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Quello che mi piacerebbe augurare, in occasione del 1° maggio 2019, è uno sforzo di verità e fantasia, nell’affrontare i temi legati al lavoro. Per sfuggire alla duplice trappola, dei stanchi riti di sempre e della depressione da assenza di prospettive, questa giornata dovrebbe essere l’occasione per guardarsi negli occhi e dire a tutti, giovani e meno giovani, che ben poche delle cose che abbiamo conosciuto resteranno come prima.

È una premessa fondamentale, per non affrontare temi di questa complessità affidandoci esclusivamente alla polemica contingente. Non è strepitando della difesa dei diritti dei lavoratori, quasi avessimo nostalgia del vecchio sindacalismo di fabbrica, che troveremo le soluzioni giuste per il lavoro del III millennio. Non è chiudendo gli occhi davanti alla realtà, rifiutandola, che aiuteremo i ragazzi a ritrovare fiducia nelle loro passioni e nelle loro capacità. Mai così stimolate. Smettiamola di terrorizzarci, sostenendo che non ci sia più spazio per i diritti, le soddisfazioni del lavoratore e che l’unico futuro possibile sia una sorta di nuovo schiavismo digitale.

Non è mai esistita un’era di opportunità come questa. Opportunità più difficili da cogliere, questo va detto, che obbligano tutti noi ad una formazione continua. Uno sforzo di fatto sconosciuto anche solo pochi anni fa. Diciamoci con franchezza, ma anche con la consapevolezza di poter dare sale alla vita, che l’esistenza non è più divisa rigidamente in tre fasi: apprendimento, lavoro e pensione. Gli esami non finiscono mai, come aveva intuito il grande Eduardo, il lavoro cambia di continuo e noi dovremmo cambiare con lui. Quanto alla pensione, è e resterà un architrave del nostro vivere in società, ma sarebbe bello parlarne molto meno e tornare a occuparci di lavoro, capacità, talento. Sarebbe bello, insomma, riprendere a parlare di un futuro attivo per tutti, smettendola di vivere ossessionati dalla sola prospettiva pensionistica.

Facciamoci un regalo, diciamoci la verità: se non lavoreremo di più, se non studieremo di più e meglio, non solo le nostre pensioni saranno irrimediabilmente più povere, ma ci saremo rubati il gusto del futuro.

Solo sviluppando le capacità di ciascuno di noi, solo consentendo alle persone di esprimere tutto il loro potenziale, potremo godere appieno dell’era digitale. Il passato potrà anche apparirci più rassicurante, non lo nego, ma personalmente non ho alcuna nostalgia dell’unico posto di lavoro per tutta la vita. Abbiate il coraggio di andarlo a chiedere, guardandoli negli occhi, ai vostri genitori e ai vostri nonni, potreste scoprire una realtà alquanto diversa, dalla pericolosa nostalgia così in voga negli ultimi tempi.

Allora, buon 1° maggio a tutti, con la consapevolezza che non sarà facile, ma potrebbe essere esaltante. Sta a noi!

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