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Ieri sera, l’ennesima puntata di una deriva caciarona, irrspettosa e inconcludente della televisione italiana. A Non è l’Arena, su La7, il giornalista Luca Telese ha dato fondo al suo rancore, nei confronti del sindacalista della Cisl, Marco Bentivogli, definendolo un “servo dei padroni”. Un rancore di vecchia data, se è vero che lo stesso Telese ha specificato di aver atteso ben 10 anni, per poter esprimere questo sprezzante giudizio.

Capisco che, rispetto all’indecoroso spettacolo della passata settimana all’Isola dei Famosi, questa sembra materia da educande, ma la sostanza merita una riflessione. Marco Bentivogli, costretto a vivere sotto scorta da tempo per le sue posizioni eterodosse, rispetto alla linea classica e prevedibile del sindacato, è uno dei massimi esperti di politica del lavoro in Italia. Serio, documentato, appassionato, coraggioso. Perché ci vuole coraggio, in questo benedetto Paese, ad uscire dagli schemi. E lui lo fa danni, rivendicando il ruolo del sindacato, ma in un’ottica e in un contesto del tutto nuovi, al passo con i tempi, realmente interessato al bene dei lavoratori, non delle carriere di chi sui lavoratori si è garantito un futuro o una carriera politica.

Appare oltre modo ingeneroso etichettarlo in quel modo, come fatto ieri da Luca Telese. A meno che non ci sia nulla di casuale. Quasi andasse demolito, con lui, il simbolo di un modo di pensare, che rifugga la contrapposizione modello-ultras. Bentivogli non è il classico e facile nemico del “popolo”, ma ieri è stato indicato come tale. A freddo.

Non poteva esserci palcoscenico migliore di un talk televisivo, dove sempre più spesso tutto ciò che conta è la rissa sguaiata e il confronto pecoreccio. Perché in certa tv si recita a soggetto, ci sono vere compagnie di giro, con ruoli e copioni bene assegnati. E i conduttori lasciano fare, attenti alle curve dell’Auditel. L’analisi dei problemi, un rispettoso confronto fra diverse posizioni appare noioso, superato. Troppo serio.

Così come a molti deve apparire troppo serio affrontare le tematiche del lavoro, senza cedere alle contrapposizioni novecentesche padrone-operaio. Roba che non esiste più da nessuna parte, se non nella testa di certi autori televisivi e di volenterose comparse di questo spettacolo ad esclusivo uso politico. Del resto, Marco Bentivogli si è disegnato un bel bersaglio sul petto, con la sua mania per il dialogo, lo sfruttamento delle nuove tecnologie e la formazione continua. Musica per le orecchie di tutti i populisti d’Italia, quelli almeno sinceri e quelli balzati sul carro a suonare le trombe in tv.

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