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A volte mettere le mani avanti è il modo migliore per rendere meno dolorosa una decisione. Forse è così che ragiona l’Europa, forse è così che ha voluto ragionare Antonio Tajani, intervenendo questa mattina all’assemblea di Unindustria (qui l’articolo con tutti i dettagli). A Bruxelles sanno già che cosa dire a Giovanni Tria quando si recherà all’Ecofin per spiegare che cosa ha spinto il governo a chiedere un deficit al 2,4% senza garantire una spinta uguale o superiore al pil.

Che così com’è la finanziaria non va, non gira, va cambiata. Quando Tajani, che è sì presidente del Parlamento Ue ma anche numero due di Forza Italia, è salito sul palco dell’assise romana, Jean Claude Juncker non aveva ancora detto che sì, la bocciatura della manovra da parte dell’Europa è certa perché avallare lo sforamento del deficit significherebbe dire agli altri Paesi che ognuno può fare come vuole. Dunque Tajani aveva bene in testa il messaggio da dare al governo, guardacaso perfettamente allineato a quello di Juncker.

Punto primo, l’Europa ha già deciso. “Mi sembra difficile che la manovra possa essere giudicata in maniera positiva. Le previsioni di crescita dell’1,5%, addiritta del 2%, sono irrealistiche. Ma non è tanto il 2,4% ma i contenuti. La crescita sarà al 1,1 o 1,2% massimo e quindi aumenterà il deficit. Sarà più costosa di quello che scrivono e non mi pare sia una manovra che faccia il bene degli italiani. Non c’è nulla che possa aiutare gli italiani a vivere in condizioni economiche migliori”.

Per il presidente del Parlamento europeo l’origine del male ha un nome e un cognome: reddito di cittadinanza. Una misura che nella logica europea non serve a nulla perché “costerà il taglio delle pensioni e una diminuzione della spesa sanitaria. Invece di eliminare le file e le code per fare una Tac si fa un regalo di 780 euro a chi sta sul sofà a fare il fannullone. Io ai miei figli non lo darei mai. Questo lo pagano gli anziani, i pensionati. Mi pare inaccettabile che un vigile del fuoco prenda 1.200 euro e uno che non lavora 780. Questo è quello che ci preoccupa più di tutto”.

Problema dei problemi. A chi darlo? Solo agli italiani? Macchè. “Non si puo’ non darlo, in base ai trattati, anche agli stranieri europei che sono nelle condizioni di poterlo richiedere. E poi ci sono una serie di accordi che l’Italia ha fatto con Paesi extraeuropei come il Kosovo o la Bosnia i cui cittadino hanno diritto agli stessi trattamenti sociali. Quindi se non viene dato, queste persone andranno alla Corte Costituzionale e vinceranno. E dovranno avere anche gli arretrati”.

Quello che spaventa l’Europa sembra essere la profonda convinzione che aiutare sia meglio che crescere, che produrre posti di lavoro. Non è così, né per Tajani né per Juncker. “Avremo anni meno facili di quelli di adesso, ma meno difficili rispetto a quelli della crisi. Pertanto, serve un’azione forte a sostegno delle imprese e una politica industriale che non prenda in giro i cittadini. Senza una politica industriale, nè l’Europa nè l’Italia hanno la possibilità di guardare al futuro. Il momento della crescita dopo gli anni della crisi sta per concludersi”.

Salvini, Di Maio e Tria si tengano pronti. Sulla manovra l'Ue ha già deciso

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