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Huawei non demorde. Continua il pressing europeo dell’azienda tech cinese con base a Shenzhen. Finito nel mirino degli Stati Uniti e decine di Paesi alleati che lo accusano di essere legato a doppio filo a Pechino e per questo non vogliono affidarle il 5G, il colosso fondato da Ren Zhengfei non ha intenzione di rinunciare alla partita per la costruzione e l’implementazione della rete di quinta generazione in Europa.

Così la compagnia ha organizzato un maxi-convegno al Parlamento Europeo in programma il prossimo 16 ottobre. L’obiettivo, recita un comunicato dell’azienda, è chiarire le zone d’ombra sui seguenti temi: “La sicurezza cibernetica, il 5G, le accuse di spionaggio e l’installazione di backdoor, la Cina e la legge cinese sull’Intelligence, il bando degli Stati Uniti contro Huawei, le dispute commerciali, la reciprocità e le catene produttive”.

La lista di relatori e invitati non è da meno. Al tavolo con Abraham Liu, capo rappresentante di Huawei presso le istituzioni europee pronto, si legge sul sito, ad essere “torchiato da giornalisti, parlamentari e stakeholder”, siederanno quattro europarlamentari. Si tratta della socialista rumena Maria Grapini (S&D). Organizzatrice dell’evento, vicepresidente della Commissione mercato interno e protezione del consumatore (Imco), considerata una “mediatrice” nella disputa che vede sotto accusa Huawei. Per l’occasione ha invitato il ministro rumeno delle Telecomunicazioni Alexandru Petrescu, che però ha dato forfait all’ultimo momento a causa di “conferenze in giro per il Paese”, spiega un comunicato del ministero.

Accanto a lei ci sarà Pilar De Castillo (Ppe), eurodeputata popolare spagnola membro della Commissione Industria, ricerca ed energia, già ministro dell’Istruzione. Recentemente la De Castillo ha rilasciato dichiarazioni sulla vicenda Huawei, definendola “un dibattito non di primaria importanza a Bruxelles”. Chiudono il cerchio l’europarlamentare inglese della Commissione trasporti e turismo Bill Newton Dunn del Renew Group e il conservatore ceco presidente dell’Acre (che lo ha candidato alla presidenza della Commissione) Jan Zahradil, che già in passato ha affrontato il tema in incontri (anche in prima persona) con l’azienda cinese.

Ricca la platea di invitati. In prima fila ci doveva essere l’ambasciatore degli Stati Uniti presso l’Ue Gordon Sonland. Oggi non appare più nella locandina, il che fa pensare a un altro forfait. Ci saranno invece alti funzionari e diplomatici europei come l’ambasciatore della Cina in Ue Zhang Ming, Turo Mattila, ambasciatore della Finlandia in Ue e presidente del gruppo sulle questioni cibernetiche del Consiglio Europeo, ma anche dirigenti d’azienda come il direttore delle Relazioni esterne di Vodafone Joakim Reiter. Nonché diversi italiani, fra i quali Luigi Rebuffi, segretario generale dell’Organizzazione europea per la sicurezza cibernetica (Ecso) e Alberto Di Felice, senior policy manager di DigitalEurope.

Il convegno è l’ultima puntata dell’azione di lobbying che Huawei sta portando avanti con le istituzioni Ue per rispedire al mittente le accuse di spionaggio e furto di proprietà intellettuale e accreditarsi come fornitore affidabile del 5G. Confermata da una solida presenza nel mercato dei Paesi Ue pronti alla transizione verso le nuove reti, la reputazione di Huawei non sembra a dire il vero godere di ottima salute a Bruxelles.

Un rapporto sul 5G pubblicato dalla Commissione Ue questo mercoledì con la partecipazione di tutti gli Stati membri sembra accusare, sia pur non direttamente, le aziende cinesi dipendenti dal governo comunista e mettere in guardia dal loro coinvolgimento nella costruzione della rete di ultima generazione. Il documento invita a diffidare delle aziende legate a governi “dove non ci sono controlli legislativi o democratici né altri equilibri” e afferma che “gli operatori con sede in Ue che divengono eccessivamente dipendenti da un singolo fornitore di equipaggiamenti sono esposti a una serie di rischi”.

Una presa di posizione netta che molti osservatori internazionali hanno letto come l’esito del pressing degli Stati Uniti nei confronti delle istituzioni Ue e degli Stati membri, certificato da numerosi viaggi dello stesso segretario di Stato Mike Pompeo, l’ultimo dei quali lo ha visto fare tappa in Italia.

“Un Paese che mostra i suoi armamenti in modo minaccioso e che su Hong Kong ha perso la sua unica occasione per dimostrare di essere maturo e capace di dialogare con le grandi diplomazie, non può darci nessuna garanzia di affidabilità quando si parla di reti strategiche, controllo dei dati e delle comunicazioni” commenta a Formiche.net Anna Cinzia Bonfrisco, parlamentare europea della Lega, membro della Commissione Esteri. “Per noi europei si tratta di principi irrinunciabili e vincolanti, come previsto dai Trattati”, spiega l’eurodeputata. Che aggiunge: “Il rapporto della Commissione europea non fa che confermare quanto sotto gli occhi di tutti”.

Huawei alla conquista di Bruxelles. Ecco la lobby al Parlamento europeo

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