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Il prossimo 28 aprile gli spagnoli voteranno per la terza volta in quattro anni. L’ultimo governo, guidato dall’ex leader del Partito Popolare, Mariano Rajoy, è stato il più breve della storia democratica della Spagna: soltanto otto mesi di legislatura. Il Paese iberico è dunque allo stallo. Immersi in un’infinita campagna elettorale, l’approvazione di nuove leggi è bloccata. Nessun partito vuole cedere nel dialogo, aumentando la delusione – e incertezza – tra gli elettori.

“Il rischio è che la Spagna finisca imitando il disordine politico dell’Italia, ma senza gli italiani per governare”, aveva detto l’ex presidente spagnolo Felipe González di fronte alla nascita di nuovi partiti come Podemos (sinistra), Ciudadanos (centrodestra) e più recentemente Vox (estrema destra).

Il bipartitismo spagnolo, durato decenni con l’alternanza al potere del Partito Popolare e il Partito Socialista Operaio Spagnolo, è finito dopo la recessione del 2008 e molti scandali di corruzione. Per di più, sono aumentati gli indici di disoccupazione e precarietà e si è scatenato il movimento separatista della Catalogna, causando non pochi problemi.

In un articolo di opinione pubblicato sul New York Times, lo scrittore spagnolo David Jiménez ha fatto una radiografia dello stato dei principali partiti: “Il leader conservatore, Pablo Casado, si è istallato nell’insulto facile; i liberali di Albert Rivera hanno cominciato la campagna annunciando con chi non parleranno; la nuova sinistra di Pablo Iglesias ha boicottato patti positivi per la cittadinanza con fini elettorali e il presidente, Pedro Sánchez, ha dimostrato in poco tempo che ha governato con uno scarso rispetto per l’indipendenza delle istituzioni o delle imprese pubbliche”.

Forse proprio per cambiare strategia, tentando un’altra strada, i leader politici spagnoli stanno lasciando spazio alle donne, come si è visto durante il dibattito elettorale organizzato da El Confidencial. “Un incontro unico – si legge sul sito – Cinque donne, cinque pensieri molto diversi e rappresentanti di cinque forze politiche opposte in molte occasioni […] il primo dibattito politico con le donne come uniche protagoniste”. A parlare dei programmi elettorali e del voto del 28 aprile c’erano Rocio Monasterio (Vox), Inés Arrimadas (Ciudadanos) – nella foto -, Irene Montero (Podemos), María Jesús Montero (Psoe) e Edurne Uriarte (Partito Popolare).

Incentrate sul potere del femminismo e l’importanza delle donne nella vita pubblica e di governo, le candidate hanno parlato sui patti elettorali, sulla questione catalana, le misure di politica economica, l’occupazione e la violenza di genere, nonché dell’Europa e l’eutanasia.

“I partiti provano strategie come quella di avere una maggior presenza di donne nei posti chiave – ha spiegato all’emittente Rtve Jesús Palomar, professore di Scienze politiche dell’Università di Barcellona -. Offrono proposte sull’uguaglianza e il femminismo, incluso con politiche familiari, come se la famiglia fosse un tema dell’ambito femminile […] Tuttavia, non vanno oltre i topici principali, e la gran parte delle proposte sono paternalistiche e senza prospettiva di genere”.

Nonostante la retorica di uguaglianza, nessuna formazione politica raggiunge la parità tra candidati uomini e donne. Si avvicina soltanto il Partito Popolare, con un 44% di donne nella lista di candidati per il Congresso, seguito dal Psoe con il 42%, Unidos Podemos con il 40%, Ciudadanos con il 38% e infine Vox con il 25%.

E farebbero bene a pensarci perché molti degli elettori indecisi sono donne. Secondo il Centro de Ricerche Sociologiche, quasi la metà delle donne in Spagna non sanno ancora chi voteranno. Con più scelte nella scheda elettorale, il loro voto può essere decisivo.

All’indomani del voto del 28 aprile, il partito di estrema destra Vox arriverà in Parlamento, con molte probabilità. Com’è successo nel test elettorale delle elezioni in Andalusia. Con questo risultato, i partiti di destra e di sinistra non raggiungeranno la maggioranza per superare lo stallo cominciato nel 2015, quando la Spagna è stata un anno senza governo ed è dovuta tornare alle elezioni per l’incapacità dei partiti di trovare un accordo.

Ci vuole una gran dose di ottimismo per credere che, questa volta, le elezioni risolveranno la situazione.

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