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Nei momenti di maggior difficoltà, la Russia ha sempre dato una mano al Venezuela. Ma non gratis. Secondo l’economista Asdrúbal Oliveros, direttore dell’agenzia di analisi macroeconomica Ecoanalítica, il debito dello Stato venezuelano con Mosca è di circa 10 miliardi di dollari e con Pechino di circa 21 miliardi di dollari.

Per questo motivo il debito del Venezuela nei confronti della Russia e la Cina sembrerebbe essere uno dei nodi della crisi venezuelana. Alcuni analisti sostengono che l’appoggio dei due Paesi al regime di Nicolás Maduro è motivato dall’interesse di volere i soldi indietro.

Tuttavia, il pagamento di questi obblighi potrebbe essere garantito anche da un eventuale governo di transizione. L’agenzia Reuters ha riferito le dichiarazioni sul tema dell’economista Ricardo Hausmann, rappresentante del presidente ad interim Juan Guaidó alla Banca Interamericana di Sviluppo.

Hausmann, direttore del Center for International Development e professore alla John F. Kennedy School of Government dell’Università di Harvard, pensa che i prestiti russi e cinesi potrebbero rinegoziarsi attraverso il Club di Parigi una volta che Maduro lasci il potere. Ancora l’opposizione non ha determinato le condizioni di questa ristrutturazione del debito, ma questo processo potrebbe essere guidato dall’organizzazione che raggruppa istituzioni finanziarie di 22 Paesi per sostenere la rinegoziazione del debito pubblico dei Paesi del Sud.

“Il capitolo del debito bilaterale – ha spiegato Hausmann da quanto si legge sull’agenzia – non è detto che si gestisca con delle differenze. Si tratterà con differenza nella pratica internazionale attraverso il Club di Parigi. Noi non abbiamo ancora le condizioni per questo motivo”.

Nel mese di luglio, il team del leader dell’opposizione venezuelana, Guaidó, aveva diffuso un piano con il quale s’impegnava a pagare il debito del Venezuela (200 miliardi di dollari) grazie ad un piano di ristrutturazione. Ma, hanno specificato che nel caso della Cina e della Russia, ci sarebbero state eccezioni.

Istituzioni finanziarie, esportatori di legumi e fabbricanti di armi hanno sospeso le attività commerciali con il Venezuela, in previsioni di quello che potrebbe accadere in futuro. Maximilian Hess, ricercatore del Foreign policy research institute, ha detto al quotidiano americano New York Times che “i vincoli economici tra Russia e Venezuela si sono ridotti molto negli ultimi anni. […] Le politiche di oggi sono di basso costo ma hanno un forte impatto geopolitico”.

Le banche russe hanno risposto negativamente alla richiesta di Maduro di indirizzare i conti lì per evadere le sanzioni internazionali. “I rapporti indicano che Gazprombank, una banca dello Stato russo che era riferimento dell’impresa petrolifera venezuelana, Pvsa, ha eliminato tutte le operazioni con carte di credito in Venezuela per chiudere il rapporto bancario con il governo di Maduro”, si legge sul New York Times.

Il motivo per cui Mosca si sta limitando ad un sostegno simbolico, e non più finanziario, al regime di Maduro è la crisi economica. Dal 2013 la Russia soffre di un rallentamento nella crescita. Secondo il New York Times, alcuni sondaggi indicano che la popolarità del presidente Vladimir Putin “è colpita dai costi dell’ingerenza russa all’estero”.

Perché i conti (in rosso) del Venezuela preoccupano la Russia

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