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Un potenziamento della Golden power per mettere al sicuro gli asset strategici italiani “è sicuramente un utile strumento a difesa e tutela dell’interesse nazionale”, ma il vero problema alla base del dossier 5G risiede “in politiche miopi dell’Occidente – e soprattutto dell’Europa – nei confronti dei grandi investimenti in tecnologia”.
Ad esserne convinto è Antonio Zennaro, deputato del Movimento 5 Stelle e componente del Copasir, il comitato parlamentare di vigilanza sull’intelligence che sta conducendo una serie di audizioni sul ruolo di colossi della Repubblica Popolare come Huawei nelle telecomunicazioni italiane, ma anche una indagine conoscitiva sulla più ampia minaccia cyber.

Onorevole Zennaro, quali sono i principali temi sui quali è concentrato al momento il Copasir?

Nei primi mesi d’insediamento l’attività del Comitato ha visto le audizioni dei Ministri del Cisr (Sistema di Informazione per la Sicurezza della Repubblica) e le audizioni dei vari direttori del Dis, dell’Aisi e dell’Aise. Inoltre recentemente abbiamo avviato un’indagine conoscitiva sul tema cyber.

Tra i dossier di sicurezza di cui si discute quotidianamente c’è la questione degli investimenti esteri, in particolare quelli cinesi riguardanti la cosiddetta nuova Via della Seta. Spingersi troppo a Oriente non rischia di pregiudicare i rapporti con gli alleati?

Attualmente la questione della nuova Via della Seta è diventata mainstream, soprattutto per la oramai prossima firma del cosiddetto “Memorandum of Understanding” tra il governo italiano e quello cinese. Non c’è nessuna volontà di stravolgere i nostri assetti internazionali o stabilire nuove alleanze a livello geopolitico, l’Italia rimane saldamente all’interno del perimetro atlantico. Ritengo che il governo con questa tipologia di iniziative voglia semplicemente creare un impatto positivo sulla crescita delle imprese italiane, dando valore e sostenendo l’esportazione del Made in Italy, delle nostre eccellenze, del nostro know-how, in un mercato che in questo momento ce lo chiede. La Cina è uno dei più importanti mercati mondiali, con oltre un miliardo di potenziali consumatori, ma per l’Italia rappresenta solo l’ottavo mercato di esportazione. I numeri parlano chiaro, la Cina ha per noi un peso simile a quello di un piccolo Paese come il Belgio: nel 2017 le esportazioni italiane verso la Cina sono state appena di 13,4 miliardi di euro, quelle verso il Belgio pari a 13,3 miliardi. Molto indietro rispetto a Francia e Germania che hanno guardato con successo un po’ più verso Oriente e che sempre nel 2017 hanno rispettivamente esportato in Cina 18,7 e addirittura 86 miliardi di euro.

L’estensione della Golden power può essere una soluzione per limitare i rischi o rischia di essere un modo per rimandare la soluzione del problema?

Recentemente Paesi come la Francia, il Regno Unito e la Germania hanno potenziato in maniera importante il complesso normativo a tutela degli asset strategici, addirittura Berlino ha modificato la soglia dal 25 al 10% che, in caso di acquisizione da parte di un soggetto extraeuropeo, fa scattare il potere d’intervento dello Stato, di cui è stato così sensibilmente ampliato il margine di azione. Un potenziamento della Golden power è sicuramente un utile strumento a difesa e tutela dell’interesse nazionale. Ma il problema vero è un altro.

Quale?

Che l’Europa non ha voluto affrontare in maniera unitaria i dossier tecnologici, come quello specifico del 5G, il risultato è la mancanza di veri e propri campioni, se non nazionali, ma europei. Si possono utilizzare tutte le barriere all’entrata possibili, ma se l’Europa continua a scontare un gap tecnologico ed il primato dei brevetti tecnologici si sposta dall’Occidente verso l’Oriente, la colpa probabilmente risiede proprio in quelle politiche miopi nei confronti dei grandi investimenti in tecnologia. In Europa hanno perso anni a discutere di salvataggi bancari e regole di austerità da applicare ai vari stati, mentre Paesi come la Corea del Sud o la stessa Cina hanno fatto incetta di brevetti. È mancata una vera e propria regia su questi temi, abbiamo una collaborazione europea ben oliata sul tema dell’aerospaziale, perché non estenderla anche alle tecnologie delle telecomunicazioni compreso il 5G?

Restiamo sul 5G, un tema che tiene banco a livello mondiale soprattutto in relazione al ruolo di imprese come Huawei. Washington ha detto che chi adotterà tecnologie cinesi potrebbe essere tagliato fuori dallo scambio di informazioni sensibili con gli Usa. Lo crede possibile? E se accadesse cosa significherebbe per un Paese come l’Italia?

All’orizzonte non vedo rischi di chiusure di collaborazioni nello scambio informativo tra Stati Uniti e l’Italia. Come ha detto il vice presidente del Consiglio Luigi Di Maio, restiamo alleati degli Usa, restiamo nella Nato e all’interno del patto dei Paesi occidentali.

Nell’ultima relazione del Dis al Parlamento uno dei capitoli più corposi riguarda la sicurezza economica. A quali rischi è esposta l’Italia, quali contro-misure dovrebbe intraprendere e come si sta articolando la vostra attività in merito a questo dossier?

I rischi di penetrazione straniera nel nostro tessuto economico sono in crescita e derivano soprattutto da quelle manovre tese a marginalizzare la nostra industria, dall’esfiltrazione di tecnologia, alla conquista di nicchie di mercato pregiate, che fanno guadagnare posizioni di influenza in segmenti del sistema economico-finanziario nazionale. Ci sono settori molto esposti come la nostra industria bancaria o il settore delle telecomunicazioni. L’attività delle agenzie di informazione è fondamentale anche in questo ambito, grazie al loro quotidiano lavoro molte potenziali minacce sono state sventate. Nelle prossime settimane avremo al Copasir l’audizione del ministro dell’Economia Tria, sarà l’occasione per approfondire queste tematiche.

La sicurezza di reti e sistemi è un altro dei fronti più importanti che riguardano la sicurezza nazionale. Prima ha accennato dell’indagine conoscitiva sul tema della cyber security avviata dal Copasir. Come procede?

L’indagine è in corso, le audizioni saranno a 360 gradi e verranno intervistati tutti i principali protagonisti del settore, comprese le principali aziende. Al termine del lavoro, con molta probabilità, sarà formulato un documento da inviare alle Camere ed al governo.

La risposta al 5G cinese? Golden power e investimenti occidentali in tecnologia. Parla Zennaro (Copasir)

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