficile comprensione che possono anche durare grazie al mastice del potere. Ma la destra ha una possibilità: ritornare alla sua storia, lanciarsi verso orizzonti più vasti, immaginare linee di tendenza perfino inedite, farsi movimento globale affrontando i nuovi temi con lo spirito migliore che ha dimostrato nei tempi più difficili.

Verso la metà degli anni Ottanta, Giorgio Almirante lanciò una suggestione che sarebbe divenuta prassi politica: “Dalla protesta alla proposta”. Nacque allora – mentre quasi nessuno se ne accorgeva – la prospettiva della “Destra di governo”. È così che dovrebbe pensare chi si ritiene erede di quella storia soprattutto oggi a fronte di possibili riforme costituzionali già annunciate da una sinistra che preferisce riconoscere allo “spezzatino” piuttosto che ad una integrale revisione della Carta esiti salvifici a fronte della patente crisi del sistema politico.

È un grande tema che può dare un senso alla destra che lo ha storicamente sostenuto. Unitamente all’idea di una nuova Europa fondata sulle radici elleniche, romane e cristiane. E sulla ripresa di un “ordine civile” da restaurare con la forza della cultura e gli strumenti istituzionali propri della democrazia rappresentativa.

Ovviamente il coinvolgimento popolare non è mai da sottovalutare, ma con l’obiettivo di offrire una dimensione nella quale praticare una nobile battaglia fondata sulla discussione ed il confronto per il rinnovamento del sistema e la ricostruzione di un Paese bisognoso di pacificazione.

Il centrodestra è un arnese usurato a questo scopo. Prima se ne prende atto e meglio è.

L’usura del centrodestra non ammette inutili illusioni. L'analisi di Malgieri

Ma quale centrodestra? La domanda è più che legittima. Diffidenze e rancori, sospetti reciproci e strategie diverse, manifestazioni contrapposte dopo una stagione politica segnata da alleanze locali e distanze politiche. Come si fa a sostenere che quella che fu una coalizione abbastanza coesa può essere resuscitata o “ristrutturata”, come ama dire qualcuno, senza un confronto a tutto campo, una rivisitazione…

Alla destra serve una gamba moderata (e senso politico). Parola di Ocone

Alla fine anche Matteo Salvini ha aderito al sit in di protesta promosso da Giorgia Meloni in concomitanza con il discorso programmatico di Giuseppe Conte a Montecitorio. Silvio Berlusconi ha invece preferito non farlo, anche se Forza Italia sarà all’opposizione del governo giallorosso. Già questi elementi ci dicono che a destra del governo c’è sì la consapevolezza di essere maggioritari…

Basta con la piazza e torniamo uniti. Il messaggio di Gasparri a Salvini

Il destracentro si interroghi sul proprio ruolo all'opposizione, dice a Formiche.net il senatore azzurro Maurizio Gasparri, assente nella piazza sovranista targata Fdi e Lega per scelta strategica. L'ex ministro delle comunicazioni è sì convinto dell'utilità di una coalizione unita ma senza far prevalere la pancia e la piazza su schemi e programmi. E a Salvini dice che... Forza Italia non…

Ok la centralità della persona ma quota 100 non si tocca. Sacconi legge Conte

Non si può certo dire che lavoro e welfare siano mancati nel discorso programmatico del premier Giuseppe Conte, questa mattina a Montecitorio. Salario minimo, cuneo fiscale, rappresentanza sindacale. Temi toccati e non solo sfiorati dall'avvocato chiamato ora a timonare la nave giallorossa, dopo l'esperimento, fallito, gialloverde. C'è chi ha notato nelle parole di conte, una costante: il ritorno della persona…

Cosa si aspetta Bruxelles dal Conte 2? Lo spiega Silvia Sciorilli Borrelli (Politico.eu)

"Non è ancora chiaro come finirà domani: l'Italia con Paolo Gentiloni penso otterrà un portafoglio di peso, secondo le ultime voci potrebbe trattarsi addirittura degli Affari economici e monetari che negli ultimi cinque anni sono stati guidati dal francese Pierre Moscovi". Silvia Sciorilli Borrelli è la corrispondente dall'Italia di Politico.eu, la più influente testata giornalistica specializzata sugli affari europei. "Per ora…

Di Maio pensa all’Africa. Gli interessi della Cina e le mosse della Germania

Secondo la prima, abbozzata vision della Farnesina targata Luigi Di Maio, l'Africa dovrà avere un ruolo centrale: in una lettera agli ambasciatori con cui il leader pentastellato ha delineato le proiezioni strategiche sugli Esteri da lui pensate, si spiega che l'Africa "non può essere più vista come motivo di preoccupazione, bensì come opportunità per individuare nuovi partner strategici attraverso i…

Trump, i talebani e il monito dell'11 settembre. L'analisi di Vespa

L’11 settembre è dimenticato per 364 giorni l’anno, poi arriva l’anniversario e ci ricordiamo delle Torri gemelle. Quest’anno esce il libro di Garrett M. Graff, “The Only Plane in The Sky”, con 5mila testimonianze di quei giorni e leggerle 18 anni dopo fa venire i brividi. Dal 2001 il mondo è cambiato quasi del tutto (banalmente, si sono susseguiti tre…

La forza fragile (e declinante) di Putin. Cosa dicono le elezioni a Mosca

Solo 25 dei 45 seggi in palio. Il partito del presidente Vladimir Putin, Russia Unita, subisce una battuta di arresto alle amministrative moscovite. Anche se mantiene comunque la maggioranza nel parlamento cittadino, sconta da un lato la bassa affluenza (a Mosca è stata del 21,63%), dall'altro la lunga estate di proteste e critiche. E il Cremlino accusa i colossi Usa.…

Droni e missili. Come sale la tensione fra Israele e Hezbollah

Un piccolo drone israeliano è precipitato in Libano, mentre stava conducendo operazioni di routine nelle prime ore della mattina. Il partito/milizia sciita Hezbollah, collegato a doppio giro con l'Iran, attraverso la rete televisiva Al Manar (controllata dal gruppo), ha invece annunciato che il velivolo è stato abbattuto perché aveva sconfinato, e dunque è stato oggetto delle attività difensive dichiarate due…

La libertà ha le stelle e le strisce Usa. Anche ad Hong Kong (e anche con Trump)

Ieri i manifestanti che da settimane scendono in strada a Hong Kong per chiedere lo stop della cinesizzazione sull'ex colonia britannica e l'avvio di un processo che possa arrivare alla democrazia (tema su cui ormai nessuno si nasconde più), si sono raccolti davanti al consolato americano e hanno chiesto apertamente a Donald Trump di "liberarli". È un tentativo plateale di…

×

Iscriviti alla newsletter