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Ieri è stata una giornata campale per la politica nazionale. Davanti alla diretta televisiva, gli italiani hanno potuto assistere ad uno scontro tra più feroci che la storia repubblicana ricordi. Tuttavia è stata anche un’operazione verità, interna ad una legislatura caotica, iniziata lo scorso anno, all’insegna del compromesso e del fragile contratto tra Lega e 5 Stelle. L’emiciclo ha presentato un plastico estremamente preciso dello stato di cose esistenti. Giuseppe Conte ha attaccato Matteo Salvini come un marito attacca la moglie in un’udienza di divorzio, facendo trapelare un ragionamento tutto orientato a sinistra, l’amante, pieno di citazioni ammiccanti e di cosmopolitismo umanitario. Salvini, per contro, ha difeso la linea granitica del sovranismo duro e puro.

Se le dimissioni del presidente del Consiglio aprono così la crisi all’insegna dell’incertezza, è anche vero che le forze politiche hanno rivelato un sommario chiarificatore delle diverse anime presenti nel cuore del popolo italiano. Tutto il vecchio centrodestra ha attaccato i 5 Stelle e difeso direttamente o assolto indirettamente Salvini. I Grillini hanno attaccato il leader leghista, alla stregua di Conte. Il Pd e la sinistra hanno indirizzato strali e invettive alla vecchia maggioranza, appellandosi, con gradi e sfumature diverse, al senso delle istituzioni parlamentari.

Adesso le possibilità sul tavolo del Quirinale sono, in definitiva, soltanto due: o la nascita di un esecutivo giallo-rosso, oppure un rapido ritorno alle urne. I due leader massimi, entrambi con loro difficoltà personali oggettive, sono Matteo Renzi e Matteo Salvini. Il carisma opposto li vede naturalmente soggetti antropologicamente incompatibili, polarizzati e alternativi. Il loro duello è il senso ultimo attuale dell’Italia di domani.

Renzi ha il problema Zingaretti. Salvini ha il problema di essersi momentaneamente auto estromesso. Entrambi hanno stoffa e futuro. Tenere presenti queste note emerse dal Senato è, in ogni caso, cruciale per una retta valutazione sulla giusta sopravvivenza o meno della Legislatura.
Il processo di maturazione delle personalità è evidente. E un eventuale incontro tra Pd e 5 Stelle rallenterebbe soltanto, non disinnescando per nulla, il processo naturale che vedrà confrontarsi domani ineluttabilmente centrodestra e centrosinistra, con alla testa i due campioni.

L’auspicio vero è che non si opti per l’accanimento terapeutico dei notabili, ma che si dia la possibilità agli italiani di poter scegliere presto quale Matteo preferiscono alla guida del Paese. Esplicativo di questo ragionamento è stata la presenza della religione nella retorica degli opposti e contrari. Sia Salvini e sia Renzi hanno fatto uso della suggestione cristiana, in modo irriducibilmente dicotomico: all’insegna dell’identità, Salvini, o della solidarietà, Renzi. Ancora una volta destra contro sinistra politica diventa sinistra contro destra metafisica e religiosa. Tertium non datur.

È giunto il momento di vedere queste due politiche combattersi sul campo, e i due campioni sparare tutte le loro cartucce alla luce del sole. Essi sono insieme lo specchio umano contrapposto di due nazioni, di due visioni della vita, di due modi di vedere la società, il mondo e Dio, tra loro e reciprocamente inassimilabili ed inseparabili. Ecco perché Mattarella ha davanti un destino ineluttabile, ma anche la valutazione costituzionale dei tempi, maturi o meno, per organizzare la competizione finale. Le elezioni anticipate sono, non fosse altro per questa necessità eterna, la migliore opzione a difesa della democrazia, nonché la migliore strada per portare a compimento l’operazione verità iniziata ieri a Palazzo Madama.

ll bipolarismo secondo (i due) Matteo. Il commento del prof. Benedetto Ippolito

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